Potere del mantra, a me

[et_pb_section fb_built="1" _builder_version="4.16" custom_padding="||0px|||" global_colors_info="{}"][et_pb_row _builder_version="4.16" global_colors_info="{}"][et_pb_column type="4_4" _builder_version="4.16" custom_padding="|||" global_colors_info="{}" custom_padding__hover="|||"][et_pb_text _builder_version="4.18.0" text_font="Raleway||||||||" text_font_size="18px" text_line_height="1.8em" header_font="Raleway|700|||||||" header_text_align="left" header_text_color="#911b3b" header_font_size="37px" header_2_text_align="left" header_2_font_size="40px" header_3_font="Raleway|700||||on|||" header_3_text_color="#001f3a" header_3_font_size="23px" header_3_line_height="1.2em" header_4_font="Architects Daughter|700||||on|||" header_4_text_color="#911b3b" header_4_font_size="33px" header_5_font="Architects Daughter|700|||||||" header_5_text_color="#000000" header_5_font_size="28px" header_5_line_height="1.9em" header_6_font="Architects Daughter|700|||||||" header_6_font_size="25px" text_orientation="justify" width="100%" custom_margin="|0px|-2px|||" custom_padding="||0px|0px||" animation_style="slide" animation_direction="right" animation_intensity_slide="5%" animation_starting_opacity="100%" hover_enabled="0" global_colors_info="{}" header_2_font="Raleway|700|||||||" header_2_text_shadow_style="none" sticky_enabled="0"]

Va bene, oggi mi sento più cialtrona del solito. Ma giuro che sto per affrontare un discorso serio, seppur brevemente!

Parafrasando il concetto di "mantra"

Qualcuno lo chiama "motto", "parola dell'anno" va molto di moda, i più sofisticati declinano su "leitmotiv".

E' una breve frase, una parola, un concetto che risuona fortissimo con noi.
Nell’induismo e nel buddismo tantrico, il mantra è una formula sacra che viene ripetuta molte volte.

E' un concetto molto potente e no, non ha nulla a che fare con la magia.
1) Ti libera la mente dai pensieri negativi: se stai pensando al tuo mantra felice, non c'è spazio per altro

2) Se accompagnato da una respirazione lenta e profonda, ti aiuta ad entrare in uno stato meditativo rilassato e privo di ansie

3) Concentrarsi sul suono e sulle vibrazioni della nostra voce ha ottimi benefici sul nostro sistema nervoso
jack nicholson mantra GIF
Il mio mantra è la parola "fiducia": quando la pronuncio mi fa stare bene, persino fisicamente. Sento un piacere formicolio pervadere tutto il colpo, mentre l'ansia, che mi preme la bocca dello stomaco, scivola via senza resistenze.

Mi aiuta nei momenti d'ansia.
Mi aiuta nella rabbia più cieca.
Mi aiuta quando sono in un momento di sconforto, quando penso di non raggiungere un obiettivo.
Mi aiuta quando sono in blocco creativo.
Mi aiuta quando pratico la gratitudine, perché rende il sentimento ancora più potente.
Mi aiuta nel voler rimanere con la mente nel presente, evitando di rimuginare nel passato o di immaginare scenari apocalittici futuri.

E tu? Qual è il tuo mantra?

Questo post è un invito: qual è il pensiero che ti libera da tutte le catene create dalla tua mente? Cosa ti dona leggerezza?
Fammelo sapere, sono curiosa.

Se fatichi a trovarlo, forse hai bisogno di un pizzico di autoconsapevolezza in più.

[/et_pb_text][/et_pb_column][/et_pb_row][/et_pb_section]

Dove mi vedo fra 5 anni?

[et_pb_section fb_built="1" _builder_version="4.16" custom_padding="||0px|||" global_colors_info="{}"][et_pb_row _builder_version="4.16" global_colors_info="{}"][et_pb_column type="4_4" _builder_version="4.16" custom_padding="|||" global_colors_info="{}" custom_padding__hover="|||"][et_pb_text _builder_version="4.18.0" text_font="Raleway||||||||" text_font_size="18px" text_line_height="1.8em" header_font="Architects Daughter|700|||||||" header_text_align="left" header_text_color="#911b3b" header_font_size="37px" header_2_text_align="left" header_2_font_size="40px" header_4_font="Architects Daughter|700||||on|||" header_4_text_color="#911b3b" header_4_font_size="33px" header_5_font="Architects Daughter|700|||||||" header_5_text_color="#000000" header_5_font_size="28px" header_5_line_height="1.9em" header_6_font="Architects Daughter|700|||||||" header_6_font_size="25px" text_orientation="justify" width="100%" custom_margin="|0px|-2px|||" custom_padding="||0px|0px||" animation_style="slide" animation_direction="right" animation_intensity_slide="5%" animation_starting_opacity="100%" hover_enabled="0" global_colors_info="{}" sticky_enabled="0"]

Questo post doveva arrivare a fine aprile ma, vista la situazione attuale, ho pensato che fare un salto nel futuro con la mente possa essere in qualche modo confortante, per me stessa e per chi mi legge.

Dove sarò tra 5 anni?

🐣 In un bel loft, stile industrial, con qualche tocco di vintage/antiquariato, in qualche capannone industriale nella periferia di Genova. Tutto molto essenziale, tranne il mio spazio di lavoro: più sono piena di cose colorate e di post-it appesi al muro, più mi sento a mio agio e riesco a entrare nel flusso di creatività.
Avere una bella casa per me è fondamentale, anche perché ci passo moltissimo tempo.

🐣 Mamma di un bimbo, forse due: non ho intenzione di forzare la natura per concepirne, perciò ho deciso di adottare (e so che sarà ugualmente meraviglioso).

🐣 15 kg in meno: non che non mi piaccia così come sono, ma so che mantenere un certo peso mi aiuta a prevenire problemi di salute e, facendo un lavoro sedentario, il rischio di aumentare a dismisura è notevole (e le mie ginocchia mal conce potrebbero risentirne)

🐣 La mia agenzia digitale sarà composta di un team di 10 persone e sarà diventata anche un'accademia delle "cause perse": vorrei creare una realtà dove persone che hanno perso tutto possano trovare un rifugio, imparare un nuovo mestiere e reinserirsi nella società, con un nuovo scopo e una direzione.

Non ho idea di come realizzarla e forse tra 5 anni non saremo ancora pronti, ma so che la meta è quella e voglio arrivarci, a tutti i costi.

🐣 Parlerò decentemente giapponese. E' un po' una piccola ossessione quella del Giappone, non saprei nemmeno dirti esattamente perché.

🐣 Forse mi sarò diplomata in canto lirico. Forse. E' una passione alla quale ho dedicato tantissimi anni della mia vita, e il diploma lo vivo come la degna conclusione di un lungo percorso. Anche se, di fatto, non mi servirà assolutamente a nulla!

🐣 Avrò un abbonamento a teatro, uno per il mensile Internazionale e uno per Focus. Sembrano cavolate, ma è il genere di spese ricorrenti a cui rinunci quando devi stare attento al budget…

🐣 Avrò un guardaroba da pin up anni '50, pieno di pois, per far uscire la Audrey Hepburn che è in me (perché vi giuro che c'è, l'ho solo seppellita da qualche parte).

🐣 Avrò creato un podcast che parla di…

Non lo so ancora. Le idee sono tante, la voglia di raccontare ancora di più e sono ancora in piena fase di esplorazione.

Ma se hai qualche idea su che cosa potrei condividere dal mio bagaglio di esperienza, ascolto volentieri i suggerimenti!

E tu, dove sarai tra 5 anni?

Scrivi anche tu la tua bella lista e, se ti va, condivila con me (trovi la mia mail nella pagina Contattami) oppure con un bel post su Instagram. In questo caso non dimenticare di taggarmi, altrimenti mi perderò il post!

[/et_pb_text][/et_pb_column][/et_pb_row][/et_pb_section]

Perché sapere cosa si vuole dalla vita è così difficile?

[et_pb_section fb_built="1" _builder_version="4.16" custom_padding="||0px|||" global_colors_info="{}"][et_pb_row _builder_version="4.16" global_colors_info="{}"][et_pb_column type="4_4" _builder_version="4.16" custom_padding="|||" global_colors_info="{}" custom_padding__hover="|||"][et_pb_text _builder_version="4.18.0" text_font="Raleway||||||||" text_font_size="18px" text_line_height="1.8em" header_font="Raleway|700|||||||" header_text_align="left" header_text_color="#911b3b" header_font_size="37px" header_2_text_align="left" header_2_font_size="40px" header_4_font="Raleway|700|||||||" header_4_text_color="#911b3b" header_4_font_size="33px" header_6_font="Architects Daughter|700|||||||" header_6_font_size="25px" text_orientation="justify" width="100%" custom_margin="|0px|-2px|||" custom_padding="||0px|0px||" animation_style="slide" animation_direction="right" animation_intensity_slide="5%" animation_starting_opacity="100%" global_colors_info="{}" header_2_line_height="1.3em" header_4_line_height="1.3em" hover_enabled="0" sticky_enabled="0"]

Il problema comincia fin da piccoli, ai tempi della scuola: le cose da imparare sono tante (forse anche troppe, molte inutili e spesso spiegate male…evviva il nostro sistema scolastico), il ritmo è frenetico e genitori e insegnanti si aspettano che tu apprenda tutto e bene; cresci ed entri nel mondo del lavoro, in cui tutti si aspettano dei risultati eccellenti e in tempi brevi. Nei loro tempi.

Al contempo, nel mondo là fuori, ogni informazione è facilmente a portata di mano grazie al web, l'intrattenimento è a distanza di un clic e la soglia d'attenzione è calata vertiginosamente.

Siamo super stimolati da tutto e da tutti, vogliamo fare mille cose, non ne abbiamo il tempo e non abbiamo più pazienza.

E la cosa tragica è che è normale e socialmente accettato.

Quando sei così impegnato a orchestrare la tua vita e a non lasciare pezzi indietro per stare al ritmo degli altri, come fai a sapere che stai agendo per il tuo meglio? Qual è il tuo meglio?

In fondo, forse, corriamo perché non vogliamo fermarci a pensare perché, quando succede, cominciano i veri problemi.
Cominci a farti domande del tipo: chi sono? Cosa faccio? Perché lo faccio?

Ed ecco lì, dal nulla e senza preavviso, che si presenta una crisi esistenziale.

Certo, ci sono le persone che sanno fin da piccole chi sono e cosa vogliono. Ma ne conosco così poche che credo siano semplicemente qualche caso fortuito isolato, mentre ne ho visti tanti altri essere straconvinti della loro vita e del loro percorso che hanno poi capitolato miseramente in una crisi di mezz'età.

Ma torniamo a noialtri poveri sfigati che non abbiamo ricevuto "la chiamata"…

C'è una strada alternativa per trovare se stessi (e che, in fondo, credo sia pure più appagante e interessante): farsi delle domande. Quelle giuste, eh.

Cosa vuoi veramente?

Quello che fai, pensi o dici, lo vuoi davvero o è il risultato dell'ambiente e delle persone che ti circondano?

Quali sono i tuoi valori?

La cosa più interessante è che tutto ciò si applica facilmente ai professionisti, il cui lavoro è strettamente legato alla loro identità e ai valori personali.

E quanti ne vedo in giro che, per non scontentare nessuno e non allontanare nessun potenziale cliente, non sono né carne né pesce: non hanno una personalità ben definita, non si sbilanciano in alcuna direzione e non comunicano niente di autentico o speciale, col deleterio risultato di raccogliere qualunque richiesta e qualunque tipo di cliente, anche quelli che sarebbero da mandare a farsi benedire.

Perché sì, i clienti sbagliati esistono…

Ma torniamo a noi e alle nostre crisi d'identità: ne vedo tanti applicare lo stesso sistema alle loro relazioni, nello sforzo di essere gli amici perfetti o i fidanzati perfetti, per poi svalvolare tutto d'un botto.

Come fare a ritrovare la propria identità ed evitare patimenti d'animo?

A cosa puoi rinunciare? Fai una lista delle priorità.

Pensa alla tua vita in questo momento: a cosa rinunceresti senza fatica? Cosa invece è assolutamente fondamentale e perché?

Sì lo so, oggi faccio un sacco di domande ma, come ho già detto, è la chiave della ricerca di se stessi.

Quando cominci a mettere a confronto ogni cosa o persona che abita la tua vita, soppesandole e chiedendoti a cosa rinunceresti se ti trovassi costretto, scoprirai di avere delle priorità che forse non ti immaginavi nemmeno.

Per esempio, per me la famiglia e gli amici sono fondamentali ma, di recente, mi sono resa conto che per me è molto importante viaggiare e vedere il mondo e, se metto sul piatto della bilancia il nomadismo e la vicinanza degli affetti, scelgo il girovagare per il pianeta. E non mi sento più in colpa per questo.

Tranquilli, torno a casa per Natale…

Una volta scoperta la fatidica lista degli irrinunciabili, dobbiamo chiederci il perché è composta in quell'ordine, andando a fondo e scoprendo quali sono i valori che si nascondono dietro alle nostre scelte.

C'è chi è spinto dalla sete di successo, chi dal bisogno di aiutare gli altri, di difendere i propri cari, chi dal puro appagamento e ricerca del piacere.

E vanno bene tutte. Non ce n'è una più giusta dell'altra.

Ma il vero segreto del trovare se stessi, secondo me, è uno solo ed è estremamente semplice: sperimentare.

E sì, perché se non ti metti alla prova, se non fai nuove esperienze, come fai a decidere cosa ti piace oppure no, cosa risuona con te e cosa invece è discordante con la tua essenza?

E' un po' come quei bambini che si rifiutano di assaggiare nuovi cibi e decidono a prescindere che non gli piace e alla fine non mangiano quasi nulla: se non ti concedi di fare qualche tentativo (magari con qualche errore), come fai ad andare nella direzione giusta?
C'è chi dice che se non provi non puoi mai fallire. Per quanto mi riguarda, se non provi hai già fallito.

Le persone più infelici che conosco sono immobili.

Non fanno scelte o grandi progetti, procrastinano tutto il procrastinabile e riversano cinismo e odio verso il mondo senza capire che il vero problema è nello stesso posto dove potrebbero trovare la soluzione se solo si mettessero a guardare: ce l'hanno dentro.

Trovare la propria identità è difficile perché fa paura. Perché tutti in fondo abbiamo seppellito qualche debolezza, qualche aspetto del nostro carattere che non ci piace e che vorremmo estirpare.

Ma se ti dicessi che puoi convivere tranquillamente con la parte peggiore di te, faresti così fatica a trovare le risposte che cerchi?

[/et_pb_text][/et_pb_column][/et_pb_row][/et_pb_section]

Di lavoratori infelici, di moralità e di retaggi culturali

[et_pb_section fb_built="1" _builder_version="4.16" custom_padding="||0px|||" global_colors_info="{}"][et_pb_row _builder_version="4.16" global_colors_info="{}"][et_pb_column type="4_4" _builder_version="4.16" custom_padding="|||" global_colors_info="{}" custom_padding__hover="|||"][et_pb_text _builder_version="4.18.0" text_font_size="18px" text_line_height="1.8em" header_text_align="left" header_text_color="#911b3b" header_font_size="37px" header_2_text_align="left" header_2_font_size="40px" header_3_line_height="1.3em" header_4_font="Raleway|700||||on|||" header_4_text_color="#911b3b" header_4_font_size="33px" header_6_font="Raleway|700|||||||" header_6_font_size="25px" text_orientation="justify" width="100%" custom_margin="|0px|-2px|||" custom_padding="||0px|0px||" animation_style="slide" animation_direction="right" animation_intensity_slide="5%" animation_starting_opacity="100%" global_colors_info="{}" header_2_font="Raleway|600|||||||" hover_enabled="0" sticky_enabled="0"]

Sei vegano e fai il macellaio.
Oppure odi la speculazione e sei un broker.
O peggio, odi i call center che ti chiamano a tutte le ore ma fai il centralinista.
Il tuo capo vuole che vivi per il tuo lavoro, mentre tu lavori per vivere.
Ti piace il lavoro che fai, ma il sistema di cui fai parte non ti fa sentire apprezzato e rispettato.

Detto che spesso cambiare le condizioni del nostro ambiente di lavoro è qualcosa che va ben al di là della nostra area di controllo (specie se sei un dipendente), ci sono compromessi che ci troviamo costretti ad accettare, altri che proprio non ci vanno giù.

Pensiamo di poter far finta di niente, di vivere nella negazione o di buttare giù i rospi per un bene più grande (che si chiama stipendio). Ci insegnano che "il lavoro perfetto non esiste", ci convinciamo di essere noi quelli esigenti o inaccontentabili e andiamo avanti così, con una latente insoddisfazione che ci perseguita.

Ma cosa succede, a lungo termine, quando non rispettiamo i nostri valori?

Perdiamo la nostra identità. Finiamo per essere quello che gli altri si aspettano, quello che gli altri pretendono, quello che la società ritiene "giusto".

C'è un sacco di gente in piena crisi a 30, 40 o 50 anni perché la loro carriera non li soddisfa, perché si sentono chiusi in una morsa dalla quale non sanno come uscire.

Poi vedi i ventenni in crisi, e capisci che c'è qualcosa di profondamente sbagliato nel sistema.
Perché com'è possibile che un ventenne, che della vita deve ancora vedere tutto, parta già da meno di zero in termini di prospettive future?

Eppure ad oggi esistono alternative validissime alla realtà lavorativa post-industriale di cui ci parlano le generazioni passate.

Escluse le professioni protette (architetti, medici, avvocati, notai) non è più obbligatorio lo schema Scuola ⇨ Stage ⇨ Lavoro.

Se hai abbastanza intraprendenza per interagire con le aziende con cui vorresti lavorare (ci sono tanti modi per attirare la loro attenzione, non solo il cv!), se guardi cosa fanno gli altri e ne trai spunto (per creare nuovi prodotti o servizi o reinventarne di già esistenti) riuscirai a cavartela egregiamente a livello economico - perché alla fine è quello che ci preme, il vil denaro. Mica si vive d'aria.

Esistono professioni altamente qualificate che non richiedono una laurea e non hanno limiti d'età. Ci sono professioni nate nell'ultimo decennio, altre ne nasceranno ancora.

Eppure vedo così tanta gente piangersi addosso e incolpare il sistema, quando questo maledetto sistema ha preso il largo già da un po', perché non ha più ragion d'essere.

Cosa odiavo del mio vecchio lavoro

C'erano tante cose che non mi andavano giù: la mancanza di meritocrazia, la disorganizzazione, il vedere sistematicamente maialini e agnelli morti (nell'ultimo periodo ho fatto anche la macellaia) che magari non venivano nemmeno acquistati, cosicché erano morti invano. Eppure non sono vegana, anzi: non sono contraria al consumo di carne. Ma quello che ogni giorno ho cominciato ad accettare sempre meno era l'idea che quegli animali non avevano sicuramente avuto una vita, seppur breve, dignitosa e, secondo me, è giusto che ci sia dignità anche nella vita di un animale che è destinato a essere mangiato.

Perciò ho cominciato a consumare carne proveniente da allevamenti all'aperto e a mangiarne molto meno. Insomma, cerco di fare la mia parte per non arricchire gli allevamenti intensivi, per quanto mi sia possibile.

Ma sto divagando.

Il punto è che tutto questo non mi bastava, ma non potevo permettermi di mollare tutto e tornare all'università. E a studiare cosa, poi?

Se non sai qual è il punto di arrivo, che senso ha prendersi una laurea, una qualunque?

Se mi fossi dovuta basare sulle mie passioni, avrei potuto laurearmi in lingue come in matematica come in psicologia.
Non è un parametro che può funzionare, perché studiare è una cosa, fare lo stesso lavoro tutta la vita (o per un bel po') è tutta un'altra storia.

Perciò sono partita dalla meta, con una semplice domanda: "Cosa voglio fare per la maggior parte della mia vita, per il resto dei miei giorni?"

Se ti interessa sapere come ho trovato la risposta, trovi il racconto in questo post.

[/et_pb_text][/et_pb_column][/et_pb_row][/et_pb_section]

Non sono una femminista (e ne vado fiera)

[et_pb_section fb_built="1" _builder_version="4.16" custom_padding="||0px|||" global_colors_info="{}"][et_pb_row _builder_version="4.16" global_colors_info="{}"][et_pb_column type="4_4" _builder_version="4.16" custom_padding="|||" global_colors_info="{}" custom_padding__hover="|||"][et_pb_text _builder_version="4.18.0" text_font_size="18px" text_line_height="1.8em" header_font="Raleway|700|||||||" header_text_align="left" header_text_color="#911b3b" header_font_size="37px" header_2_text_align="left" header_2_font_size="40px" header_3_line_height="1.3em" header_4_font="Raleway|700|||||||" header_4_text_color="#911b3b" header_4_font_size="33px" header_6_font="Raleway|700|||||||" header_6_font_size="25px" text_orientation="justify" width="100%" custom_margin="|0px|-2px|||" custom_padding="||0px|0px||" animation_style="slide" animation_direction="right" animation_intensity_slide="5%" animation_starting_opacity="100%" hover_enabled="0" global_colors_info="{}" sticky_enabled="0"]

No, non sono una femminista.

Ecco, l'ho detto. E tu, cara femminista che mi stai leggendo, starai rizzando il pelo come il più orgoglioso dei gatti persiani.
Ma tu, sei sicura di essere una femminista?

C'è un fenomeno che vedo dilagare in maniera preoccupante e che mi disturba non poco: alcune donne pensano di essere superiori agli uomini. E non sono nemmeno così poche!
Ma facciamo un attimo passo indietro.

Prima di tutta questa rivoluzione di genere, la differenza si riduceva al gioco-forza biologico: l'uomo era (e sottolineo, ERA) tendenzialmente più forte fisicamente della donna. E se io uomo sono più forte posso, nel migliore dei casi, procacciarti il cibo e difenderti dai pericoli, nel peggiore, addomesticarti / schiacciarti / controllarti / dominarti.

L'uomo ha avuto la meglio, nei secoli dei secoli. E pace all'anima di tutte noi.

Poi sono arrivate le suffragette (ma prima di loro Olympe de Gouges, Mary Wollstonecraft e tante altre) e finalmente si è riconosciuto il femminismo, un movimento volto a ottenere la parità politica, sociale, economica dei sessi.

Ma ragazze mie belle, vi siete accorte che il mondo è cambiato?

Ad oggi, sono fermamente convinta che le scissioni biologiche siano ormai diventate ridicole: conosco donne forzute più di Arnold Schwarzenegger e uomini che se devono spostare due scatoloni svengono come delle gentildonne col corsetto. Oggi, la vera forza non è più quella fisica: abbiamo troppi marchingegni che fanno la fatica al posto nostro, la leva militare non esiste più ed essere muscolosi è spesso un vezzo, una dichiarazione di status quo e non una necessità.

L'attenzione si è spostata sulla forza psicologica, sul carisma dei singoli individui e sul fascino del sapere.

 

La "dominazione" è quasi del tutto mentale, lasciando il concetto di forza fisica agli edonisti e ai traslocatori professionisti.

Ma nonostante ciò, noi donne stiamo passando all'altro eccesso, affermando la nostra superiorità nel tentativo di compensare le nostre insicurezze: e sì che affrontiamo la gravidanza, il parto, la maternità; che gestiamo la casa (non più così vero come una volta); che se ci viene l'influenza non ci buttiamo giù (mentre di uomini che fanno testamento con due linee di febbre ne ho visti eccome…).

Ma loro, gli ometti belli, ci sopportano.

Sopportano gli sbalzi ormonali, le seghe mentali, l'acidità pre-ciclo e le inziative alla Marie Kondo sulla LORO ROBA (perché noi, le scarpe belline che mettiamo una volta l'anno, col cazzo che le buttiamo, giusto?)

Cosa sto cercando di dire? Che la parità dei sessi è una cosa, trattare tutti con lo stesso grado di rispetto è un'altra, pretendere di essere trattate come uomini è una stronzata: non siamo uomini. Siamo un'altra categoria, con un codice di comportamento dedicato.

Gli uomini si prendono a spintoni per fare i coglioni, se lo fanno a voi parte una denuncia per aggressione. Non siete uomini, fatevene una ragione.

Poi vabbé, per la violenza sulle donne non c'è nemmeno da discutere: ci sarebbe da aprire un capitolo a parte su che tipo di provvedimenti adotterei per gli uomini che si sono fermati mentalmente a metà dell'800 (di solito sono procedimenti in cui sono coinvolti i genitali), ma poi passerei per una pazza sanguinaria. E non è carino 😊

Concentriamoci su una visione un po' più ampia: se sei uomo, donna, gay, trans, pansessuale o qualunque altra cosa, non è importante. Non è rilevante.

Parliamo di rispetto delle diversità, di tolleranza, di rispetto degli spazi altrui, rispetto delle convinzioni altrui (nella misura in cui le stesse convinzioni ricambiano il favore perché, se sei un razzista di merda che vuole far partire un nuovo olocausto, meriti il Napalm). Questo è il messaggio da far passare, non quello di promuovere una realtà utopica (e disfunzionale) in cui siamo tutte amazzoni.

Il problema, oggi, non è più essere donne. Il problema è avere a che fare con megalomani, bulli, opportunisti, razzisti e omofobi.

Finché ci saranno persone ad agire in funzione della paura del diverso, del più profondo egoismo o della malattia mentale più recidiva, questo mondo continuerà a fare schifo. Uomo o donna che tu sia.

[/et_pb_text][/et_pb_column][/et_pb_row][/et_pb_section]