Tornare all'università a 30 anni e passa [Capitolo 8°]

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Ho 35 anni e mi sono iscritta alla facoltà di scienze e tecniche psicologiche, a Genova.

Perché? Per mille motivi.

Prima di tutto perché l'università è un percorso che ho cominciato diverse volte (prima a lingue, poi a ingegneria informatica) senza mai portarlo a termine. Hai presente quei progetti iniziati e mai finiti, ma che rimangono sempre presenti nel retro del tuo cervello?

Ne avevo di progetti sospesi da riaprire ben più semplici eh.

Il vestito all'uncinetto super sexy.

Le saponette fatte in casa aromatizzate con le erbette coltivate sul terrazzo.

Quelle canzoni strimpellate male all'ukulele.

Ma a me piace fare le cose in grande, così mi sono iscritta all'università. Per la terza volta.

È che sentivo proprio l'esigenza di acquisire degli strumenti migliori per diventare una professionista migliore come brand designer. Avrei potuto leggere libri e fare corsi invece che tornare all'uni? Certamente. Ma se questa necessità la combini a:

Allora ti rendi conto che, forse, l'università è la scelta giusta.

Quello che è stato fondamentale, per me, è averci pensato anni. Non mesi, ma anni.

Mi sono interrogata a fondo sul perché sentissi l'esigenza di riprendere gli studi. A volte mi sono detta che era solo la voglia di avere il bollino da laureata, e ho lasciato perdere.

Ma tante altre, mentre facevo le mie consulenze, mi sono chiesta come avrei potuto aiutare meglio queste persone che sembravano incastrate nel loro stesso flusso di pensieri, rovinandosi la vita e il business.

E siccome conosco bene la fragilità di certi meccanismi ma non avevo gli strumenti per poter andare più a fondo, mi sono guardata bene dall'improvvisarmi a coach/psicologa di sti gran cazzi.

Però succede una volta.

Due.

Tre.

Quattro, cinque.

Le persone mi passavano davanti, vedevo il problema, vedevo la soluzione ma non sapevo quale fosse il mezzo che potesse portarli da A (il problema) a B (la soluzione). E mi sentivo frustrata ogni giorno di più, finché non mi sono detta: "Basta, ora ci mettiamo una pezza."

Il primo mese di università

È solo un mese che frequento le lezioni ed è molto presto per cantare vittoria, ma ci sono un sacco di vantaggi nell'iscriversi all'università dopo i 30 anni.

  1. Molte nozioni degli esami le hai acquisite già grazie all'esperienza di vita. Io sono da sempre appassionata di psicologia e questo sicuramente mi facilita.
  2. L'ansia da ommioddio-mi-perdo-tra-i-corridoi-ho-bisogno-della-mamma un pochino c'è, ma non è lontanamente paragonabile a quella di 15 anni fa. Sai già che non ti succederà nulla di orribile, e la vivi molto serenamente. Non so se questa tranquillità mi accompagnerà anche durante gli esami, te lo farò sapere...
  3. La motivazione che hai addosso è cento volte più forte. Perché nel frattempo devi lavorare e sai che non ti puoi permettere di perdere tempo.

Perché non ho pensato a psicologia quando avevo 20 anni, se era una passione così grande?

Perché in realtà della psicologia non sapevo proprio nulla. Credevo che una volta laureata sarei stata tutto il giorno ad ascoltare i problemi degli altri, e non mi sembrava una gran vita (anche perché io sono una tenerotta e piangerei in faccia alla gente, e non mi sembra carino XD).

Solo con il mio lavoro e scoprendo le diverse branche che la psicologia ricopre (tra cui il marketing) ho capito che c'era da scavare molto, ma molto di più.

Dal punto di vista della motivazione, ho molto in comune con i miei colleghi ventenni. Più di quanto immaginassi.

Parlando con le altre ragazze durante il progetto matricole (eh sì, l'università si è evoluta e ci coccola, tentando di non farci scappare e supportandoci con progetti per farci integrare e non farci andare fuori corso) sono venuti fuori:

È stancante? Sì.

Arriverò esaurita a dicembre? Probabile.

Sono pentita? Per niente (non ancora, almeno...)

Dimmi un po' di te invece: se sei qui è perché stai probabilmente valutando di tornare all'università. Cos'è che ti sta frenando?

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Vivere con un introverso

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Questo post doveva essere pubblicato a settembre, perché 8 mesi di freelancing da casa mi sembrava un tempo adeguato per valutare la convivenza con Lui, l'introverso per eccellenza, il piccolo Buddha amico delle donne, che ascolta troppo, parla troppo poco e soffre ancora meno l'uragano di energia che è la moglie.

Poi è arrivata la pandemia.
Credo di avere abbastanza elementi a disposizione.

E' incredibilmente ironico che io e Matteo ci siamo scelti per la vita: io timida ma estroversa (abbastanza, ma molto meno di quel che ti immagini), non appena mi prendo la necessaria convivenza (basta sorridermi e guardarmi negli occhi, dopodiché sarò il tuo peggiore incubo); lui la timidezza non sa dove sta di casa, ma è introverso all'inverosimile.
E ragazzi, non è affatto una passeggiata. Questa differenza influenza le nostre dinamiche a livelli che non avrei mai immaginato.

Sfatiamo qualche mito sugli introversi

Intanto, una doverosa precisazione: prima di conoscere Matteo, per me, gli introversi erano persone troppo timide e disagiate per confrontarsi col mondo.

Persone con problemi, persone sbagliate. Dei sociopatici, via.

Un po' perché, durante l'infanzia, mi veniva detto continuamente che stare da soli a casa, a leggere libri su libri, era sbagliato; un po' perché ero finita in un gruppetto di amichette molto ette e poco amiche (e da qui nasce il mio odio verso le donne - ma tranquille, ho fatto pace con voi…beh, alcune di voi, ma ho capito che non avete colpa ad essere vagino-munite), tutte apparenza e poca sostanza, molto di destra e omofobiche - il che doveva essere già all'epoca un segnale forte che, se le persone di cui ti circondi non accettano quello che costituisce un buon 50% della tua persona, non sei molto bravo a sceglierti gli amici.

Con questo piccolo outing sono andata un attimo off-topic...
Torniamo a Matteo, l'introverso cialtrone del mio cuore.

Cosa succede nella testa di un introverso, se eccessivamente esposto alle persone?

Ebbene, si SCARICA. Come la peggiore delle pile modello super-economico, comprato al negozio di cinesi all'angolo.
Il mio modello di introverso personale, poi, è davvero speciale: l'ascolto attivo è per lui motivo di vanto (voi ce l'avete un uomo che ascolta davvero? LO SO, è una roba invidiabile), perciò mai ti dirà che non ha testa per ascoltarti. Piuttosto si addormenta, in pieno giorno, consumato dagli eccessivi input.
Lui dice che non dorme bene, io sospetto di averlo sfinito con le mie chiacchiere...

Come comportarsi con un introverso?

Ah, questa è un'ottima domanda, perché io mica ho ancora capito (e il 21 facciamo 4 anni di matrimonio, per dire).
So solo che:

a) Ogni tanto è conveniente sparire per mezza giornata (in questo periodo mi sono chiusa in una stanza, senza fare rumore), per dargli l'impressione di essere solo

b) E' inutile incaponirsi e trascinarlo a tutti gli eventi sociali: lui sarà angosciato tutto il tempo e tu appresso a lui, rovinandoti il momento

c) Ha dei tempi biblici a elaborare le emozioni e no, non puoi accelerare il processo

d) Gli introversi non sono affatto noiosi, né "limitati": Matteo è una delle persone più brillanti e buffe che conosca

Incontrarlo mi ha insegnato tanto. Mi ha aiutata a voler comprendere pienamente la complessità della mente umana, a mettermi alla prova e a migliorarmi come persona, imparando a rispettare le persone diverse da me - intendiamoci, mai stata razzista o chissà che. Ho giusto un'allergia verso i leghisti, ma per il resto sono ok.

Se vivi con un introverso (o sei tu ad esserlo), raccontami la tua esperienza.

Puoi farlo: a) Rispondendo a questo post b) Scrivendo tu un bel post su Instagram (ricordati di taggarmi, così non me lo perderò).

Non vedo l'ora di leggere la tua storia!

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Potere del mantra, a me

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Va bene, oggi mi sento più cialtrona del solito. Ma giuro che sto per affrontare un discorso serio, seppur brevemente!

Parafrasando il concetto di "mantra"

Qualcuno lo chiama "motto", "parola dell'anno" va molto di moda, i più sofisticati declinano su "leitmotiv".

E' una breve frase, una parola, un concetto che risuona fortissimo con noi.
Nell’induismo e nel buddismo tantrico, il mantra è una formula sacra che viene ripetuta molte volte.

E' un concetto molto potente e no, non ha nulla a che fare con la magia.
1) Ti libera la mente dai pensieri negativi: se stai pensando al tuo mantra felice, non c'è spazio per altro

2) Se accompagnato da una respirazione lenta e profonda, ti aiuta ad entrare in uno stato meditativo rilassato e privo di ansie

3) Concentrarsi sul suono e sulle vibrazioni della nostra voce ha ottimi benefici sul nostro sistema nervoso
jack nicholson mantra GIF
Il mio mantra è la parola "fiducia": quando la pronuncio mi fa stare bene, persino fisicamente. Sento un piacere formicolio pervadere tutto il colpo, mentre l'ansia, che mi preme la bocca dello stomaco, scivola via senza resistenze.

Mi aiuta nei momenti d'ansia.
Mi aiuta nella rabbia più cieca.
Mi aiuta quando sono in un momento di sconforto, quando penso di non raggiungere un obiettivo.
Mi aiuta quando sono in blocco creativo.
Mi aiuta quando pratico la gratitudine, perché rende il sentimento ancora più potente.
Mi aiuta nel voler rimanere con la mente nel presente, evitando di rimuginare nel passato o di immaginare scenari apocalittici futuri.

E tu? Qual è il tuo mantra?

Questo post è un invito: qual è il pensiero che ti libera da tutte le catene create dalla tua mente? Cosa ti dona leggerezza?
Fammelo sapere, sono curiosa.

Se fatichi a trovarlo, forse hai bisogno di un pizzico di autoconsapevolezza in più.

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Manie di controllo, perfezionismo e altre seghe mentali

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Manie di controllo: perché sentiamo il bisogno di dominare ogni aspetto della nostra vita, e guai a chi sgarra?

Essere troppo attaccati ai propri progetti può essere una diretta conseguenza delle manie di controllo, cioè il bisogno viscerale di controllare ogni singolo processo, ogni singola cosa e, magari, anche ogni persona che abbiamo intorno.
Anzi, quasi sempre è un problema di voler controllare chi ci circonda, perché non è che gli oggetti abbiano una volontà...giusto?

Maledette manie di controllo e il bisogno di controllare tutto grrr!

Io sono decisamente stata una vittima di questo meccanismo, soprattutto nel:

- Voler controllare cosa pensavano gli altri di me

- Voler controllare le azioni degli altri, nella convinzione di sapere cos'era meglio per loro

- Voler vincere ogni partita di qualunque gioco strategico abbia mai giocato

- Voler controllare Oxygen* e perdere le staffe sistematicamente, perché tanto fa di testa sua

Sulle prime due credo di aver capito qual era il mio problema, sulle ultime due devo ancora lavorarci (maledetta tecnologia…).

Non sai se sei vittima delle manie di controllo?

Ok, prova a rispondere a queste domande:

1) Se hai fatto un progetto e qualcosa va storto, vieni assalito/a da un ansia incontrollabile?

2) Passi molto tempo a cercare di fare discorsi convincenti, che le arringhe degli avvocati nei film americani in confronto impallidiscono, ma la gente continua a non darti retta e questa cosa ti fa impazzire?

3) Quando la gente arriva in ritardo, anche di pochi minuti, perdi le staffe come se stessi aspettando da tre ore?

4) Ti senti costantemente stressato quando hai delle scadenze che dipendono anche da altre persone?

5) Non hai fiducia nelle capacità altrui?

6) Senti una responsabilità immensa sulla vita delle persone che ti circondano?

7) Hai sempre paura di fare qualche errore?

Se hai risposto sì a più di una domanda, ho una brutta notizia per te: sei decisamente schiavo/a delle tue manie di controllo.

Manie di controllo? Don't panic!

Ho anche una buona notizia: finalmente abbiamo trovato qualcosa sulla quale hai il controllo. E sono proprio le tue manie di controllo!

Perché è così importante liberarsi delle manie di controllo?

Perché ha degli effetti terribili, sulla nostra psiche ma anche sul nostro corpo. Gli effetti nocivi dell'ansia ormai sono stati ampiamente documentati, ed è importante non ignorarne i segnali - se sei del team "gastrite cronica", batti cinque!

Cosa posso fare per liberarmene?

Ci sono sicuramente diversi modi per affrontarle meglio ma, su di me, quello che ha funzionato meglio è ripetermi a mo' di mantra le seguenti frasi:

1) Ho il controllo sul processo, non sul risultato.

Se vogliamo il meglio per le persone che ci circondano e vogliamo aiutarle a non fare errori, non siamo delle brutte persone. Ma non è colpa nostra se sbaglieranno comunque!

2) Ho fatto il meglio che ho potuto, con i mezzi e le energie che avevo in quel momento.

Ho consegnato in ritardo un progetto? Pazienza, più di così non potevo fare. Anche se mi fustigo e mi torturo, cosa ne ottengo se non ulteriore ansia e frustrazione?

3) Fatto è meglio che perfetto

Se proprio ti devi paragonare a qualcosa, paragonati al te stesso/a di qualche mese o anno fa, e guarda la strada che hai fatto. Se hai fatto dei passi avanti, grandi o piccoli che siano, hai comunque fatto un miglioramento.

4) Non sei Usain Bolt

Spesso le manie di controllo sono legate a doppio filo con il senso di inadeguatezza e rafforzate dal confronto con persone che, ai nostri occhi, ce l'hanno fatta meglio di noi e più velocemente.

Ebbene: siamo mica tutti uguali. E poi, ti stai confrontando con qualcuno che ha fatto il tuo stesso esatto percorso? O magari ha cominciato anni e anni prima di te?
Sii più indulgente verso te stesso/a. La vita non è una gara alla perfezione.

Nemmeno la natura è perfetta, pretendi di esserlo tu?

La pandemia che stiamo vivendo credo ci abbia insegnato qualcosa di molto importante: per quanto possiamo pianificare e tentare di prevedere il futuro, ci sarà sempre un imprevisto a scombinare i nostri piani.

Siamo delle caccole nell'universo.

E il mondo, di sicuro, non gira intorno a noi.

Non ti crucciare a voler controllare tutto, rimani comunque una caccola nell'universo*Oxygen è un theme builder per WordPress. Abbiamo uno strano rapporto di amore-odio, io e lui: mentre da una parte non lo sostituirei con nessun altro, dall'altra vorrei farlo saltare in aria.

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Quando nessuno capisce cosa fai per vivere

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Quando ho raccontato a mia madre, per la prima volta, che volevo dimettermi dal mio lavoro da dipendente e fare la freelance, è partita un'accesa discussione di più di due ore.

"Almeno uno dei due deve essere solido" (riferendosi a mio marito, che è anche lui freelance), "Come fai a farti fare un mutuo?", "Prima sfrutta il periodo di maternità", "E se poi ti va male?" e tanti altri dubbi, dettati dalla paura e dai piani che lei si era creata per me, nella sua testa.

Io mi sono difesa strenuamente e sono andata dritta per la mia strada, ma ammetto che non è stato facile.

Tutte le obiezioni che ho ricevuto (da lei e da altri) sono frutto della paura. Paura che io non riesca a sostenermi economicamente, che non riesca ad avere i soldi per crescere dei figli, per comprare casa…per tutte quelle cose che, nella nostra radicatissima cultura italiana, sono sinonimo di stabilità.

E quando la società che ti circonda, la famiglia, gli amici ti dicono che funziona così e così deve essere, è difficile rompere le catene e andare controcorrente.
Quella paura te l'hanno contagiata e ti chiama sommessamente dalle tue viscere e dagli angoli più remoti della tua mente, dove ansia e insicurezza si rifugiano e complottano affinché tu possa fallire.

Perché io me lo sono chiesta come e quando avrei comprato casa, se fossimo diventati entrambi partita IVA.
Ma, alla fine, interrogandomi su cosa fosse più importante per me, ho concluso che preferisco metterci qualche anno in più e avere una carriera che mi soddisfi, piuttosto che rifugiarmi in una scelta sicura ma che mi renderebbe felice solo a metà (o molto meno di metà…).

Parla con chi ce l'ha fatta, non con chi non conosce il mondo lavorativo di cui vuoi far parte

Se vuoi fare lo streamer, la web designer freelance o l'artista bohémien e chiedi l'opinione di chi ha fatto il dipendente tutta la vita, non otterrai informazioni esclusivamente attendibili. Come può consigliarti qualcuno che non ci è passato in prima persona?
Non che non possano darci consigli utili, anzi; ma valutiamo attentamente le opinioni che ci arrivano, perché non tutte possono avere lo stesso peso e soprattutto non tutte sono mosse da motivazioni nobili.

Mettiamoci la paura che possiamo fare una brutta fine e finire sotto un ponte, in cima alla lista.
Ma vuoi che qualcuno, forse, sia pure invidioso di vederti intraprendere una strada che lui/lei non ha avuto il coraggio di perseguire?

Quindi sì alle critiche, ma solo se costruttive.

Ogni attività ha delle regole e una tassazione molto diverse.

Al giorno d'oggi, la pressione fiscale di un regime forfettario è molto diversa da un professionista a regime ordinario, che è sottoposto agli studi di settore.

Se hai un negozio e delle bollette da pagare, è una situazione molto diversa da chi, come me, non ha costosi macchinari da mantenere o un affitto di uno studio da sostenere.
Io non sono nemmeno costretta a girare in macchina per cercare o parlare con i miei clienti, posso farlo comodamente da casa. I miei costi di gestione sono, volendo, bassissimi; basta avere un pc e un cellulare decenti, per il resto sono i corsi di formazione a essere la spesa più importante (anche se non si smette mai di formarsi).

Ancora peggio quando il mestiere in sé non è conosciuto: io che realizzo siti web sembra che venda aria fritta…

A meno che tu non voglia affrontare sempre gli stessi discorsi in loop, non cercare di convincere nessuno. L'importante è che sia convinto tu.

Parla del tuo lavoro solo quando ti viene chiesto apertamente e non comunicare i tuoi dubbi e le tue insicurezze. Non è un invito a essere poco trasparenti: è solo un modo per evitare di essere facile preda delle loro ansie.

Per le tue vacillazioni, ci sono persone e posti migliori dove esternarli. Non solo: creati la tua rete di sicurezza, fatta di persone che stanno attraversando il tuo percorso - o lo hanno già fatto, con successo.

Confrontati con altri professionisti e circondati di persone positive, competenti, generose.

Chiedi aiuto, leggi le loro storie, fai delle domande.

Lanciati senza paura perché, anche se arriveranno i rifiuti e i "no, grazie", ce ne saranno molti altri a voler condividere con te il loro vissuto e pronti a dire: "Sì, certo!"

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Dove mi vedo fra 5 anni?

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Questo post doveva arrivare a fine aprile ma, vista la situazione attuale, ho pensato che fare un salto nel futuro con la mente possa essere in qualche modo confortante, per me stessa e per chi mi legge.

Dove sarò tra 5 anni?

🐣 In un bel loft, stile industrial, con qualche tocco di vintage/antiquariato, in qualche capannone industriale nella periferia di Genova. Tutto molto essenziale, tranne il mio spazio di lavoro: più sono piena di cose colorate e di post-it appesi al muro, più mi sento a mio agio e riesco a entrare nel flusso di creatività.
Avere una bella casa per me è fondamentale, anche perché ci passo moltissimo tempo.

🐣 Mamma di un bimbo, forse due: non ho intenzione di forzare la natura per concepirne, perciò ho deciso di adottare (e so che sarà ugualmente meraviglioso).

🐣 15 kg in meno: non che non mi piaccia così come sono, ma so che mantenere un certo peso mi aiuta a prevenire problemi di salute e, facendo un lavoro sedentario, il rischio di aumentare a dismisura è notevole (e le mie ginocchia mal conce potrebbero risentirne)

🐣 La mia agenzia digitale sarà composta di un team di 10 persone e sarà diventata anche un'accademia delle "cause perse": vorrei creare una realtà dove persone che hanno perso tutto possano trovare un rifugio, imparare un nuovo mestiere e reinserirsi nella società, con un nuovo scopo e una direzione.

Non ho idea di come realizzarla e forse tra 5 anni non saremo ancora pronti, ma so che la meta è quella e voglio arrivarci, a tutti i costi.

🐣 Parlerò decentemente giapponese. E' un po' una piccola ossessione quella del Giappone, non saprei nemmeno dirti esattamente perché.

🐣 Forse mi sarò diplomata in canto lirico. Forse. E' una passione alla quale ho dedicato tantissimi anni della mia vita, e il diploma lo vivo come la degna conclusione di un lungo percorso. Anche se, di fatto, non mi servirà assolutamente a nulla!

🐣 Avrò un abbonamento a teatro, uno per il mensile Internazionale e uno per Focus. Sembrano cavolate, ma è il genere di spese ricorrenti a cui rinunci quando devi stare attento al budget…

🐣 Avrò un guardaroba da pin up anni '50, pieno di pois, per far uscire la Audrey Hepburn che è in me (perché vi giuro che c'è, l'ho solo seppellita da qualche parte).

🐣 Avrò creato un podcast che parla di…

Non lo so ancora. Le idee sono tante, la voglia di raccontare ancora di più e sono ancora in piena fase di esplorazione.

Ma se hai qualche idea su che cosa potrei condividere dal mio bagaglio di esperienza, ascolto volentieri i suggerimenti!

E tu, dove sarai tra 5 anni?

Scrivi anche tu la tua bella lista e, se ti va, condivila con me (trovi la mia mail nella pagina Contattami) oppure con un bel post su Instagram. In questo caso non dimenticare di taggarmi, altrimenti mi perderò il post!

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Perché sapere cosa si vuole dalla vita è così difficile?

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Il problema comincia fin da piccoli, ai tempi della scuola: le cose da imparare sono tante (forse anche troppe, molte inutili e spesso spiegate male…evviva il nostro sistema scolastico), il ritmo è frenetico e genitori e insegnanti si aspettano che tu apprenda tutto e bene; cresci ed entri nel mondo del lavoro, in cui tutti si aspettano dei risultati eccellenti e in tempi brevi. Nei loro tempi.

Al contempo, nel mondo là fuori, ogni informazione è facilmente a portata di mano grazie al web, l'intrattenimento è a distanza di un clic e la soglia d'attenzione è calata vertiginosamente.

Siamo super stimolati da tutto e da tutti, vogliamo fare mille cose, non ne abbiamo il tempo e non abbiamo più pazienza.

E la cosa tragica è che è normale e socialmente accettato.

Quando sei così impegnato a orchestrare la tua vita e a non lasciare pezzi indietro per stare al ritmo degli altri, come fai a sapere che stai agendo per il tuo meglio? Qual è il tuo meglio?

In fondo, forse, corriamo perché non vogliamo fermarci a pensare perché, quando succede, cominciano i veri problemi.
Cominci a farti domande del tipo: chi sono? Cosa faccio? Perché lo faccio?

Ed ecco lì, dal nulla e senza preavviso, che si presenta una crisi esistenziale.

Certo, ci sono le persone che sanno fin da piccole chi sono e cosa vogliono. Ma ne conosco così poche che credo siano semplicemente qualche caso fortuito isolato, mentre ne ho visti tanti altri essere straconvinti della loro vita e del loro percorso che hanno poi capitolato miseramente in una crisi di mezz'età.

Ma torniamo a noialtri poveri sfigati che non abbiamo ricevuto "la chiamata"…

C'è una strada alternativa per trovare se stessi (e che, in fondo, credo sia pure più appagante e interessante): farsi delle domande. Quelle giuste, eh.

Cosa vuoi veramente?

Quello che fai, pensi o dici, lo vuoi davvero o è il risultato dell'ambiente e delle persone che ti circondano?

Quali sono i tuoi valori?

La cosa più interessante è che tutto ciò si applica facilmente ai professionisti, il cui lavoro è strettamente legato alla loro identità e ai valori personali.

E quanti ne vedo in giro che, per non scontentare nessuno e non allontanare nessun potenziale cliente, non sono né carne né pesce: non hanno una personalità ben definita, non si sbilanciano in alcuna direzione e non comunicano niente di autentico o speciale, col deleterio risultato di raccogliere qualunque richiesta e qualunque tipo di cliente, anche quelli che sarebbero da mandare a farsi benedire.

Perché sì, i clienti sbagliati esistono…

Ma torniamo a noi e alle nostre crisi d'identità: ne vedo tanti applicare lo stesso sistema alle loro relazioni, nello sforzo di essere gli amici perfetti o i fidanzati perfetti, per poi svalvolare tutto d'un botto.

Come fare a ritrovare la propria identità ed evitare patimenti d'animo?

A cosa puoi rinunciare? Fai una lista delle priorità.

Pensa alla tua vita in questo momento: a cosa rinunceresti senza fatica? Cosa invece è assolutamente fondamentale e perché?

Sì lo so, oggi faccio un sacco di domande ma, come ho già detto, è la chiave della ricerca di se stessi.

Quando cominci a mettere a confronto ogni cosa o persona che abita la tua vita, soppesandole e chiedendoti a cosa rinunceresti se ti trovassi costretto, scoprirai di avere delle priorità che forse non ti immaginavi nemmeno.

Per esempio, per me la famiglia e gli amici sono fondamentali ma, di recente, mi sono resa conto che per me è molto importante viaggiare e vedere il mondo e, se metto sul piatto della bilancia il nomadismo e la vicinanza degli affetti, scelgo il girovagare per il pianeta. E non mi sento più in colpa per questo.

Tranquilli, torno a casa per Natale…

Una volta scoperta la fatidica lista degli irrinunciabili, dobbiamo chiederci il perché è composta in quell'ordine, andando a fondo e scoprendo quali sono i valori che si nascondono dietro alle nostre scelte.

C'è chi è spinto dalla sete di successo, chi dal bisogno di aiutare gli altri, di difendere i propri cari, chi dal puro appagamento e ricerca del piacere.

E vanno bene tutte. Non ce n'è una più giusta dell'altra.

Ma il vero segreto del trovare se stessi, secondo me, è uno solo ed è estremamente semplice: sperimentare.

E sì, perché se non ti metti alla prova, se non fai nuove esperienze, come fai a decidere cosa ti piace oppure no, cosa risuona con te e cosa invece è discordante con la tua essenza?

E' un po' come quei bambini che si rifiutano di assaggiare nuovi cibi e decidono a prescindere che non gli piace e alla fine non mangiano quasi nulla: se non ti concedi di fare qualche tentativo (magari con qualche errore), come fai ad andare nella direzione giusta?
C'è chi dice che se non provi non puoi mai fallire. Per quanto mi riguarda, se non provi hai già fallito.

Le persone più infelici che conosco sono immobili.

Non fanno scelte o grandi progetti, procrastinano tutto il procrastinabile e riversano cinismo e odio verso il mondo senza capire che il vero problema è nello stesso posto dove potrebbero trovare la soluzione se solo si mettessero a guardare: ce l'hanno dentro.

Trovare la propria identità è difficile perché fa paura. Perché tutti in fondo abbiamo seppellito qualche debolezza, qualche aspetto del nostro carattere che non ci piace e che vorremmo estirpare.

Ma se ti dicessi che puoi convivere tranquillamente con la parte peggiore di te, faresti così fatica a trovare le risposte che cerchi?

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Ma dove vai, se una missione di vita non ce l'hai?

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La mission è un concetto di cui sentiamo parlare nel mondo imprenditoriale e nel marketing.

Anche se non sei un imprenditore, fermati un attimo a leggere perché, la missione, dovremmo averla tutti.

Wikipedia dice:

"La missione (o scopo o dichiarazione di intenti) di un'organizzazione o impresa, è il suo scopo ultimo, la giustificazione stessa della sua esistenza e al tempo stesso ciò che la contraddistingue da tutte le altre."

Nella missione troverai le caratteristiche principali dei prodotti o servizi e lo scopo ultimo per i quali vengono offerti.

Quella di IKEA, per esempio, mi piace molto:

"La nostra idea di business vuole offrire un'ampia gamma di prodotti di arredamento per la casa, funzionali e con un bel design, a prezzi molto bassi affinché più persone possibili possano permetterseli".

Questa frase mette subito i paletti fra chi vuole servire e chi no: IKEA aiuta le persone che non hanno grandi disponibilità economiche a creare un ambiente di casa accogliente. Semplice, diretto. Efficace.

Serve ad attirare i clienti giusti, che hanno davvero bisogno dei loro prodotti.

Essere specifici aiuta anche nella vita, non solo nel lavoro

Se tutto ciò che fai persegue la tua missione, la ragione per la quale ti svegli la mattina, tutto quello che ti accade sarà in virtù di quella missione. E no, non sto parlando di legge dell'attrazione (che è potenzialmente una grandissima stronzata): ma se abbiamo ben a mente qual è il nostro obiettivo, tenderemo ad avvicinarci alle cose che si identificano con i nostri valori e, in un certo senso, attireremo davvero le persone giuste e le situazioni giuste.

Qual è la tua missione di vita?

Non dobbiamo essere tutti Maria Teresa di Calcutta, ovvio. Non tutti dobbiamo o possiamo salvare il mondo.
Che poi, che vuol dire salvare il mondo?
Quello che invece vale un po' per tutti, è che avere uno scopo ci fa sentire utili per le persone a cui teniamo.

Va bene avere una missione, ma quali mezzi usi per arrivarci?

Bellissimo parlare di massimi sistemi e di nobili cause ma, se vogliamo davvero contribuire a rendere questa società più funzionale, dovremo fissare degli obiettivi misurabili e cercare dei modi per ottenerli.

Ad esempio, io voglio aiutare quelle persone che rispettano l'ambiente e le "differenze" di qualunque natura, e scelgo ogni giorno di interagire e creare opportunità per questa fetta di popolazione che, secondo la mia modestissima opinione, è sana.

Per questo motivo, ho due missioni: una personale e una aziendale.

La mia missione personale è:

Aiutare le persone a raggiungere una carriera soddisfacente, evitando che altre persone passino anni o decenni senza sapere cosa fare della propria vita, come è successo a me, attraverso la condivisione delle mie esperienze e degli strumenti che ho acquisito.

La mia missione aziendale è:

Aiutare liberi professionisti e piccole attività a promuovere i loro prodotti artigianali, artistici e "frutto del loro ingegno", per diffondere il loro messaggio di bellezza e unicità in tutto il mondo, attraverso il web marketing.

Noti qualche punto di contatto tra le due? 🙂

Qual è il tuo fine ultimo?

Se senti di non avere un obiettivo da perseguire, chiediti cosa ti piace di questo mondo, chi sono le persone che stimi e quali cose invece ti fanno arrabbiare e vuoi combattere.

Non confondere però la missione con la visione: va bene immaginare cosa sarai nel futuro e metterlo a fuoco è altrettanto importante, ma la missione parla del presente e di quello che puoi fare oggi. E su questo argomento, ti consiglio vivamente di leggere questo articolo di Giulia, aka Nemawashi Studio.

Ciò di cui sono convinta e che mi aiuta a non buttarmi giù è che se sono armata di buone intenzioni, se sono costante, raggiungerò i miei obiettivi. L'importante è fare e non stare fermi, aspettando che arrivi qualcuno a indicarci la via.

E se non aspiri a fare carriera ma ad essere una mamma (o un mammo) a tempo pieno, va benissimo!

Ma non è obbligatorio scegliere: perché non posso essere una buona madre e avere una carriera soddisfacente?

Basta accettare di essere imperfetti (e chi non lo è?): puoi chiuderti in bagno per piangere perché i tuoi figli ti fanno esasperare, fare una riunione su Skype in camicia elegante e pantaloni da ginnastica ed essere comunque una professionista affermata e di successo.
E' più difficile, forse ti richiederà più tempo di chi figli non ne ha, ma non è impossibile.
A chi ti dice che non ce la puoi fare, spediscilo per direttissima.

A proposito di missioni e di vita da mamme/imprenditrici, mi piace tantissimo quel che dice Dana Malstaff, fondatrice di Boss Mom (letteralmente tradotto in "Mamma Boss"):

"Boss Mom non è solo avere l'accoppiata carriera - figli, è accettare la complessità delle nostre vite senza sentirsi in colpa sul voler essere non solo dei genitori fantastici, ma anche dei grandi leader e imprenditori.

Boss Mom è unire le nostre forze e aiutarci a elevarci, a diventare chi vogliamo essere e raggiungere qualunque cosa riusciamo a sognare.

Boss Mom vuole creare uno spazio libero da pregiudizi, dove possiamo piangere un minuto prima e venir fuori con un'idea brillante un attimo dopo."

E se questo non è "far rete", non so cosa sia. Ma abbiamo sicuramente bisogno di molte più Dana, soprattutto in Italia.

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Il tuo capo è uno stronzo? Destronziamolo!

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Che tipo di stronzo è il tuo capo?

Dovuta premessa: nel corso degli anni ho svolto mille lavori e incontrato diversi tipi di capo sulla mia strada, fino a stilare una lista ben nutrita di personalità, tutte diverse tra loro.

E ho avuto ben più di un capo stronzo, ognuno insopportabile nella sua unicità.

Ma solo di recente ho imparato la lezione più importante di tutte…

Non provare a cambiare lui, cambia il tuo comportamento.

Dando per scontato che non hai la capacità di entrare nella testa del tuo datore di lavoro, resettarlo alle impostazioni di fabbrica e fargli fare quello che vuoi tu, non puoi aspettarti che cambi atteggiamento dall'oggi al domani senza i dovuti stimoli.

E' la tua reazione a lui/lei che puoi modificare, perché è l'unica cosa che rientra nel tuo campo di controllo.

Concentrati su quello che TU PUOI FARE e non su quello che il capo DOVREBBE FARE

Se ci riuscirai, succederanno due cose meravigliose:

Hai idea di come cambierebbe la tua vita lavorativa se imparassi a gestire il tuo capo, anche fosse il peggiore degli stronzi?

🐣 Ti sentirai più sereno perché saprai di aver fatto tutto ciò che era in tuo potere per migliorare la situazione. Cosa c'è di più bello di una coscienza pulita?

🐣 Il capo cambierà atteggiamento. Lo so, sembra una contraddizione: ti ho appena detto che non puoi modificare i comportamenti del capo, e ora ti sto dicendo che lui lo farà. Ma c'è una sostanziale differenza: cambierà non perché glielo avrai chiesto, ma perché si dovrà adeguare al tuo nuovo atteggiamento.

E ora, vediamo che capo stronzo ti ha propinato il destino!

Dimmi che capo stronzo hai, e ti dirò chi sei (per lui)

Vi è mai capitato di avere un capo che si lamenta di qualunque cosa, anche la più insignificante, ed è costantemente sull'orlo di una crisi di nervi?

Io sì, ed era un po' come vedere un incidente stradale: da una parte non vorresti guardare, dall'altra non riesci a distogliere lo sguardo. E ti fai assalire dall'inquietudine.

L'uomo ansia: quando il capo causa malessere agli altri ma soprattutto a se stesso

Tendente al passivo-aggressivo, si nutre di lamentele improduttive e preoccupazioni esagerate; si concentra sull'amplificare i problemi e non sulla ricerca di soluzioni, ma allo stesso tempo sente l'urgenza di risolvere le cose il più velocemente possibile. E' intrappolato in un ciclo deleterio senza fine, dal quale nessuno (forse) può salvarlo.
E ha la faccia di uno sulla soglia dell'attacco di cuore.il tuo capo è uno stronzo che ti rifila tutte le colpe?

Come gestirlo?

Va rassicurato. Quando si lamenta, in realtà è in pieno attacco di panico. Lo sfogo in corso potrebbe non riguardarti affatto; perciò non prendere nulla sul personale di quello che ti dice. Non fare tua la sua frustrazione.

Se ti senti il buon samaritano puoi cercare di fargli delle domande per capire la radice del problema, e magari sdrammatizzare per tranquillizzarlo.

Se non funziona, perché è in piena crisi isterica, GIRA I TACCHI.

Inventati una scusa e allontanati fisicamente, lascialo sbollire. Per vincere una guerra non devi vincere ogni singola battaglia.

Il Superman: lui fa tutto meglio di tutti e tutti gli altri sono coglioni.

il capo che si sente superman: meglio di lui non lavora nessunoPersonalità spesso narcisista, tende a fare il piacione e a manipolare l'interlocutore. E' assolutamente incapace di delegare e, quando lo fa, non è mai soddisfatto del risultato - probabilmente non si è nemmeno adoperato a spiegare come voleva che il risultato fosse, ma tant'è…

Parla sempre male degli assenti, quindi è probabile che lo faccia anche con te, non appena giri l'angolo. Gli piace creare coalizioni e creare un'illusione di complicità, cosicché i dipendenti facciano la spia su altri colleghi e che lui risulti l'unica figura di riferimento.

Quando si tratta della sua carriera, è disposto a fare qualunque bassezza pur di ottenere ciò che vuole, anche prevaricando il prossimo.

Come gestirlo?

Se vuoi prendere un'iniziativa, falla passare come fosse una sua idea.

Invece di:"Posso spostare questa scatola più in là?"

Riformula con un bel:"Non volevi spostare questa scatola più in là?"

Se ti parla male di qualcuno, tenta di cambiare velocemente argomento o di allontanarti come una scusa. Sì lo so, sono una fan del girare i tacchi. Ma litigare è una dispersione di tempo ed energie che credimi, nessuno dovrebbe permettersi.

Se invece hai deciso di fare carriera, assecondalo e dagli ragione, sempre.

Puoi sempre tirargli macumbe alle spalle, come fanno in tanti (incredibilmente triste e improduttivo).

Quello che fa battute inappropriate

quando il superiore oltre a essere stronzo, è pure molesto...Ora, a me è capitato di fare battute a sfondo sessuale sul posto di lavoro, ma con persone selezionate e senza alcun secondo fine, da entrambe le parti.

Ci sono alcuni capi che, invece, non capiscono quando è il momento di fare "la battutaccia" e quando è il caso di tacere.

Come gestirlo?

La risposta verbale può variare a seconda di chi si ha davanti, ma l'esito finale è che giri i tacchi e vai ad orbitare lontano (sì lo so, tanto per cambiare...).

Se allunga le mani, non è fare una battuta scherzosa. E' una molestia e va denunciato, senza esitare.

Nessuno si deve mai e poi mai permettersi una confidenza simile sul posto di lavoro, per nessuna ragione, in nessuna circostanza.

Il capitano del Titanic: la nave affonda e lui sta lì, come un testone, aspettando di affogare.

Immaginati una gelateria allagata, per un guasto alla vetrina-frigo, in un tardo pomeriggio d'inverno. Il capo se ne sta lì, irremovibile, a far entrare gente mentre il gelato si scioglie, inesorabilmente, con lo sguardo da pazzo.

il capo incapace di valutare le situazioni e di gestire le situazioni di emergenza è il peggiore che esistaOra: una persona sana di mente avrebbe preso tutto il suo prezioso gelato, lo avrebbe messo in salvo nelle celle e avrebbe chiuso il locale, aspettando il frigorista. Giusto?

Non vale la pena tenere aperta una gelateria in un pomeriggio invernale di pioggia, per 4 gelati del cazzo, giusto?

Invece no: ha temporeggiato inutilmente, come se il frigo si potesse aggiustare per magia da solo, per poi arrivare allo stesso risultato: chiudere il negozio, due ore dopo, con chili e chili di gelato da buttare via.

Per poi dare la colpa a chiunque, compresi i suoi dipendenti. Come se avessimo rotto noi il frigo.

Non è stata una buona idea, per due motivi:

a) Stai servendo del gelato semi-sciolto. Che qualità di prodotto pensi di garantire?

b) I clienti entrano in negozio nel marasma più totale, con stracci, secchi d'acqua e cartoni sul pavimento. Che immagine pensi di dare all'esterno?

c) La mole di lavoro di quella fredda giornata di novembre, se andiamo a vedere, non gli meritava nemmeno di tenere aperto.

Il tuo capo non sa gestire le situazioni di emergenza? Hai un problema enorme: se succede un guasto ad un macchinario non è un gran danno (per te), ma se fai il genere di lavoro in cui hai delle scadenze molto rigide, probabilmente è il genere di capo che non dovresti mai avere. Perché, nel migliore dei casi, ti darà la colpa di qualunque cosa. E se ci fossero implicazioni legali o economiche, stai pur certo che non si farà problemi a riversarti tutto addosso...

Cosa puoi fare?

Se lavori in una realtà a conduzione familiare o hai comunque molta confidenza col tuo datore di lavoro, puoi prendere in mano la situazione al posto suo. In ogni caso, non aspettarti della gratitudine.

Diversamente, scappa. Non c'è grande margine di miglioramento.

Com'è andata a finire con quella gelateria?

Ha venduto l'attività ed è andato a fare il dipendente altrove. Forse ha capito che gestire un'attività non era nelle sue corde.

Il centometrista: sei sempre in ritardo, è sempre in ritardo, siamo tutti eternamente in ritardo.

Il capo stronzo che ti fa correre sempreCorre, corre sempre e infuria nella sua corsa, come se dovesse salvare vite. E magari vende solo caffè, eh.

Cosa puoi fare?

Nulla. E' un problema suo, non tuo.

C'è chi è più veloce, chi è più lento. Ci sono le giornate in cui si va più veloci, altre in cui proprio non ce la si fa a mantenere il solito ritmo.

Beh, siamo umani. Non siamo sempre al 100% e soprattutto NON SIAMO TUTTI UGUALI.

Se il capo vuole correre, lascialo correre. Se ti mette ansia nel correre, lascialo ansiare. Tanto ti metterebbe agitazione comunque, anche se fossi più veloce di Flash.

Oppure sei un fascio di nervi tale e quale a lui e viaggi al suo stesso ritmo. Perfetto, giusto? Non proprio. Raccontami come va fra una decina d'anni, e mi saprai dire.

Se invece fai un lavoro in cui la velocità è essenziale ma tu sei l'essenza della flemma, cambia lavoro. Non fa per te, punto.

Paga un mese sì e uno no, paga in ritardo, oppure non paga affatto.

Oppure gli straordinari non te li paga, perché "non è colpa mia se ci metti più tempo di quello che dovresti" o l'ancor peggio "le pulizie dei locali fuori dagli orari di chiusura del negozio non si contano come ore di lavoro".

Hai accumulato 3 mensilità arretrate?

Licenziati, e di corsa. Non andrà meglio, che lo faccia in buona fede (haha!) o meno. Peraltro gli stipendi arretrati sono motivo di dimissioni con giusta causa, e hai diritto all'indennità di disoccupazione. Persino lo Stato ti dà ragione!

Il cospirazionista: se hai fatto un errore, lo hai fatto apposta!

anche se sfanculare il datore di lavoro stronzo, delle volte, dà una certa soddisfazione.

Attenzione, perché questo è un segnale davvero pericoloso: pensare che tutti ce l'abbiano con te e che ti facciano i dispetti apposta è un sintomo di paranoia. Con quella non si scherza.

Se pensi che il capo stia andando in quella direzione, il mio consiglio è di chiedergli apertamente cosa c'è che non va e discutere delle problematiche: è possibile che si senta compreso e rassicurato nel sentirsi ascoltato, e che si dia una bella calmata.

Poi c'è quello che è semplicemente fumino, e se la prende col mondo intero quando qualcosa va storto, ma non lo pensa davvero.

Più che consigliargli un bel corso di gestione della rabbia, non puoi fare granché.

Mettiamola così: se sai di aver fatto bene il tuo lavoro, non deve importarti che lui stia svalvolando. D'altronde non potevi fare nient'altro. Male non fare, paura non avere, giusto? 😉

Lo stronzo per natura, come in "Il diavolo veste Prada"

Si diverte a fare il cattivone della situazione: fa richieste impossibili ai suoi dipendenti, li umilia di fronte ai colleghi, fa delle scenate di fronte ai clienti…è crudele, nella forma più primitiva e semplice che esista.

Puoi fare tre cose in questo caso:

1) Ignorare deliberatamente tutto ciò che dice o fa: se non te ne frega una benemerita cippa di ciò che dice o pensa, perché sai di essere competente nel tuo lavoro e di non essere realmente a rischio, sei un passo avanti a chiunque.

2) Quando ti ritrovi in un vis-à-vis con lui, fai leva sui sensi di colpa su come si comporta con te di fronte agli altri, dicendogli apertamente che il suo atteggiamento ti ferisce. Potrebbe sorprenderti la sua risposta!

3) Ingaggiare una guerra fino all'ultimo insulto, ripagandolo con la stessa moneta di fronte a colleghi e clienti. Non ti assicuro che avrai ancora un lavoro alla fine, ma vuoi mettere la soddisfazione? 🤣

"Destronzare" il capo stronzo: non devi indisporlo, solo spiazzarlo!

Il tuo capo stronzo è in una di queste categorie? O ancora peggio, rientra in più di una?

Se hai letto tutto per benino, avrai notato che la soluzione migliore è parlarsi, quasi sempre.

Spesso ci dimentichiamo che il capo è un essere umano come un altro, e che il rapporto di lavoro è come una relazione romantica: se non c'è dialogo, prima o poi si finirà per viaggiare su strade parallele che non si incontrano mai.

Invece ascoltare, capire il punto di vista del nostro interlocutore e cercare un punto di incontro è la chiave per ogni relazione di successo, personale e lavorativa che sia.

Ed essendo un approccio tanto banale quanto poco usato, è di solito ben visto e gradito, anche da quel capo che pensi non sia in grado di avere una conversazione costruttiva.

Non aspettare che siano gli altri a fare delle scelte costruttive, ma sii un buon esempio da seguire.

non essere un capo stronzo di cui aver paura, ma un leader da seguire

 

Sei un datore di lavoro e ti dicono che sei uno di questi stronzi?

Forse lo fai apposta, forse ti viene naturale… Poco importa: se ci tieni ai tuoi dipendenti, non farli scappare.

Se hai dei collaboratori che non fanno ciò che vuoi, chiediti se hai dato loro tutti gli strumenti necessari per lavorare al meglio.

 

... Oppure cambia tipologia di assunzioni.

Sii la persona migliore che riesci ad essere, e punta ogni giorno ad essere una persona migliore.

Come dovremmo fare tutti, d'altronde.

Il tuo capo stronzo non rientra fra quelli che ho descritto?

Fammelo sapere con un commento, sarò felice di aggiungere il suo profilo alla mia "collezione"! 🤗

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Cambio di stagione, cambio di rotta, cambio di…

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Fra l'arrivo dell'autunno, la stanchezza post-estiva data dal tanto lavoro e le gatte che non mi fanno dormire, sono arrivata ad ottobre davvero stremata.

Ma ogni tanto capitano a tutti questi periodi inconcludenti, senza bisogno che arrivi il cambio di stagione.

Siamo un po' come la luna, 

andiamo a fasi alterne…

Un cambio di rotta ogni tanto fa bene. Un po' come la luna: è bella quando è piena, ma ha il suo fascino anche nelle altre fasi. Evviva il cambiamento!Il motivo è più o meno sempre lo stesso: corriamo e rincorriamo le scadenze, aggiungiamo cose su cose da fare e lo stress è sempre a manetta. E' ovvio che, a una certa, il corpo ti fa una bella leva!

“Non sono le grandi cose che ci spediscono al manicomio, non è la perdita di un amore, ma il laccio della scarpa che si rompe quando abbiamo fretta.”

Daniel Goleman

Io ho imparato, sulla mia pelle, che l'energia è un meccanismo a lento rilascio; se ne consumo troppa tutta insieme, ci metto più tempo a ripartire. E divento di pessimo umore!

E' inutile che mi affanno a fare tutto e subito, facendomi sopraffare dall'ansia.  Ne pagherò le conseguenze più avanti nel tempo, sempre e comunque.

Stop: respira, pianifica e riparti. E sii flessibile! (che se dovevamo stare fermi, nascevamo alberi…)

Mi fermo a riflettere, giorno per giorno, su quali cose hanno la precedenza (e non sempre sono quelle che vorresti fare per prime);  ho imparato a fregarmene di certe imposizioni sociali, che mi consumavano tempo ed energie e non mi davano affatto gioia (ad esempio, ho abolito i regali di Natale); mi sforzo ogni giorno di avere più pazienza, ricordando a me stessa che non tutti i giorni sono uguali, che non siamo macchine e non siamo sempre al 100%.

A volte capita di dover correre lo stesso, ma so già che alla fine della corsa dovrò riposare. E non me ne faccio più una colpa.

Così ho individuato il mio ritmo ideale, cadenzato, che mi permette di fare le cose senza eccessi, di sfruttare al meglio le giornate sì e di tollerare più serenamente le giornate no.

In questo modo mi do anche il tempo per poter riflettere sulle mie scelte, sugli obiettivi prestabiliti e sugli eventuali aggiustamenti da fare sul percorso.

Perché sì, per l'infallibile legge di Murphy, niente va come prestabilito e i cambi di rotta sono inevitabili. E meno male, sai che palle?

Alé, dove vuoi arrivare?

Voglio dire che se hai una lista di buoni propositi e più della metà sono andati a farsi benedire, chissenefrega, capito? Cestinala e fanne un'altra, evidentemente non è il momento di realizzarli e forse non lo sarà mai.

Se pretendi troppo da te stesso e passi le giornate ad annichilirti, come pensi di poter migliorare?

Se non riesci a realizzare nulla di ciò che ti proponi, forse in cima alla lista dovresti mettere "capire perché sono così inconcludente", e non continuare ad aggiungere obiettivi irraggiungibili!

Non sto dicendo che devi passare le giornate in panciolle, a cazzeggiare, finché ti viene voglia. Ma se vuoi prenderti qualche ora, un pomeriggio, un giorno intero per riposare, fallo e basta. E che diamine, siamo mica fatti per stressarci e basta!

Se sei bloccato su un progetto, non ti ostinare e fai qualcos'altro. Lava i piatti, stira due camicie, chiama un amico, fatti una passeggiata. La soluzione arriverà quando meno te lo aspetti.

Hai presente dr. House? U-gua-le.

 

Riassumendo:

1) Non ostinarti sul percorso che hai tracciato;

2) Respira, sorridi e goditi il presente.

Che di vita ne abbiamo una sola e, per quanto ovvio sia, non ce lo ricordiamo mai abbastanza.

Il mio cambio di rotta personale: l'assistente digitale

La mia nuova sfida, per questo autunno, è quella di cambiare programmi. Perché sì, sono due anni che studio per diventare SEO copywriter (o qualcosa del genere), ma nel mio percorso ho scoperto tante altre cose da imparare, tutte interessanti: il web design, concetti di web marketing qua e là, coaching, social media marketing, e-mail marketing…

Insomma, mi sono fatta una bella carrellata di lavori del mondo digitale (se ti interessa, ho creato una breve  panoramica in questo post), uno più interessante dell'altro e fortemente in crescita.

Poi mi sono imbattuta, per puro caso, in un'assistente virtuale. E ho scoperto che, in un certa misura, è una figura che fa "di tutto un po'": qualche emissione di fattura, qualche e-mail, gestione del calendario, un po' di pubblicazione di contenuti su blog/social e, perché no, anche la creazione di qualche sito vetrina.

Così ho cominciato a cercarne altre, e ho scoperto che, tolti i servizi più comuni, ognuna di loro offre qualcosa di unico, un valore aggiunto che magari esula un po' dal ruolo tipico della segretaria e che sfocia, in qualche modo, in altre figure professionali digitali.

Mi si è illuminata la lampadina nel cervello: compilare due fatture posso farlo, così come rispondere alle mail e organizzare gli appuntamenti; perché allora non diventare io stessa un'assistente digitale, con qualche piccola aggiunta di SEO, copy e social media marketing, soddisfando il desiderio di aiutare altri freelance, dallo spirito nerd, come me?

Il mio primo cliente è mio marito. Se sopravvivo alla sua pignoleria, diventerò la segretaria virtuale migliore dell'universo. *proud face*

Ogni tanto la vocina della mia testa, quella che vede sempre il bicchiere mezzo vuoto, ha protestato con un deciso: "Ecco, stai cambiando idea un'altra volta. Non hai ancora capito cosa diavolo vuoi dalla tua vita".

E' vero, ho cambiato idea. Ma ho fatto una lista di pro e contro, mi sono confrontata con altre persone, ho riflettuto a lungo e, infine, ho ascoltato il mio istinto e ho cercato di individuare da dove arrivasse tutta quella paura.

Vuoi sapere cos'era? Scrivimi, e te lo dirò.

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