Parlar male dei colleghi? Mmm.

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Non sei un freelance e ti interessa sapere il mio punto di vista sul parlare male dei colleghi sul posto di lavoro?

Vai qui

Di recente ho fatto un sondaggio chiedendo ai miei colleghi freelance la loro opinione riguardo il parlar male dei colleghi.
I più erano (ovviamente e per fortuna) contrari.

Perché te ne voglio parlare?

Perché proprio di recente mi è capitato di sentire e di leggere un paio di freelance fare (più volte) delle tirate al vetriolo sui loro colleghi (senza fare nomi, ma facendo di tutta l'erba un fascio), sminuendone il lavoro, pubblicamente. Come a voler dire: "vedete? Io faccio bene il mio lavoro, mica quegli altri". Sui social, sui blog, su tutti i loro canali di comunicazione.

Ora farò probabilmente lo stesso errore criticando il loro comportamento, mi dirai.

Ma vedi, io sono assolutamente per la critica costruttiva e il confronto.

Infatti qui, il problema, non è nemmeno il cosa è stato detto, quanto il COME: a presa di culo, come fossero solo loro furbi e tutti gli altri scemi.
Con poca (o del tutto assente) cognizione di causa, un atteggiamento finto-populista e sminuendo LORO tutto il resto della categoria.

E sì che siamo umani, che ci sono le giornate no e che a volte la frustrazione prende il sopravvento; se poi vediamo qualcuno produrre nefandezze e farsi pagare pure profumatamente, altro che giramento di balle; ma se la maldicenza è volta a farsi belli a spese degli altri è quanto di più disonesto si possa fare, oltre che da irresponsabili nella gestione della propria comunicazione.

È un atteggiamento controproducente, per diversi motivi:

a) Ti metti contro tutti i tuoi colleghi e competitor, anche quelli con i quali avresti potuto collaborare - perché, francamente, cosa ti ferma dal riservarmi lo stesso trattamento in futuro e mettermi in cattiva luce, se il vento tirerà in un'altra direzione? Perché dovrei decidere di fidarmi di te? Chi mi dice che in privato non fai bellamente il mio nome, sminuendo il mio operato?

E' ovvio che potrebbe farlo chiunque ma, se lo fai anche pubblicamente, le chance che lo fai alle mie spalle aumentano esponenzialmente.

b) Se hai bisogno di sminuire il lavoro altrui, evidentemente credi che il tuo non valga poi così tanto. E se non ci credi tu, immaginati cosa possono pensare i potenziali clienti…

c) Se chi ti ascolta o ti legge fa lo stesso ragionamento al punto b), penserà che stai rosicando e che fatichi a trovare clienti e perderai credibilità

d) Se il potenziale cliente si sta servendo di un tuo competitor, proprio di uno di quelli di cui sta parlando male, si sentirà preso per stupido e ti eviterà come la peste

Insomma: non sai mai chi c'è dall'altra parte e dovresti tenere a mente che, le recensioni e il passaparola, funzionano anche al negativo.
Oltretutto: credi che chi lavora male comincerà a lavorare magicamente bene? Credi davvero che i tuoi clienti diventeranno più selettivi nella scelta dei professionisti a cui affidarsi? E sulla base di cosa, esattamente?

E dire che si parla tanto di personal branding e di target, dovresti sapere che in certe nicchie non è affatto così…

parlare male dei colleghi? Come aprire un irrigatore e spararselo in faccia

 

Qual è "il limite sottile tra critica costruttiva e acidità distruttiva" ?

Questa è la domanda che ci pone la SEO copywriter Elison Savoia, nel suo articolo sulla autoreferenzialità su Linkedin che ti consiglio assolutamente di leggere.

Parlar male dei colleghi in qualità di dipendenti

Se solo avessi un euro per tutte le volte che ho sentito qualcuno sparlar male dei colleghi sul posto di lavoro, avrei già la mia adorata e tanto desiderata villetta alle Canarie.

Ma vediamo qualche scenario nello specifico:
1. Dare la colpa agli altri, per i propri errori, davanti al capo se non se ne accorge fila tutto liscio ma, quando capirà che lo stai prendendo in giro (e fidati, succederà), avrai compromesso il rapporto con lui quasi irreversibilmente.

Niente mina l'immagine di affidabilità come le bugie.

2. Lamentarsi con i colleghi di altri colleghi crei un clima di pessimismo e fastidio, rischi che la persona che hai davanti riporti quello che dici con parole sue al diretto interessato, senza alla fine risolvere nulla (perché fidati, non ti sentirai meglio) e rischiando di innescare un sistema di ripicche dannoso.

3. Parlar male della propria azienda ai clienti (ah, la mia preferita!)  lo sai che nella maggior parte delle aziende è motivo di lettera di richiamo?

Hai bisogno di sfogarti sull'incapacità di un collega?

Scrivi un diario, urla in vallata, prendi a pugni qualcosa, mordi un cuscino.
Ma a lavoro, trattieniti.
L'unica soluzione utile e risolutiva è parlare col diretto interessato, fargli capire dove sta il problema e sperare che non perseveri.
E se persevera, pazienza: sei un dipendente, l'attività non è tua e non è compito tuo far rigare dritto i tuoi colleghi.

Odi la tua azienda e vorresti dar fuoco a tutto?

Cambia lavoro. Come ho fatto io.

dai direttamente fuoco ai colleghi

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Blocco creativo: 10 metodi per liberarsene

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Indice:

- Metodi per superare un blocco creativo
- Perché succedono: le modalità produttive del cervello
- Cosa fare se niente funziona
- Cosa faccio io per superare un blocco creativo

 

Maledetto blocco creativo. E ora come faccio?

Partendo dal presupposto che sai esattamente cos'è un blocco creativo e non c'è bisogno che te lo spieghi, passerò subito ai metodi che utilizzo io per superarlo.
Let's go!

N.B. Questo articolo è stato pensato in particolar modo per chi lavora con la scrittura ma, se sei un creativo di altra natura, ti consiglio di provare comunque a sperimentare uno di questi suggerimenti. Sono sicura che almeno uno funzionerà!

 

1. Comincia a scrivere a caso.

Scrivi i tuoi pensieri esattamente per quello che sono, senza dare peso alla forma o anche alla pertinenza d'argomento. Segui il flusso della mente e metti nero su bianco. Questo ti aiuterà a rimettere ordine e far spazio nel cervello. Immagina il blocco creativo come un loop dei pensieri: devi prendere almeno uno di quei pensieri e farlo sfogare, affinché abbandoni il circolo vizioso e si crei un nuovo flusso di creatività. 

superare il blocco creativo scrivendo a caso

2. Fai una passeggiata. Funziona perché il tuo cervello sarà parzialmente occupato in un'attività diversa (muovere i piedi), eliminerai le distrazioni date da tutto ciò che ti circonda in casa, sarai più rilassat* e potrai dare libero sfogo alla tua creatività.

3. Fai una visualizzazione guidata.

liberati del tuo blocco creativo con una visualizzazione guidata!

In un certo senso è come andare direttamente dal tuo subconscio a chiedere le risposte che cerchi. Puoi sia trovarne già pronte sia crearne una tua, sul web troverai un sacco di spunti a riguardo. Io personalmente le uso di rado ma, quando capita, ricorro a quelle basate sugli archetipi delle dee di Giada Carta.

4. Fai qualcosa di manuale che ti richiede quella giusta dose di attenzione per eseguirla bene, ma che ti lascia spazio per altri pensieri: lavare i piatti, disegnare a caso su un blocco appunti, tirare una pallina contro il muro, ecc. Il meccanismo è analogo a quello della passeggiata, sta a te scegliere quello che ti è più congeniale.

Visualizza immagine di origine

5. Fai finta di parlare con qualcuno sull'argomento di cui vuoi scrivere, registrati e trascrivi ciò che hai detto.

parla con te stesso, il blocco creativo sarà un lontano ricordo

Potrebbe risultarti un po' strano (e forse anche un po' fastidioso e imbarazzante) riascoltare la tua voce. Ma questo metodo punta sull'immediatezza del pensiero, e non potrebbe essere più efficace: poter parlare a ruota libera senza pensare alla punteggiatura, all'ortografia e alle mille seghe mentali legate alla scrittura (t'ho beccat* eh?) toglie parecchi freni inibitori. E poi è anche un bell'esercizio di public speaking!

6. Pianifica i contenuti: butta giù i concetti principali tipo scaletta e poi espandi. Cosa vuoi dire esattamente?  Parti dallo scopo e dal messaggio che vuoi far passare, chiediti "perché?" 3, 5, 10 volte e approfondisci sempre di più, finché non hai esaurito l'argomento. Alla fine ti ritroverai con una bozza bell'e pronta di tutti i contenuti che ti servono.

7. Vai a caccia di un articolo che parli del tuo stesso argomento, e cerca di contraddire tutto ciò che dice.

8. Fatti una doccia / un bagno caldo.

un bagno caldo è sempre un'ottima soluzione per togliersi i blocchi creativi

Questo funziona soprattutto quando il tuo blocco è dovuto ad una situazione di stress o quando ci sono troppe interferenze dall'esterno. Essere rilassati è una delle componenti chiave della creatività.

9. Fatti una chiacchierata con un amico che non sentivi da tanto tempo. E' uno dei miei metodi preferiti, perché mi ha aiutata molto spesso a ritrovare nuova energia e nuove idee - però io sono una persona estroversa e il contatto con le persone mi ricarica!

10. Questo suggerimento è tratto da un'idea di @mercantessa_di_storie: prendi un libro, magari uno di quelli a cui sei più affezionat* e apri una pagina a caso. Ti potrebbe aiutare a ritrovare l'ispirazione perduta.

 

Piccola parentesi: se stai scrivendo in un blog o per una newsletter, è importante che tu abbia un piano editoriale.
Spesso non sappiamo di cosa scrivere perché, banalmente, non c'è un macro-scopo alla nostra scrittura.

Perché è vero, molte volte diciamo che lo facciamo per noi stessi ma, se così fosse davvero, molta della roba che scriviamo rimarrebbe in un diario privato.

La verità è che abbiamo tutti il bisogno di condividere, di sentirci in risonanza con qualcuno.

 

Le due fasi creative del cervello

Il nostro cervello ha due modalità creative: quella concentrata e quella diffusa.

Ti capita mai di svolgere un'attività e di farti assorbire così tanto da non renderti conto delle ore che passano?

Ecco, quella è la modalità concentrata. E' la condizione in cui crei a flusso continuo, in un giusto bilanciamento tra livello di difficoltà e gratificazione.

Quella diffusa è, invece, la modalità in cui il cervello rielabora i concetti e li rimette in ordine, senza lavorare attivamente su quella direzione di pensieri. 

Così stai lavando i piatti e ti ritorna alla mente quella parola che non riuscivi a ricordare, sei sotto la doccia e ti viene l'idea del secolo...

Se hai letto la lista dei metodi che ti ho suggerito per superare il blocco creativo, ti renderai conto che molte fanno parte della modalità diffusa.

Personalmente, ritengo che incaponirsi e costringersi alla modalità concentrata sia un inutile dispendio di energie e di tempo.

Quando non sei pronto a entrare nel flusso, non insistere! Non farai altro che aumentare il livello di frustrazione, entrando in un circolo vizioso di anti-creatività.

Ale, ma tu le fai tutte queste cose?

Sì, ma non tutte insieme. Ne scelgo una in base a ciò che mi va / quale risultato devo ottenere.

Devo dire che io ho un metodo bonus, però non ho potuto aggiungerlo alla lista perché è una cosa sulla quale (purtroppo) non ho il controllo assoluto: la mia attività onirica.

Spesso trovo le risposte che mi servono in sogno e, appena mi sveglio, corro alla tastiera a scrivere per non dimenticarne alcun dettaglio.

Credo capiti perché, fondamentalmente, vado a dormire pensando al blocco che mi attanaglia 😅

Tutto questo non funziona? Non ti fissare.

Evidentemente il cervello ha bisogno di tregua. Accantona il progetto e dedicati a qualcos'altro, le idee torneranno a fluire quando meno te lo aspetti.

 

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Il cliente ideale esiste eccome!

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Si dice che chi ben comincia è già a metà dell'opera…e io non potevo partire in un modo migliore di questo: ho trovato la mia prima cliente, ma la cosa più importante è che è perfetta per me 😍

Non mi aspetto che tutti i miei clienti siano così ed è virtualmente impossibile trovare solo persone così compatibili, sotto tanti punti di vista; voglio però mettercela tutta per attirarne il più possibile, trasmettendo i miei valori e la mia personalità e riempendo il portfolio di storie di clienti felici e di progetti realizzati con amore.

E chissà, magari di nuove grandi amicizie come quella che sto per raccontarti ora.

Elena ha ereditato da sua madre un negozio di antiquariato a Genova, dal nome meraviglioso: "Rattopennugo" (se vai sul suo profilo Instagram @rattopennugo ha da poco pubblicato un post sulla carinissima storia di come hanno scelto il nome), che in genovese vuol dire "pipistrello".

Il negozio aveva già un sito web posizionato discretamente su Google, ma era diventato esteticamente obsoleto e non convertiva adeguatamente i visitatori in potenziali clienti: alcuni entravano e si soffermavano a leggerlo, ma molti altri ne uscivano subito.

Così ci siamo fatte una bella chiacchierata, mi ha mostrato il suo bellissimo showroom, abbiamo parlato dei suoi clienti tipo e di come poter espandere il raggio d'azione, arrivando a portata di orecchio di più persone e attirando l'attenzione di una fetta di mercato più giovane.

Ed è proprio questa la parte che mi è piaciuta di più: voler sdoganare il concetto di antiquariato, perché non è tutto vecchiume barocco come si pensa comunemente, tutt'altro! E' tradizione, storia, unicità e controtendenza…e tanto altro ancora.

Elena stessa, pur essendo un'antiquaria (giovanissima per quel mondo, ha 35 anni), ha un appartamento che è la cosa più moderna e piena di carattere che abbia mai visto.

Insomma, non è solo roba per vecchi e gattare. Provare per credere 😎

Il negozio di Rattopennugo è un po' come uno scenario di una favola antica: totalmente immersivo, ti racconta delle storie e ti porta in realtà remote che noi ormai immaginiamo esistano soltanto nelle favole.

I colori dell'insegna e del logo (una bella R decorata di rampicanti) sono bordeaux e color crema e, a mio avviso, mai fu fatta una scelta più felice e adatta alla situazione.
L'immagine che questa palette ha evocato nella mia testa era perfettamente in linea con il mood che auspicavo di ricreare: una bella principessa, in un abito di velluto bordeaux, che legge le favole su un vecchio tomo dalle pagine spesse e leggermente ingiallite, in uno scenario romantico come un bel pergolato immerso nel verde.

Perché noi donne, quando facciamo shopping e arrediamo casa, vogliamo sentirci un po' tutte principesse: circondate di belle cose, in una casa altrettanto bella, che è il nostro regno.

Così ho voluto riprodurre questo concetto anche nel sito web: un font calligrafico, fiori e foglie sparse qua e là, testi dal tono di voce sognante e confidenziale (con qualche punta di spontaneità, come l'anima di Elena).

Ho curato con particolare attenzione la pagina della loro storia, perché secondo me è importante raccontarsi a dovere, quando "ci si mette la faccia". Inoltre, era troppo bella per non essere valorizzata in ogni minimo dettaglio!

Abbiamo lavorato anche sulla sua presenza social, in particolare per Instagram: lei ha voluto che le insegnassi a gestirsi da sola il profilo, così ho creato un piano editoriale e l'ho seguita passo passo nella pubblicazione, dal creare le storie, a scegliere le inquadrature per le foto, fino a riformulare le didascalie affinché attirassero meglio l'attenzione del suo pubblico.

E' stato davvero un piacere lavorare con lei ed è nata una splendida amicizia, ma il vero valore aggiunto è che mi sono appassionata ad un mondo che non conoscevo (e quando comprerò casa, le chiederò sicuramente aiuto per arredarla); e poi Elena è un po' una nerd, anche se non tecnologica quanto me.
Abbiamo una visione del mondo e della società molto simili, ci piacciono le stesse cose e lo stesso genere di persone, condividiamo lo stesso spirito imprenditoriale e una profonda passione per la musica.

Non potevo chiedere di meglio.

Grazie Elena di esserti affidata a me 💖

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Ma sto mindset, che è? Si mangia?

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Partiamo subito dalla definizione di mindset.

Tradotto letteralmente con "mentalità", è l'approccio mentale che utilizziamo per affrontare determinate situazioni e/o per raggiungere i nostri obiettivi.
Ma attenzione, perché non si parla di banalità generalizzate, quali ottimismo - pessimismo o di concetti astratti. Si parla di scelte consapevoli e provvedimenti attivi, di autoanalisi e di strategia d'azione, che funzionano non solo in ambito lavorativo ma anche personale.
Avere un mindset significa porsi uno scopo, tracciare un percorso ben definito per raggiungerlo e identificare tutte quelle azioni e pensieri che possono aiutarci lungo la strada.

Quindi diciamo che, se si vuole avere successo, avere un mindset ci aiuta.  Ma cosa significa all'atto pratico?

Ecco le qualità per un mindset efficace che, secondo me, CHIUNQUE dovrebbe avere / sviluppare nel tempo:

🐣 Elasticità: essere pronti a cambiare rotta, sempre. La vita è un costante fare e disfare di piani e programmi, per chiunque. Cambiano i trend, cambiano le esigenze dei clienti (che impattano su di te sia in qualità di imprenditore che di dipendente), cambiano le mode e così bisogna adattarsi, "cavalcando l'onda"

Creatività: coltivare la propria creatività è una dote versatile e che ci tornerà sempre utile; nel caso del freelance, è importante distinguersi dalla massa delineando un brand cucito sulla propria persona, creando prodotti innovativi o approcci nuovi per prodotti già esistenti - l'importante è individuare la propria unicità

🐣 Crescita costante: no alla staticità. Cerca sempre l'arricchimento e il miglioramento e poniti il problema del "cosa farò tra 10 anni?"

🐣 Accettazione delle proprie vulnerabilità: pieni di risorse sì, infallibili mai (e se non te ne accorgi subito, te ne accorgerai alla prima facciata)

🐣 Irriducibilità: ci saranno le giornate no, i fallimenti, i clienti difficili, ma mantieni sempre l'ottimismo e la testa alta. Le difficoltà ti sembreranno più piccole e le soluzioni si presenteranno con più facilità

🐣 Pianificazione: non si può "navigare a vista", ma bisogna programmare i passi da fare, quando farli, perché farli - per esempio, se sei un freelance e non sai cos'è un business plan, devi fartene uno.

Perciò oggi si parla tanto di essere e non di fare: si parte alla ricerca delle risorse dentro di noi, dell'energia e la motivazione che ci alimentano, trovando un modo per dissipare tutte quelle negatività che ci possono far affondare.

Se guardi bene questa lista, è un tipo di mindset che può esserti utile in ogni situazione e tipo di relazione. Non ho mai visto una persona flessibile, umile, intraprendente e organizzata fallire nei suoi obiettivi.

Qualche strumento per un mindset di successo

🐣 Percorsi di coaching: ce ne sono di tutti i tipi e per tutti i gusti. Io ho scelto un percorso personale con Giada Carta e un percorso professionale con Giada Centofanti (sì, finisco sempre con qualche Giada, non so perché!);

🐣 Mood calendar: ti aiuta a tenere traccia delle tue emozioni e del tuo livello di energia, identificando i momenti di difficoltà e gli eventi che ti condizionano - se non sai dov'è il problema, come fai a correggerlo? Ne ho già parlato in questo articolo, ma su Pinterest puoi trovare un sacco di spunti;

🐣 Le routine: se te lo dice la persona meno abitudinaria che tu possa mai incontrare, puoi crederci. Creare delle abitudini ricorrenti nella propria vita migliora l'autodisciplina e la costanza;

🐣 Datti delle scadenze e tieni traccia dei progressi, con un diario o un calendario - io uso il blog come diario, ma mi piace anche fare art journaling (che non è altro che il "mese in istanti" del percorso Fatti chiocciare) per annotarmi i successi, le lezioni che ho imparato (perché i fallimenti non segnano, insegnano!), le emozioni che ho affrontato, frasi che mi hanno colpito e pensieri per i progetti futuri;

🐣 Newsletter di persone che ci ispirano: oltre alle coach che ti ho già citato (che hanno anche una newsletter), ti consiglio Guido e Myscottage;

🐣 Sistema di premi: se raggiungi un obiettivo, anche piccolo, gratificati! Ti aiuterà a motivarti a raggiungerne altri, magari più grandi e ambiziosi.

Questo è ciò che ho imparato finora e tutto quello che ho attuato per migliorare il mio mindset.

E tu, come lavori sul tuo mindset?

Fammelo sapere con un commento oppure scrivimi - se poi hai qualche suggerimento su qualche innovativo sistema di gratificazione che non comprenda il cibo, sono tutta orecchie!

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Il mestiere del copywriter freelance, ma anche SEO, ma anche… [Capitolo 7°]

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 "Che lavoro fai?"

"La copywriter"

*compare espressione nebbiosa sulla faccia dell'interlocutore*

"Che? Quella roba sui diritti d'autore?"

"No, è quella roba che io scrivo cose su un prodotto o servizio e la gente lo compra perché gli ho fatto capire che è buono e ne ha bisogno."

Questa dialogo riassume un po' tutti i dialoghi che ho avuto finora con chiunque, in cui ho tentato (non sempre con grande successo) di dare una descrizione comprensibile e realistica del mio mestiere. Ma quella definizione credo sia fin troppo semplicistica.

In questi anni di studi, ecco le info che ho raccolto sul mestiere.

Cosa credo sia un copywriter

Cosa penso NON debba essere un copy

Chi ha influenzato la mia scelta - i professionisti del settore

Una delle primissime cose che ho fatto, quando ho cominciato a cercare informazioni sul mestiere del copywriter, è stato cercare degli articoli di chi fa questo lavoro "da un po'".

Pennamontata - Agenzia di copywriting e scuola di formazione per copy. 

Fra le qualità che secondo loro un copy dovrebbe avere, la frase di Flaiano che Valentina Falcinelli ha citato nel suo articolo è quella che mi è piaciuta di più: "Ha i piedi ben poggiati sulle nuvole". Perché il copy ha un obiettivo ben concreto: promuove dei brand fatti di persone reali, che parlano ad altre persone altrettanto reali. Ma, nel contempo, non deve farsi ingabbiare dalla concretezza e dagli schemi triti e ritriti.
I miei studi hanno preso una direzione diversa in seguito ma, se dovessi mai scegliere di fare un master di approfondimento, il corso Copy42 di Pennamontata è quello che mi ispira di più sul mercato attuale.

Luca Bartoli

Alla domanda "come si diventa copywriter", Luca risponde così (qui il post completo):

"La prima cosa che mi viene in mente è sempre “Non te lo so assolutamente dire; ma tu non lo dire al mio direttore creativo”, ma evito di essere così sincero. Non è per ricevere una risposta da simpaticone, per quanto onesto, che hanno preso il coraggio di scrivere a uno sconosciuto. Così il più delle volte, dopo aver premesso che mi sento un fortunato e che temo che la cosa oggi sia ancora meno facile, racconto come ho fatto a “entrare in agenzia” e come sono riuscito, dopo alcuni anni e varie agenzie, ad arrivare a uno stipendio decente. Perché la mia personalissima definizione di copywriter è “chi si guadagna da vivere scrivendo per la pubblicità” e nei primi tempi con quello che guadagna un copywriter non ci vivi. Per essere onesti, all’inizio inizio, non ci paghi neppure l’affitto.

Opinabile o no che sia, dà sicuramente un'idea su quali possano essere le aspettative su tale mestiere ed è, secondo me, il motivo per il quale tanti copy fanno anche un corso di grafica o si specializzano nella SEO o in altri campi ancora.

Elisa Pasqualetto

"Ebbene sì, caro il mio aspirante copywriter, la strada è tutta in salita e ce la devi fare da solo. La professione del copy non ha un corso di laurea apposito da seguire, non ha delle regole ben precise e nemmeno un iter definito, a dirtela tutta, purtroppo, in Italia non è ancora del tutto riconosciuta come una vera e propria professione."

Niente di più vero: prima di fare ricerca su Google, io stessa non sapevo che scrivere contenuti pubblicitari  / informativi / persuasivi fosse una professione con un nome tutto suo.

Qui Elisa racconta la sua esperienza nel percorso per diventare copywriter: https://elisapasqualetto.it/come-diventare-copywriter-la-mia-esperienza/

Anna Maria Testa

"Scrivere come copywriter mi ha insegnato a non trascurare tutto quanto sta attorno alla scrittura e ne determina il senso: paratesti e contesti. E mi ha aiutato a capire come, cambiando registri, avrei potuto decentemente scrivere tutto il resto. Si tratta, credo, del regalo più grande di questo mestiere."

Questo mi ha fatto capire come, più che uno che scrive bene, il copywriter sia uno che legge le persone e veicola le emozioni. Un po' come lo psicologo.

Quando ho letto il suo articolo, mi è venuto subito da sorridere perché ha scelto lo stesso tipo di incipit che ho scelto io per questo post: un breve dialogo fra lei e sua mamma. https://www.nuovoeutile.it/pdf/Il_mestiere_di_copywriter.pdf

Balenalab

"In pratica creo l’identità del brand studiando il nome e il payoff, scelgo le parole giuste per raccontarlo, do voce ai suoi messaggi (nel vero senso della parola, con la mia voce) ma a monte, sempre, mi occupo di una cosa tanto invisibile quanto necessaria: trovare un concept che gli calzi a pennello. Faccio riflettere i miei clienti sul loro business per studiare buone idee che li aiutino a riconoscersi e a farsi conoscere."

Estratto del seguente post: https://www.balenalab.com/il-lavoro-invisibile-del-copywriter-trovare-il-concept/ 

E come ho già detto sopra, il copy legge le persone. Ma non solo: ne prende l'essenza e la presenta al mondo, col vestito migliore che è riuscito a trovare.

Sono partita come copy, ma alla fine mi sono fatta distrarre

Al giorno d'oggi non esistono solo i professionisti specializzati in un unico campo, ma molti hanno esteso le loro competenze in settori analoghi e/o complementari.
Così, nella mia ricerca sul web, mi sono imbattuta in altre professioni che mi hanno attirata: la consulente SEO, per la propensione all'analisi di dati e tabelle per la competitività intrinseca; il web design perché, nel creare il mio blog e i siti per i miei clienti, mi sono divertita un sacco a giocare con l'interfaccia di WordPress; il SMM (Social Media Manager), che in fondo fa anche un po' da copy quando scrive le didascalie delle immagini che condivide sui profili social.

Se ti interessa approfondire uno di questi mestieri in particolare, fammelo sapere con un commento (nel frattempo, puoi dare una sbirciata all'articolo sulle professioni digitali).

Mi piace scrivere, ma…

Scrivere è una di quelle cose che mi capita di fare abbastanza bene, ma che non risuona esattamente in tutte le mie corde e che riesco a fare solo quando sono in eccellenti condizioni psico-fisiche: se ho qualche malessere fisico, se ho dormito male o se sono di cattivo umore, mi è difficile entrare nel flusso creativo.

Questo è un aspetto fondamentale del lavoro da freelance: da dipendente si pensa di potersi permettere con meno sensi di colpa di stare male, perché i soldi ti arrivano lo stesso, sia che tu sia rimasto a casa sia che tu sia andato a lavorare non esattamente al 100% delle tue energie.

Ma dire che da freelance se non lavori non vieni pagato, dà una percezione sbagliata su questo tipo di lavoro. Lavorare in proprio non vuol dire che devi stare sempre bene, ad ogni costo: se fai i tuoi prezzi sulla base del valore di ciò che offri e non un tot €/l'ora, hai più possibilità di gestire in maniera elastica il tuo tempo e gli incidenti di percorso.

Se invece il tuo compenso è stabilito su una paga oraria, tale importo deve tenere conto degli imprevisti.

E' questo uno dei motivi per cui un libero professionista si fa pagare "all'ora" ben più di un dipendente: i fattori di rischio sono più alti e di diversa natura. E no, non parlo del falso senso di sicurezza del dipendente che "tanto lo stipendio entra sempre, se sei freelance oggi mangi ma domani non lo sai". Ma di questo mito del lavoro dipendente ne parlerò un'altra volta.

Detto ciò, da quando lavoro come freelance mi sono concessa molte più mezze giornate di riposo di quanto facessi da dipendente (perché mi sentivo sempre in colpa a mettermi in mutua e non c'era febbre da cavallo che tenesse).

Ma bando alle ciance!

Copywriter del web, cosa ne pensate? La mia visione di questa professione è troppo idilliaca? Ditemi la vostra, si accettano anche insulti!

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Ma dove vai, se una missione di vita non ce l'hai?

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La mission è un concetto di cui sentiamo parlare nel mondo imprenditoriale e nel marketing.

Anche se non sei un imprenditore, fermati un attimo a leggere perché, la missione, dovremmo averla tutti.

Wikipedia dice:

"La missione (o scopo o dichiarazione di intenti) di un'organizzazione o impresa, è il suo scopo ultimo, la giustificazione stessa della sua esistenza e al tempo stesso ciò che la contraddistingue da tutte le altre."

Nella missione troverai le caratteristiche principali dei prodotti o servizi e lo scopo ultimo per i quali vengono offerti.

Quella di IKEA, per esempio, mi piace molto:

"La nostra idea di business vuole offrire un'ampia gamma di prodotti di arredamento per la casa, funzionali e con un bel design, a prezzi molto bassi affinché più persone possibili possano permetterseli".

Questa frase mette subito i paletti fra chi vuole servire e chi no: IKEA aiuta le persone che non hanno grandi disponibilità economiche a creare un ambiente di casa accogliente. Semplice, diretto. Efficace.

Serve ad attirare i clienti giusti, che hanno davvero bisogno dei loro prodotti.

Essere specifici aiuta anche nella vita, non solo nel lavoro

Se tutto ciò che fai persegue la tua missione, la ragione per la quale ti svegli la mattina, tutto quello che ti accade sarà in virtù di quella missione. E no, non sto parlando di legge dell'attrazione (che è potenzialmente una grandissima stronzata): ma se abbiamo ben a mente qual è il nostro obiettivo, tenderemo ad avvicinarci alle cose che si identificano con i nostri valori e, in un certo senso, attireremo davvero le persone giuste e le situazioni giuste.

Qual è la tua missione di vita?

Non dobbiamo essere tutti Maria Teresa di Calcutta, ovvio. Non tutti dobbiamo o possiamo salvare il mondo.
Che poi, che vuol dire salvare il mondo?
Quello che invece vale un po' per tutti, è che avere uno scopo ci fa sentire utili per le persone a cui teniamo.

Va bene avere una missione, ma quali mezzi usi per arrivarci?

Bellissimo parlare di massimi sistemi e di nobili cause ma, se vogliamo davvero contribuire a rendere questa società più funzionale, dovremo fissare degli obiettivi misurabili e cercare dei modi per ottenerli.

Ad esempio, io voglio aiutare quelle persone che rispettano l'ambiente e le "differenze" di qualunque natura, e scelgo ogni giorno di interagire e creare opportunità per questa fetta di popolazione che, secondo la mia modestissima opinione, è sana.

Per questo motivo, ho due missioni: una personale e una aziendale.

La mia missione personale è:

Aiutare le persone a raggiungere una carriera soddisfacente, evitando che altre persone passino anni o decenni senza sapere cosa fare della propria vita, come è successo a me, attraverso la condivisione delle mie esperienze e degli strumenti che ho acquisito.

La mia missione aziendale è:

Aiutare liberi professionisti e piccole attività a promuovere i loro prodotti artigianali, artistici e "frutto del loro ingegno", per diffondere il loro messaggio di bellezza e unicità in tutto il mondo, attraverso il web marketing.

Noti qualche punto di contatto tra le due? 🙂

Qual è il tuo fine ultimo?

Se senti di non avere un obiettivo da perseguire, chiediti cosa ti piace di questo mondo, chi sono le persone che stimi e quali cose invece ti fanno arrabbiare e vuoi combattere.

Non confondere però la missione con la visione: va bene immaginare cosa sarai nel futuro e metterlo a fuoco è altrettanto importante, ma la missione parla del presente e di quello che puoi fare oggi. E su questo argomento, ti consiglio vivamente di leggere questo articolo di Giulia, aka Nemawashi Studio.

Ciò di cui sono convinta e che mi aiuta a non buttarmi giù è che se sono armata di buone intenzioni, se sono costante, raggiungerò i miei obiettivi. L'importante è fare e non stare fermi, aspettando che arrivi qualcuno a indicarci la via.

E se non aspiri a fare carriera ma ad essere una mamma (o un mammo) a tempo pieno, va benissimo!

Ma non è obbligatorio scegliere: perché non posso essere una buona madre e avere una carriera soddisfacente?

Basta accettare di essere imperfetti (e chi non lo è?): puoi chiuderti in bagno per piangere perché i tuoi figli ti fanno esasperare, fare una riunione su Skype in camicia elegante e pantaloni da ginnastica ed essere comunque una professionista affermata e di successo.
E' più difficile, forse ti richiederà più tempo di chi figli non ne ha, ma non è impossibile.
A chi ti dice che non ce la puoi fare, spediscilo per direttissima.

A proposito di missioni e di vita da mamme/imprenditrici, mi piace tantissimo quel che dice Dana Malstaff, fondatrice di Boss Mom (letteralmente tradotto in "Mamma Boss"):

"Boss Mom non è solo avere l'accoppiata carriera - figli, è accettare la complessità delle nostre vite senza sentirsi in colpa sul voler essere non solo dei genitori fantastici, ma anche dei grandi leader e imprenditori.

Boss Mom è unire le nostre forze e aiutarci a elevarci, a diventare chi vogliamo essere e raggiungere qualunque cosa riusciamo a sognare.

Boss Mom vuole creare uno spazio libero da pregiudizi, dove possiamo piangere un minuto prima e venir fuori con un'idea brillante un attimo dopo."

E se questo non è "far rete", non so cosa sia. Ma abbiamo sicuramente bisogno di molte più Dana, soprattutto in Italia.

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Ho lasciato il mio lavoro a tempo indeterminato [Capitolo 6°]

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Dopo tanta attesa, il giorno delle dimissioni è finalmente arrivato. E molto più presto di quanto avessi previsto!

Il mio stato mentale nelle ultime settimane da dipendente era come quello di un sub in piena immersione, che guarda verso il mare aperto: i suoni sono ovattati e dilatati, tutto andava a rallentatore intorno a me.

E io lì, quasi sopraffatta, fra la contemplazione e il fermento.

Poi, l'arrivo dell'ultimissimo giorno: il primissimo momento in cui ho realizzato che stava succedendo davvero è stato non appena sono entrata in macchina, dopo aver salutato i colleghi. Sono scoppiata a piangere e ridevo, contemporaneamente, dicendomi: "L'ho fatto, l'ho fatto davvero".

Da lì, è seguito uno stranissimo stato di…neutralità. Non saprei come chiamarlo diversamente.

Quando mi ritrovo in situazioni nuove e potenzialmente spaventose, il mio inconscio fa un giochetto tanto utile quanto pericoloso: si spegne.
Tendente all'apatico, faccio le cose che devo fare ma osservo la vita che scorre come se fossi una spettatrice e nulla più, con qualche sprazzo di lucidità qua e là, in cui la realtà e le emozioni che avevo lasciato fuori mi investono tutte insieme, lasciandomi sopraffatta e nel panico più totale.

Insicurezza, perché non vai a farti un giro?

In questo specifico caso, stavo cercando di lasciar fuori tutti i dubbi e le insicurezze: e se non riesco a ingranare con la nuova attività? E se non sono capace di auto-gestirmi? E se non riesco a raggiungere gli obiettivi che mi sono prefissata?
Quanto volte ho procrastinato, quante volte ho cominciato un percorso e l'ho lasciato a metà?

Perché questa volta dovrebbe essere diverso?

Per me è molto difficile intraprendere nuovi progetti, perché difficilmente li porto a termine. Mi annoio facilmente, velocemente e parto quasi sempre dal presupposto che non riuscirò a combinare nulla di serio.

Non mi sono mai perdonata di aver abbandonato due facoltà, di non essermi diplomata in conservatorio, e ci penso sempre cento volte prima di lanciarmi in qualcosa di nuovo.

Beh, questa volta è molto diverso: negli ultimi due anni ho portato avanti questo progetto con la stessa determinazione con cui ho cantato lirica per quasi 13 anni, l'unica passione che ho coltivato con costanza. Con testardaggine, entusiasmo e fame.

Fame di sapere, fame di capire, di fare di più e meglio.

Diventare una freelance non è un progetto come tanti altri, perché mi ha già insegnato tanto: che non serve per forza una laurea, per realizzarsi professionalmente; che se proprio ci tengo a laurearmi, che sia qualcosa che mi piace davvero e non che "mi assicura un posto di lavoro"; che non devo avere fretta di raggiungere la vetta, ma che devo concentrarmi sul prossimo passo davanti a me e godermi il panorama; che i cambiamenti sono inevitabili, se si vuole crescere e diventare persone più funzionali.

Sono molto fiera della persona che sto diventando e che sto coltivando giorno per giorno; sono fiera di rimanere fedele ai miei ideali e non tornerei mai indietro, inseguendo una vita insipida, prescritta dalle convenzioni sociali e dalle scelte che qualcun altro ha fatto per me.

Sono orgogliosa del coraggio che ho tirato fuori nell'affrontare questi cambiamenti radicali. Ho scoperto che i cambiamenti non solo non mi fanno paura, ma mi piacciono pure!

Non so quale sia il modo migliore per affrontarli, né di quale sia la formula magica per attuarli. Quello che però mi sento di dire è che ognuno li vive in modo diverso e che non dobbiamo ricalcare il percorso che fanno gli altri, ma crearne uno nuovo che parla di noi e della nostra esperienza di vita, che non potrà mai essere identica a quella di qualcun altro.

Che confrontarsi va bene per formarsi un'opinione, ma non per segnare dei punteggi.

Perché sì, la vita è una competizione. Ma non c'è un solo vincitore.

E tu, come li affronti i cambiamenti? Cosa faresti al posto mio?
Scrivimelo con un commento qui sotto, sono curiosa come una scimmia!

P.S. La foto che vedi è quella del mio piccolo angolo/studio ❤️

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Dipendente o freelance? [Capitolo 5°]

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Ormai era da un po' di tempo che stavo studiando come copywriter, e cominciavo a sentire l'esigenza di mettermi alla prova. Ma come fare? Qual era il passo successivo più intelligente da compiere? Farmi assumere da qualcuno o lanciarmi direttamente come libera professionista?

Essere o non essere (dipendenti), questo è il problema

Da una parte ero stufa di fare la vita della dipendente. Ero stufa di dover eseguire degli ordini di cui non comprendevo o condividevo le motivazioni, ero stufa di avere a che fare con tanti clienti maleducati e irrispettosi, ero stufa di tornare a casa con la schiena rotta a causa dei pesi che spostavo tutto il giorno e il formicolìo alle mani per colpa della mannaia; il tutto per uno stipendio che (per me) non era neanche lontanamente sufficiente a compensare lo sforzo a cui mi sottoponevo.

E attenzione, la mia non è pigrizia né tantomeno puzza sotto il naso: quando è stato necessario, sono andata anche a pulire cessi per pochi euro l'ora. Il lavoro duro non mi ha mai spaventata, sono sempre scesa a compromessi quando avevo bisogno di lavorare e sono grata per tutte le esperienze che ho fatto.

E' stata proprio la moltitudine di lavori che ho svolto ad aiutarmi a rendermi conto di quello che non volevo più.

Quando cominci ad assaporare l'idea di passare le tue giornate a fare qualcosa che ti piace, qualcosa che muove le tue corde e che ti fa sentire di essere davvero utile al mondo…inevitabilmente gli standard si alzano, e non ti accontenti più.

Era quello che stava accadendo a me: non mi bastava più percepire uno stipendio sicuro, non mi bastava più lavorare vicino casa o banalmente cercare di essere la migliore dipendente che un capo potesse avere.

Volevo essere orgogliosa del mio operato e fare la differenza nel mio piccolo angolo di mondo. E il mio lavoruccio di addetta alle vendite non mi dava più ciò di cui avevo bisogno.

Dall'altra mi stavo lanciando in un qualcosa di completamente nuovo e al di fuori della mia esperienza professionale, così mi sono chiesta se valesse la pena farsi assumere da qualche agenzia di comunicazione e farmi le ossa facendo la classica gavetta.

E quale metodo migliore di una bella lista dei pro e dei contro, confrontando la via del dipendente con quella del freelance?

Così sono partita dai vantaggi del lavoro dipendente (e del contratto a tempo indeterminato):

  1. Stipendio sicuro: a meno che non si finisca a lavorare per dei poveracci o dei delinquenti (come nel caso di mio marito, ahimè!), essere dipendenti ti dà qualche garanzia in più sul flusso di cassa. Non è una certezza scritta nella pietra, specie se si lavora per realtà piccole, ma in teoria dovrebbe essere un aspetto abbastanza sicuro dell'essere dipendenti.
  2. L'ammontare del tuo stipendio non è in funzione delle tue capacità. A meno che non cominci a fare seri danni alla tua azienda, la tua paga non verrà mai decurtata se lavorerai un po' meno. Magari ti fanno un cazziatone, ma i soldi ti arrivano lo stesso.
  3. Puoi ottenere facilmente un mutuo in banca o un contratto di affitto
  4. Se sei una donna, hai la maternità pagata
  5. Hai i giorni di malattia pagati
  6. Hai le ferie pagate
  7. Non devi cercare clienti, c'è già qualcuno che lo fa per te
  8. Non devi prendere decisioni importanti: c'è già qualcuno che lo fa per te

Poi ho riflettuto sui vantaggi della vita da freelance…

  1. Puoi scegliere un lavoro che ti appassiona (anzi, è quasi d'obbligo!)
  2. Decidi tu numero di ore di lavoro e orari
  3. Decidi tu quando andare in ferie
  4. Il tuo stipendio è direttamente proporzionale alle tue capacità: più sei un bravo imprenditore, più guadagni
  5. Se diventi proprio bravo, puoi persino sceglierti i clienti
  6. Non perdi tempo in trasferte
  7. Se hai una giornata meno produttiva, nessuno ti romperà le scatole (tranne il tuo perfezionismo)
  8. Puoi sceglierti i collaboratori con cui ti piace lavorare

Confrontando il mio impiego da dipendente con la mia attività da freelance digitale, nel mio caso specifico, ci sono dei vantaggi bonus nella libera professione:

  1. Se mi rompo una gamba, posso lavorare lo stesso
  2. Mio marito può aiutarmi molto, perché è lui stesso un freelance e può aiutarmi nel percorso
  3. Non dovrò mai più lavorare una domenica, se non per mia scelta (e finalmente avrò lo stesso giorno di riposo di mio marito)
  4. Non sono legata geograficamente a nessun posto, ma solo ad una connessione Internet decente: se voglio trasferirmi all'estero, nessuno può impedirmelo
  5. Posso lavorare anche in maternità, anche dovessi ritrovarmi allettata
  6. Posso accedere facilmente al mercato estero, laddove la barriera linguistica non è un problema
  7. Posso darmi un po' di più a vanità e non essere più costretta a indossare una divisa. Perciò: capelli sempre in ordine, mani più curate, guardaroba più elegante. So che sembra una scemenza, ma ci vuole anche un po' di frivolezza nella vita! E prendersi cura del proprio aspetto è parte integrante dell'imparare a volersi bene.

Ok, i numeri parlano chiaro: nella mia situazione, ho molti più vantaggi ad essere una freelance che una dipendente.

Ma quello che mi ha fatto decidere, prima ancora di finire la lista (che ogni tanto vado a rileggermi, quando la certezza vacilla e il terrore mi assale), è il come l'ho compilata: ho messo il massimo impegno nel trovare i vantaggi dell'essere una freelance, perché volevo che fossero di più.

Cercavo conferme, quando in realtà avevo già fatto una scelta.

L'idea di rimanere alla mercé di qualcuno, fino alla mia vecchiaia, con la gastrite cronica per i rospi da buttare giù e gli orari sempre diversi (spesso comunicati dal venerdì per il lunedì successivo, al punto da rendermi impossibile di programmarmi la vita senza impazzire), mi uccideva. Sapevo con assoluta certezza che, se non avessi cambiato la mia vita lavorativa, di lì a qualche anno mi sarei ammalata di esaurimento nervoso, se non peggio.

Non è questione di fare il freelance, è questione di essere freelance

Scegliere la libera professione non è l'unica risposta giusta: ognuno dovrebbe vivere in linea con i propri valori e ambizioni, e non sempre essere capi di se stessi è la risposta giusta. Ci vuole un mix di intelligenza, auto-consapevolezza, creatività e intraprendenza. Non è per tutti.

Essere freelance significa, fra le tante altre cose, saper gestire il senso di incertezza permanente: il momento in cui ti "senti al sicuro" non arriva mai.

Per come la vedo io, essere freelance è come fare i funamboli: in perfetto equilibrio si offre uno spettacolo meraviglioso, ma il rischio di cadere e farsi molto male c'è sempre, anche quando sei il miglior equilibrista in circolazione.

Io sono parzialmente un'incosciente, e ho deciso di buttarmici a capofitto.

Se mi farò male, pazienza. Almeno potrò dire di averci provato, senza dover aggiungere una voce alla lista "rimpianti del passato".

Quindi...avanti tutta! 💪

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Come organizzarsi la giornata per non perdere tempo?

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Hai troppe cose da fare, sempre.

A lavoro ti sovraccaricano e ti dicono di non perdere tempo.

I figli hanno sempre bisogno di te.

I genitori pure.

Gli amici ti dicono che non ti fai sentire mai (e anche i genitori non scherzano...)

Il cane ha bisogno di te, il gatto ha bisogno di te.

Le piante sul terrazzo hanno bisogno di te!

E tu sei lì, a farti schiacciare da tutto questo carico di responsabilità e a non avere mai un momento per te.
Anzi, forse sei come me, che te ne dimentichi qualcuna e finisci per sovrapporle, dovendo sistematicamente rinunciare a qualcosa, nella frustrazione più totale.

Magari hai anche qualcuno vicino, amico o parente che sia, che riesce a fare tutto e ti fa sentire ancora più stupido.

Non è più furbo, è solo più organizzato. (Oppure mente, sapendo di mentire, e ha imparato a gestire il suo tempo secoli fa)

Personalmente, se non ho una tabella di marcia, tendo a procrastinare e rimandare.
Perciò ho deciso di cominciare a programmarmi le giornate interamente.

Non parlo di pianificare i grandi progetti, parlo della vita quotidiana: fare la lavatrice e tutte le pulizie di casa, andare a fare la spesa, scrivere un nuovo post per il blog 😉, ecc.

Perché? Perché sono stufa di non avere mai tempo per me. Sono stufa di rincorrere le scadenze e di farmi consumare dall'ansia, sono stufa di dovermi sacrificare.

Come organizzarsi la giornata? Priorità per importanza o per tempo?

Alcune cose sono importanti, ma altre scadono prima: non cadere nella tentazione di concludere ciò che ti preme di più, ma segui il flusso e svolgi i compiti che hanno una precedenza temporale. Il tempo purtroppo non si può riavvolgere!

Perché non riesco a gestire il tempo?

Se non hai mai abbastanza tempo per fare tutto, le motivazioni possono essere tre:

1. Sprechi un sacco di tempo a cercare di capire cosa devi fare come prima cosa e ti fai prendere dal panico

2. Multitasking sfrenato - cominci 5 cose insieme e non ne concludi una.

figaro-uno alla volta, per carità! non perdere tempo, come organizzarsi la giornataSo cosa stai pensando, soprattutto tu, donna: noi donne siamo più brave a fare più cose contemporaneamente. Ti dirò cosa dice la scienza: è vero, noi donne siamo più brave degli uomini nel multitasking. Ma è proprio il cervello umano a non essere adatto a fare tante cose insieme. Quindi una alla volta, per carità!

3. Vuoi fare troppe cose, semplicemente. E qui non so come aiutarti, se non incoraggiandoti a pianificarti le giornate per capire se davvero pretendi troppo da te stesso/a.

Santo Google Calendar, aiutaci tu a non perdere tempo!

La tecnologia ci viene in grande aiuto: Google Calendar, per esempio, dà la possibilità di fissare gli appuntamenti indicandone la durata, con tanto di sveglia, che possiamo decidere di far suonare anticipatamente quando vogliamo (mezz'ora prima, 15 minuti prima, ecc). Può mandare anche una mail di avviso. E' estremamente versatile e per chi, come me, è un patito di penne colorate e quaderni, può trovare un po' di soddisfazione nel dare colori diversi alle varie categorie...

*feticismo per la cancelleria mode on*

Si può anche condividere il proprio calendario!

Io e mio marito abbiamo un calendario in comune per i nostri progetti di lavoro e uno per i lavori di casa, ed è estremamente comodo. Non rischiamo mai di sovrapporre i nostri impegni singoli con quelli in cui siamo entrambi coinvolti.
Unico contro: devi pianificarti una mezz'oretta per riempire il calendario, una volta a settimana.
Ti consiglio di "pianificare la pianificazione" come prima cosa, cosicché da non dimenticartene mai la settimana successiva!

Prima di tutto, le tue ore di relax

C'è una life coach che addirittura suggerisce di pianificare, come prima cosa, le ore di tempo libero: in questo modo dovrai riempire i buchi rimanenti e sarai spinto a fare quelle cose che ti pesano più velocemente, per non dover sacrificare i momenti di libertà.

Ne parla in questo video. E' in inglese. Lo so, fatichi a capire l'inglese, ma dovresti impararlo, sai? Ti apre mille porte (e mille risorse).

Ma io so di doverle fare queste cose, non ho bisogno di metterle in calendario!

Invece sì, ne hai bisogno. A meno che tu non sia una macchina infallibile che non dimentica mai niente, avere tutto pianificato con tanto di sveglia ti semplifica la vita.

Provaci, poi mi saprai dire.

Preparati a cambiare i piani.

Datti delle scadenze, ma sii pronto ad infrangerle!

Non devi fustigarti se non riesci a rispettare una tabella di marcia, ma piuttosto chiediti se quel programma non fosse eccessivamente pieno o rigido.
Oppure ti ritroverai, come me, un sacco di tempo libero extra. 😇

Se non ho la vita piena di cose da fare, perdo tempo in cose inutili

Sai che c'è? Serve anche un po' di frivolezza nella vita. Non puoi passare tutta la tua esistenza facendo solo cose spiacevoli, ti devi anche svagare. E' un diritto sacrosanto.
Anzi, ti dirò di più: pianifica i momenti di svago alternandoli a quelli del dovere: così diventeranno dei veri e propri premi, e ti auto-stimolerai a lavorare di più e meglio per il premio successivo!
Dicesi "rinforzo positivo". Non l'ho inventato io e non funziona solo sugli animali da addestrare.

C'è un intero capitolo su Wikipedia a riguardo.

Allora, cosa aspetti? Non perdere tempo e pianificati la settimana!

Fammi sapere poi com'è andata, magari con un commento qui sotto oppure scrivendo nel gruppo su Facebook.

Buon lavoro e buona settimana!

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