Ma dove vai, se una missione di vita non ce l'hai?

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La mission è un concetto di cui sentiamo parlare nel mondo imprenditoriale e nel marketing.

Anche se non sei un imprenditore, fermati un attimo a leggere perché, la missione, dovremmo averla tutti.

Wikipedia dice:

"La missione (o scopo o dichiarazione di intenti) di un'organizzazione o impresa, è il suo scopo ultimo, la giustificazione stessa della sua esistenza e al tempo stesso ciò che la contraddistingue da tutte le altre."

Nella missione troverai le caratteristiche principali dei prodotti o servizi e lo scopo ultimo per i quali vengono offerti.

Quella di IKEA, per esempio, mi piace molto:

"La nostra idea di business vuole offrire un'ampia gamma di prodotti di arredamento per la casa, funzionali e con un bel design, a prezzi molto bassi affinché più persone possibili possano permetterseli".

Questa frase mette subito i paletti fra chi vuole servire e chi no: IKEA aiuta le persone che non hanno grandi disponibilità economiche a creare un ambiente di casa accogliente. Semplice, diretto. Efficace.

Serve ad attirare i clienti giusti, che hanno davvero bisogno dei loro prodotti.

Essere specifici aiuta anche nella vita, non solo nel lavoro

Se tutto ciò che fai persegue la tua missione, la ragione per la quale ti svegli la mattina, tutto quello che ti accade sarà in virtù di quella missione. E no, non sto parlando di legge dell'attrazione (che è potenzialmente una grandissima stronzata): ma se abbiamo ben a mente qual è il nostro obiettivo, tenderemo ad avvicinarci alle cose che si identificano con i nostri valori e, in un certo senso, attireremo davvero le persone giuste e le situazioni giuste.

Qual è la tua missione di vita?

Non dobbiamo essere tutti Maria Teresa di Calcutta, ovvio. Non tutti dobbiamo o possiamo salvare il mondo.
Che poi, che vuol dire salvare il mondo?
Quello che invece vale un po' per tutti, è che avere uno scopo ci fa sentire utili per le persone a cui teniamo.

Va bene avere una missione, ma quali mezzi usi per arrivarci?

Bellissimo parlare di massimi sistemi e di nobili cause ma, se vogliamo davvero contribuire a rendere questa società più funzionale, dovremo fissare degli obiettivi misurabili e cercare dei modi per ottenerli.

Ad esempio, io voglio aiutare quelle persone che rispettano l'ambiente e le "differenze" di qualunque natura, e scelgo ogni giorno di interagire e creare opportunità per questa fetta di popolazione che, secondo la mia modestissima opinione, è sana.

Per questo motivo, ho due missioni: una personale e una aziendale.

La mia missione personale è:

Aiutare le persone a raggiungere una carriera soddisfacente, evitando che altre persone passino anni o decenni senza sapere cosa fare della propria vita, come è successo a me, attraverso la condivisione delle mie esperienze e degli strumenti che ho acquisito.

La mia missione aziendale è:

Aiutare liberi professionisti e piccole attività a promuovere i loro prodotti artigianali, artistici e "frutto del loro ingegno", per diffondere il loro messaggio di bellezza e unicità in tutto il mondo, attraverso il web marketing.

Noti qualche punto di contatto tra le due? 🙂

Qual è il tuo fine ultimo?

Se senti di non avere un obiettivo da perseguire, chiediti cosa ti piace di questo mondo, chi sono le persone che stimi e quali cose invece ti fanno arrabbiare e vuoi combattere.

Non confondere però la missione con la visione: va bene immaginare cosa sarai nel futuro e metterlo a fuoco è altrettanto importante, ma la missione parla del presente e di quello che puoi fare oggi. E su questo argomento, ti consiglio vivamente di leggere questo articolo di Giulia, aka Nemawashi Studio.

Ciò di cui sono convinta e che mi aiuta a non buttarmi giù è che se sono armata di buone intenzioni, se sono costante, raggiungerò i miei obiettivi. L'importante è fare e non stare fermi, aspettando che arrivi qualcuno a indicarci la via.

E se non aspiri a fare carriera ma ad essere una mamma (o un mammo) a tempo pieno, va benissimo!

Ma non è obbligatorio scegliere: perché non posso essere una buona madre e avere una carriera soddisfacente?

Basta accettare di essere imperfetti (e chi non lo è?): puoi chiuderti in bagno per piangere perché i tuoi figli ti fanno esasperare, fare una riunione su Skype in camicia elegante e pantaloni da ginnastica ed essere comunque una professionista affermata e di successo.
E' più difficile, forse ti richiederà più tempo di chi figli non ne ha, ma non è impossibile.
A chi ti dice che non ce la puoi fare, spediscilo per direttissima.

A proposito di missioni e di vita da mamme/imprenditrici, mi piace tantissimo quel che dice Dana Malstaff, fondatrice di Boss Mom (letteralmente tradotto in "Mamma Boss"):

"Boss Mom non è solo avere l'accoppiata carriera - figli, è accettare la complessità delle nostre vite senza sentirsi in colpa sul voler essere non solo dei genitori fantastici, ma anche dei grandi leader e imprenditori.

Boss Mom è unire le nostre forze e aiutarci a elevarci, a diventare chi vogliamo essere e raggiungere qualunque cosa riusciamo a sognare.

Boss Mom vuole creare uno spazio libero da pregiudizi, dove possiamo piangere un minuto prima e venir fuori con un'idea brillante un attimo dopo."

E se questo non è "far rete", non so cosa sia. Ma abbiamo sicuramente bisogno di molte più Dana, soprattutto in Italia.

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Di lavoratori infelici, di moralità e di retaggi culturali

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Sei vegano e fai il macellaio.
Oppure odi la speculazione e sei un broker.
O peggio, odi i call center che ti chiamano a tutte le ore ma fai il centralinista.
Il tuo capo vuole che vivi per il tuo lavoro, mentre tu lavori per vivere.
Ti piace il lavoro che fai, ma il sistema di cui fai parte non ti fa sentire apprezzato e rispettato.

Detto che spesso cambiare le condizioni del nostro ambiente di lavoro è qualcosa che va ben al di là della nostra area di controllo (specie se sei un dipendente), ci sono compromessi che ci troviamo costretti ad accettare, altri che proprio non ci vanno giù.

Pensiamo di poter far finta di niente, di vivere nella negazione o di buttare giù i rospi per un bene più grande (che si chiama stipendio). Ci insegnano che "il lavoro perfetto non esiste", ci convinciamo di essere noi quelli esigenti o inaccontentabili e andiamo avanti così, con una latente insoddisfazione che ci perseguita.

Ma cosa succede, a lungo termine, quando non rispettiamo i nostri valori?

Perdiamo la nostra identità. Finiamo per essere quello che gli altri si aspettano, quello che gli altri pretendono, quello che la società ritiene "giusto".

C'è un sacco di gente in piena crisi a 30, 40 o 50 anni perché la loro carriera non li soddisfa, perché si sentono chiusi in una morsa dalla quale non sanno come uscire.

Poi vedi i ventenni in crisi, e capisci che c'è qualcosa di profondamente sbagliato nel sistema.
Perché com'è possibile che un ventenne, che della vita deve ancora vedere tutto, parta già da meno di zero in termini di prospettive future?

Eppure ad oggi esistono alternative validissime alla realtà lavorativa post-industriale di cui ci parlano le generazioni passate.

Escluse le professioni protette (architetti, medici, avvocati, notai) non è più obbligatorio lo schema Scuola ⇨ Stage ⇨ Lavoro.

Se hai abbastanza intraprendenza per interagire con le aziende con cui vorresti lavorare (ci sono tanti modi per attirare la loro attenzione, non solo il cv!), se guardi cosa fanno gli altri e ne trai spunto (per creare nuovi prodotti o servizi o reinventarne di già esistenti) riuscirai a cavartela egregiamente a livello economico - perché alla fine è quello che ci preme, il vil denaro. Mica si vive d'aria.

Esistono professioni altamente qualificate che non richiedono una laurea e non hanno limiti d'età. Ci sono professioni nate nell'ultimo decennio, altre ne nasceranno ancora.

Eppure vedo così tanta gente piangersi addosso e incolpare il sistema, quando questo maledetto sistema ha preso il largo già da un po', perché non ha più ragion d'essere.

Cosa odiavo del mio vecchio lavoro

C'erano tante cose che non mi andavano giù: la mancanza di meritocrazia, la disorganizzazione, il vedere sistematicamente maialini e agnelli morti (nell'ultimo periodo ho fatto anche la macellaia) che magari non venivano nemmeno acquistati, cosicché erano morti invano. Eppure non sono vegana, anzi: non sono contraria al consumo di carne. Ma quello che ogni giorno ho cominciato ad accettare sempre meno era l'idea che quegli animali non avevano sicuramente avuto una vita, seppur breve, dignitosa e, secondo me, è giusto che ci sia dignità anche nella vita di un animale che è destinato a essere mangiato.

Perciò ho cominciato a consumare carne proveniente da allevamenti all'aperto e a mangiarne molto meno. Insomma, cerco di fare la mia parte per non arricchire gli allevamenti intensivi, per quanto mi sia possibile.

Ma sto divagando.

Il punto è che tutto questo non mi bastava, ma non potevo permettermi di mollare tutto e tornare all'università. E a studiare cosa, poi?

Se non sai qual è il punto di arrivo, che senso ha prendersi una laurea, una qualunque?

Se mi fossi dovuta basare sulle mie passioni, avrei potuto laurearmi in lingue come in matematica come in psicologia.
Non è un parametro che può funzionare, perché studiare è una cosa, fare lo stesso lavoro tutta la vita (o per un bel po') è tutta un'altra storia.

Perciò sono partita dalla meta, con una semplice domanda: "Cosa voglio fare per la maggior parte della mia vita, per il resto dei miei giorni?"

Se ti interessa sapere come ho trovato la risposta, trovi il racconto in questo post.

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Il tuo capo è uno stronzo? Destronziamolo!

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Che tipo di stronzo è il tuo capo?

Dovuta premessa: nel corso degli anni ho svolto mille lavori e incontrato diversi tipi di capo sulla mia strada, fino a stilare una lista ben nutrita di personalità, tutte diverse tra loro.

E ho avuto ben più di un capo stronzo, ognuno insopportabile nella sua unicità.

Ma solo di recente ho imparato la lezione più importante di tutte…

Non provare a cambiare lui, cambia il tuo comportamento.

Dando per scontato che non hai la capacità di entrare nella testa del tuo datore di lavoro, resettarlo alle impostazioni di fabbrica e fargli fare quello che vuoi tu, non puoi aspettarti che cambi atteggiamento dall'oggi al domani senza i dovuti stimoli.

E' la tua reazione a lui/lei che puoi modificare, perché è l'unica cosa che rientra nel tuo campo di controllo.

Concentrati su quello che TU PUOI FARE e non su quello che il capo DOVREBBE FARE

Se ci riuscirai, succederanno due cose meravigliose:

Hai idea di come cambierebbe la tua vita lavorativa se imparassi a gestire il tuo capo, anche fosse il peggiore degli stronzi?

🐣 Ti sentirai più sereno perché saprai di aver fatto tutto ciò che era in tuo potere per migliorare la situazione. Cosa c'è di più bello di una coscienza pulita?

🐣 Il capo cambierà atteggiamento. Lo so, sembra una contraddizione: ti ho appena detto che non puoi modificare i comportamenti del capo, e ora ti sto dicendo che lui lo farà. Ma c'è una sostanziale differenza: cambierà non perché glielo avrai chiesto, ma perché si dovrà adeguare al tuo nuovo atteggiamento.

E ora, vediamo che capo stronzo ti ha propinato il destino!

Dimmi che capo stronzo hai, e ti dirò chi sei (per lui)

Vi è mai capitato di avere un capo che si lamenta di qualunque cosa, anche la più insignificante, ed è costantemente sull'orlo di una crisi di nervi?

Io sì, ed era un po' come vedere un incidente stradale: da una parte non vorresti guardare, dall'altra non riesci a distogliere lo sguardo. E ti fai assalire dall'inquietudine.

L'uomo ansia: quando il capo causa malessere agli altri ma soprattutto a se stesso

Tendente al passivo-aggressivo, si nutre di lamentele improduttive e preoccupazioni esagerate; si concentra sull'amplificare i problemi e non sulla ricerca di soluzioni, ma allo stesso tempo sente l'urgenza di risolvere le cose il più velocemente possibile. E' intrappolato in un ciclo deleterio senza fine, dal quale nessuno (forse) può salvarlo.
E ha la faccia di uno sulla soglia dell'attacco di cuore.il tuo capo è uno stronzo che ti rifila tutte le colpe?

Come gestirlo?

Va rassicurato. Quando si lamenta, in realtà è in pieno attacco di panico. Lo sfogo in corso potrebbe non riguardarti affatto; perciò non prendere nulla sul personale di quello che ti dice. Non fare tua la sua frustrazione.

Se ti senti il buon samaritano puoi cercare di fargli delle domande per capire la radice del problema, e magari sdrammatizzare per tranquillizzarlo.

Se non funziona, perché è in piena crisi isterica, GIRA I TACCHI.

Inventati una scusa e allontanati fisicamente, lascialo sbollire. Per vincere una guerra non devi vincere ogni singola battaglia.

Il Superman: lui fa tutto meglio di tutti e tutti gli altri sono coglioni.

il capo che si sente superman: meglio di lui non lavora nessunoPersonalità spesso narcisista, tende a fare il piacione e a manipolare l'interlocutore. E' assolutamente incapace di delegare e, quando lo fa, non è mai soddisfatto del risultato - probabilmente non si è nemmeno adoperato a spiegare come voleva che il risultato fosse, ma tant'è…

Parla sempre male degli assenti, quindi è probabile che lo faccia anche con te, non appena giri l'angolo. Gli piace creare coalizioni e creare un'illusione di complicità, cosicché i dipendenti facciano la spia su altri colleghi e che lui risulti l'unica figura di riferimento.

Quando si tratta della sua carriera, è disposto a fare qualunque bassezza pur di ottenere ciò che vuole, anche prevaricando il prossimo.

Come gestirlo?

Se vuoi prendere un'iniziativa, falla passare come fosse una sua idea.

Invece di:"Posso spostare questa scatola più in là?"

Riformula con un bel:"Non volevi spostare questa scatola più in là?"

Se ti parla male di qualcuno, tenta di cambiare velocemente argomento o di allontanarti come una scusa. Sì lo so, sono una fan del girare i tacchi. Ma litigare è una dispersione di tempo ed energie che credimi, nessuno dovrebbe permettersi.

Se invece hai deciso di fare carriera, assecondalo e dagli ragione, sempre.

Puoi sempre tirargli macumbe alle spalle, come fanno in tanti (incredibilmente triste e improduttivo).

Quello che fa battute inappropriate

quando il superiore oltre a essere stronzo, è pure molesto...Ora, a me è capitato di fare battute a sfondo sessuale sul posto di lavoro, ma con persone selezionate e senza alcun secondo fine, da entrambe le parti.

Ci sono alcuni capi che, invece, non capiscono quando è il momento di fare "la battutaccia" e quando è il caso di tacere.

Come gestirlo?

La risposta verbale può variare a seconda di chi si ha davanti, ma l'esito finale è che giri i tacchi e vai ad orbitare lontano (sì lo so, tanto per cambiare...).

Se allunga le mani, non è fare una battuta scherzosa. E' una molestia e va denunciato, senza esitare.

Nessuno si deve mai e poi mai permettersi una confidenza simile sul posto di lavoro, per nessuna ragione, in nessuna circostanza.

Il capitano del Titanic: la nave affonda e lui sta lì, come un testone, aspettando di affogare.

Immaginati una gelateria allagata, per un guasto alla vetrina-frigo, in un tardo pomeriggio d'inverno. Il capo se ne sta lì, irremovibile, a far entrare gente mentre il gelato si scioglie, inesorabilmente, con lo sguardo da pazzo.

il capo incapace di valutare le situazioni e di gestire le situazioni di emergenza è il peggiore che esistaOra: una persona sana di mente avrebbe preso tutto il suo prezioso gelato, lo avrebbe messo in salvo nelle celle e avrebbe chiuso il locale, aspettando il frigorista. Giusto?

Non vale la pena tenere aperta una gelateria in un pomeriggio invernale di pioggia, per 4 gelati del cazzo, giusto?

Invece no: ha temporeggiato inutilmente, come se il frigo si potesse aggiustare per magia da solo, per poi arrivare allo stesso risultato: chiudere il negozio, due ore dopo, con chili e chili di gelato da buttare via.

Per poi dare la colpa a chiunque, compresi i suoi dipendenti. Come se avessimo rotto noi il frigo.

Non è stata una buona idea, per due motivi:

a) Stai servendo del gelato semi-sciolto. Che qualità di prodotto pensi di garantire?

b) I clienti entrano in negozio nel marasma più totale, con stracci, secchi d'acqua e cartoni sul pavimento. Che immagine pensi di dare all'esterno?

c) La mole di lavoro di quella fredda giornata di novembre, se andiamo a vedere, non gli meritava nemmeno di tenere aperto.

Il tuo capo non sa gestire le situazioni di emergenza? Hai un problema enorme: se succede un guasto ad un macchinario non è un gran danno (per te), ma se fai il genere di lavoro in cui hai delle scadenze molto rigide, probabilmente è il genere di capo che non dovresti mai avere. Perché, nel migliore dei casi, ti darà la colpa di qualunque cosa. E se ci fossero implicazioni legali o economiche, stai pur certo che non si farà problemi a riversarti tutto addosso...

Cosa puoi fare?

Se lavori in una realtà a conduzione familiare o hai comunque molta confidenza col tuo datore di lavoro, puoi prendere in mano la situazione al posto suo. In ogni caso, non aspettarti della gratitudine.

Diversamente, scappa. Non c'è grande margine di miglioramento.

Com'è andata a finire con quella gelateria?

Ha venduto l'attività ed è andato a fare il dipendente altrove. Forse ha capito che gestire un'attività non era nelle sue corde.

Il centometrista: sei sempre in ritardo, è sempre in ritardo, siamo tutti eternamente in ritardo.

Il capo stronzo che ti fa correre sempreCorre, corre sempre e infuria nella sua corsa, come se dovesse salvare vite. E magari vende solo caffè, eh.

Cosa puoi fare?

Nulla. E' un problema suo, non tuo.

C'è chi è più veloce, chi è più lento. Ci sono le giornate in cui si va più veloci, altre in cui proprio non ce la si fa a mantenere il solito ritmo.

Beh, siamo umani. Non siamo sempre al 100% e soprattutto NON SIAMO TUTTI UGUALI.

Se il capo vuole correre, lascialo correre. Se ti mette ansia nel correre, lascialo ansiare. Tanto ti metterebbe agitazione comunque, anche se fossi più veloce di Flash.

Oppure sei un fascio di nervi tale e quale a lui e viaggi al suo stesso ritmo. Perfetto, giusto? Non proprio. Raccontami come va fra una decina d'anni, e mi saprai dire.

Se invece fai un lavoro in cui la velocità è essenziale ma tu sei l'essenza della flemma, cambia lavoro. Non fa per te, punto.

Paga un mese sì e uno no, paga in ritardo, oppure non paga affatto.

Oppure gli straordinari non te li paga, perché "non è colpa mia se ci metti più tempo di quello che dovresti" o l'ancor peggio "le pulizie dei locali fuori dagli orari di chiusura del negozio non si contano come ore di lavoro".

Hai accumulato 3 mensilità arretrate?

Licenziati, e di corsa. Non andrà meglio, che lo faccia in buona fede (haha!) o meno. Peraltro gli stipendi arretrati sono motivo di dimissioni con giusta causa, e hai diritto all'indennità di disoccupazione. Persino lo Stato ti dà ragione!

Il cospirazionista: se hai fatto un errore, lo hai fatto apposta!

anche se sfanculare il datore di lavoro stronzo, delle volte, dà una certa soddisfazione.

Attenzione, perché questo è un segnale davvero pericoloso: pensare che tutti ce l'abbiano con te e che ti facciano i dispetti apposta è un sintomo di paranoia. Con quella non si scherza.

Se pensi che il capo stia andando in quella direzione, il mio consiglio è di chiedergli apertamente cosa c'è che non va e discutere delle problematiche: è possibile che si senta compreso e rassicurato nel sentirsi ascoltato, e che si dia una bella calmata.

Poi c'è quello che è semplicemente fumino, e se la prende col mondo intero quando qualcosa va storto, ma non lo pensa davvero.

Più che consigliargli un bel corso di gestione della rabbia, non puoi fare granché.

Mettiamola così: se sai di aver fatto bene il tuo lavoro, non deve importarti che lui stia svalvolando. D'altronde non potevi fare nient'altro. Male non fare, paura non avere, giusto? 😉

Lo stronzo per natura, come in "Il diavolo veste Prada"

Si diverte a fare il cattivone della situazione: fa richieste impossibili ai suoi dipendenti, li umilia di fronte ai colleghi, fa delle scenate di fronte ai clienti…è crudele, nella forma più primitiva e semplice che esista.

Puoi fare tre cose in questo caso:

1) Ignorare deliberatamente tutto ciò che dice o fa: se non te ne frega una benemerita cippa di ciò che dice o pensa, perché sai di essere competente nel tuo lavoro e di non essere realmente a rischio, sei un passo avanti a chiunque.

2) Quando ti ritrovi in un vis-à-vis con lui, fai leva sui sensi di colpa su come si comporta con te di fronte agli altri, dicendogli apertamente che il suo atteggiamento ti ferisce. Potrebbe sorprenderti la sua risposta!

3) Ingaggiare una guerra fino all'ultimo insulto, ripagandolo con la stessa moneta di fronte a colleghi e clienti. Non ti assicuro che avrai ancora un lavoro alla fine, ma vuoi mettere la soddisfazione? 🤣

"Destronzare" il capo stronzo: non devi indisporlo, solo spiazzarlo!

Il tuo capo stronzo è in una di queste categorie? O ancora peggio, rientra in più di una?

Se hai letto tutto per benino, avrai notato che la soluzione migliore è parlarsi, quasi sempre.

Spesso ci dimentichiamo che il capo è un essere umano come un altro, e che il rapporto di lavoro è come una relazione romantica: se non c'è dialogo, prima o poi si finirà per viaggiare su strade parallele che non si incontrano mai.

Invece ascoltare, capire il punto di vista del nostro interlocutore e cercare un punto di incontro è la chiave per ogni relazione di successo, personale e lavorativa che sia.

Ed essendo un approccio tanto banale quanto poco usato, è di solito ben visto e gradito, anche da quel capo che pensi non sia in grado di avere una conversazione costruttiva.

Non aspettare che siano gli altri a fare delle scelte costruttive, ma sii un buon esempio da seguire.

non essere un capo stronzo di cui aver paura, ma un leader da seguire

 

Sei un datore di lavoro e ti dicono che sei uno di questi stronzi?

Forse lo fai apposta, forse ti viene naturale… Poco importa: se ci tieni ai tuoi dipendenti, non farli scappare.

Se hai dei collaboratori che non fanno ciò che vuoi, chiediti se hai dato loro tutti gli strumenti necessari per lavorare al meglio.

 

... Oppure cambia tipologia di assunzioni.

Sii la persona migliore che riesci ad essere, e punta ogni giorno ad essere una persona migliore.

Come dovremmo fare tutti, d'altronde.

Il tuo capo stronzo non rientra fra quelli che ho descritto?

Fammelo sapere con un commento, sarò felice di aggiungere il suo profilo alla mia "collezione"! 🤗

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Cambio di stagione, cambio di rotta, cambio di…

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Fra l'arrivo dell'autunno, la stanchezza post-estiva data dal tanto lavoro e le gatte che non mi fanno dormire, sono arrivata ad ottobre davvero stremata.

Ma ogni tanto capitano a tutti questi periodi inconcludenti, senza bisogno che arrivi il cambio di stagione.

Siamo un po' come la luna, 

andiamo a fasi alterne…

Un cambio di rotta ogni tanto fa bene. Un po' come la luna: è bella quando è piena, ma ha il suo fascino anche nelle altre fasi. Evviva il cambiamento!Il motivo è più o meno sempre lo stesso: corriamo e rincorriamo le scadenze, aggiungiamo cose su cose da fare e lo stress è sempre a manetta. E' ovvio che, a una certa, il corpo ti fa una bella leva!

“Non sono le grandi cose che ci spediscono al manicomio, non è la perdita di un amore, ma il laccio della scarpa che si rompe quando abbiamo fretta.”

Daniel Goleman

Io ho imparato, sulla mia pelle, che l'energia è un meccanismo a lento rilascio; se ne consumo troppa tutta insieme, ci metto più tempo a ripartire. E divento di pessimo umore!

E' inutile che mi affanno a fare tutto e subito, facendomi sopraffare dall'ansia.  Ne pagherò le conseguenze più avanti nel tempo, sempre e comunque.

Stop: respira, pianifica e riparti. E sii flessibile! (che se dovevamo stare fermi, nascevamo alberi…)

Mi fermo a riflettere, giorno per giorno, su quali cose hanno la precedenza (e non sempre sono quelle che vorresti fare per prime);  ho imparato a fregarmene di certe imposizioni sociali, che mi consumavano tempo ed energie e non mi davano affatto gioia (ad esempio, ho abolito i regali di Natale); mi sforzo ogni giorno di avere più pazienza, ricordando a me stessa che non tutti i giorni sono uguali, che non siamo macchine e non siamo sempre al 100%.

A volte capita di dover correre lo stesso, ma so già che alla fine della corsa dovrò riposare. E non me ne faccio più una colpa.

Così ho individuato il mio ritmo ideale, cadenzato, che mi permette di fare le cose senza eccessi, di sfruttare al meglio le giornate sì e di tollerare più serenamente le giornate no.

In questo modo mi do anche il tempo per poter riflettere sulle mie scelte, sugli obiettivi prestabiliti e sugli eventuali aggiustamenti da fare sul percorso.

Perché sì, per l'infallibile legge di Murphy, niente va come prestabilito e i cambi di rotta sono inevitabili. E meno male, sai che palle?

Alé, dove vuoi arrivare?

Voglio dire che se hai una lista di buoni propositi e più della metà sono andati a farsi benedire, chissenefrega, capito? Cestinala e fanne un'altra, evidentemente non è il momento di realizzarli e forse non lo sarà mai.

Se pretendi troppo da te stesso e passi le giornate ad annichilirti, come pensi di poter migliorare?

Se non riesci a realizzare nulla di ciò che ti proponi, forse in cima alla lista dovresti mettere "capire perché sono così inconcludente", e non continuare ad aggiungere obiettivi irraggiungibili!

Non sto dicendo che devi passare le giornate in panciolle, a cazzeggiare, finché ti viene voglia. Ma se vuoi prenderti qualche ora, un pomeriggio, un giorno intero per riposare, fallo e basta. E che diamine, siamo mica fatti per stressarci e basta!

Se sei bloccato su un progetto, non ti ostinare e fai qualcos'altro. Lava i piatti, stira due camicie, chiama un amico, fatti una passeggiata. La soluzione arriverà quando meno te lo aspetti.

Hai presente dr. House? U-gua-le.

 

Riassumendo:

1) Non ostinarti sul percorso che hai tracciato;

2) Respira, sorridi e goditi il presente.

Che di vita ne abbiamo una sola e, per quanto ovvio sia, non ce lo ricordiamo mai abbastanza.

Il mio cambio di rotta personale: l'assistente digitale

La mia nuova sfida, per questo autunno, è quella di cambiare programmi. Perché sì, sono due anni che studio per diventare SEO copywriter (o qualcosa del genere), ma nel mio percorso ho scoperto tante altre cose da imparare, tutte interessanti: il web design, concetti di web marketing qua e là, coaching, social media marketing, e-mail marketing…

Insomma, mi sono fatta una bella carrellata di lavori del mondo digitale (se ti interessa, ho creato una breve  panoramica in questo post), uno più interessante dell'altro e fortemente in crescita.

Poi mi sono imbattuta, per puro caso, in un'assistente virtuale. E ho scoperto che, in un certa misura, è una figura che fa "di tutto un po'": qualche emissione di fattura, qualche e-mail, gestione del calendario, un po' di pubblicazione di contenuti su blog/social e, perché no, anche la creazione di qualche sito vetrina.

Così ho cominciato a cercarne altre, e ho scoperto che, tolti i servizi più comuni, ognuna di loro offre qualcosa di unico, un valore aggiunto che magari esula un po' dal ruolo tipico della segretaria e che sfocia, in qualche modo, in altre figure professionali digitali.

Mi si è illuminata la lampadina nel cervello: compilare due fatture posso farlo, così come rispondere alle mail e organizzare gli appuntamenti; perché allora non diventare io stessa un'assistente digitale, con qualche piccola aggiunta di SEO, copy e social media marketing, soddisfando il desiderio di aiutare altri freelance, dallo spirito nerd, come me?

Il mio primo cliente è mio marito. Se sopravvivo alla sua pignoleria, diventerò la segretaria virtuale migliore dell'universo. *proud face*

Ogni tanto la vocina della mia testa, quella che vede sempre il bicchiere mezzo vuoto, ha protestato con un deciso: "Ecco, stai cambiando idea un'altra volta. Non hai ancora capito cosa diavolo vuoi dalla tua vita".

E' vero, ho cambiato idea. Ma ho fatto una lista di pro e contro, mi sono confrontata con altre persone, ho riflettuto a lungo e, infine, ho ascoltato il mio istinto e ho cercato di individuare da dove arrivasse tutta quella paura.

Vuoi sapere cos'era? Scrivimi, e te lo dirò.

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Perché si dicono le bugie? Bugiardi patologici e bugiardi compulsivi

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Odio i bugiardi compulsivi...eppure ero una di loro.

Da ragazzina raccontavo un sacco di bugie, continuamente. Ero fortemente insicura e cercavo l'approvazione di chiunque, cercando di rendere la mia vita più interessante con aneddoti spesso al di fuori della realtà.
Non ti sto a raccontare quando e perché, è una storia lunga (e ammetto anche imbarazzante), ma ricordo che un giorno mi sono detta: "Ok, adesso basta bugie. Non ne ho davvero bisogno e, se dovessi proprio sentirne l'impulso, devo cominciare a chiedermi cosa mi spinge a dirle".

Il cambiamento non è stato facile e non è avvenuto in un giorno. 

La pulce che mi parlava nell'orecchio, spesso suonava come la voce di una persona la cui opinione è molto importante per me, e influenzava buona parte delle decisioni che prendevo ogni singolo giorno, su qualunque aspetto della mia vita.

Ancora oggi, ogni tanto, quella voce tenta di logorarmi dall'interno.

perché si mente? dalle bugie a fin di bene ai bugiardi patologici, mentire spudoratamente o per necessità, tutti mentono.

 

Mi ero convinta di essere una brutta persona, e non mancavo di precisarlo ad ogni singolo primo appuntamento.

C'è voluta un bel po' di introspezione, qualche seduta dallo psicologo, una persona che non mi ha dato retta quando gli ho detto di scappare (marito meraviglioso ❤️) e parecchie crisi mistiche ma, alla fine, ho trovato il nodo della mia insicurezza. Ho imparato ad ascoltare quella vocina interiore tutta impaurita e assetata di mistificazione della realtà, a identificarne la fonte e a rassicurarla.

Perché se non si impara ad ascoltarsi, caro amico che mi leggi, non se ne esce. Ed è super importante chiedere aiuto, quando non si dispone dei mezzi necessari per farcela da soli.

Il concetto di auto-consapevolezza è alla base di ogni percorso di crescita personale. Se ti interessa approfondire il perché, leggi questo articolo.

Dire le bugie è come vivere una realtà alternativa.

Quando vivi in un mondo dove sei ritenuto strano e controcorrente, è difficile essere se stessi, mentre mentire è molto più facile e appagante…nell'immediato.

Sul lungo termine, finisci per non sapere più chi sei.

Ad oggi, ogni volta che sono tentata di dire una bugia o omettere parte della verità, un sano crampo allo stomaco mi ricorda quali inutili sensi di colpa dovrei affrontare se decidessi di andare fino in fondo alla menzogna. E tanto basta a fermarmi.

E cacchio, come si vive meglio!

👉🏻 Nessuna paura di essere beccati: zero ansia. Beh, non proprio. L'ansia non mi ha ancora abbandonata, ma almeno non ho più attacchi di panico!

👉🏻 Relazioni più sane: chi ti sta accanto, sai che ti vuole bene per ciò che sei e non per chi racconti di essere.

👉🏻 Coscienza pulita: ebbene sì, anche l'integrità morale vuole la sua parte. Mentire è prendersi gioco del proprio interlocutore, e talvolta è un gioco crudele.

Se dico ancora delle bugie?

Certo. Perché, tu non ne dici mai? Se la risposta è no, ne hai appena detta una.

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Tutti mentono. Sì, tutti. Proprio tutti, anche tu che leggi!

Nessuno è esente dal meccanismo delle bugie, e talvolta anche con ragion veduta.

C'è bugia e bugia, giusto?

“La società può esistere solo su una certa base di cortesi bugie e a patto che nessuno dica esattamente ciò che pensa.”
-Yutang Lin-

I motivi che spingono le persone a mentire sono tanti e di natura diversa; alcuni sono innocenti e armati delle intenzioni più buone di questo mondo, altri possono nascondere sintomi più o meno gravi di veri e propri disturbi della personalità.

N.B. L'elenco che trovi sotto è il prodotto del mio vissuto e della mia esperienza personale. Laddove ho usato termini scientifici ho fatto ricerca, cercando di riportare i concetti con quanta più chiarezza e fedeltà possibile alle fonti ma, ci tengo a ricordarlo, non sono una psicologa né una psichiatra.

Lo scopo non è tanto quello di informare, quanto di invitare a riflettere.

Tutto chiaro? Si parte!

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Motivo delle bugie n°1: Per non ferire.

Esempio: il gatto è schiattato e tu non hai il cuore di dirlo a tuo figlio. Così corri al negozio di animali e ne compri un altro prima che se ne accorga, inventandoti qualche scusa fantasiosa sulle differenze di pelo. Tipo che è andato dal parrucchiere.

In questo tipo di bugia non ci vedo davvero nulla di male. Far affrontare ai bambini il tema della morte è complicato, il tentativo di dissimulazione è più che comprensibile. E poi, se mentiamo su una cosa allegra come Babbo Natale, perché essere nudi e crudi su dei temi così tosti? Di sicuro meglio una storiella ben confezionata che una risposta vaga e inconcludente.

Questo genere di bugie bianche le usiamo spesso anche fra adulti. "Quel taglio di capelli ti sta benissimo!"  "Ti trovo bene, sei dimagrita?" "Ma va, non si vede affatto che hai due occhiaie da panda…"bugiardi compulsivi e bugiardi patologici: quando dire le bugie è una droga
Perché va bene essere sinceri ma, se per esserlo a tutti i costi dobbiamo ferire gli altri, allora è meglio mediare.

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Motivo n° 2: Per difendersi.

A quanti viene istintivo di inventarsi una scusa quando si viene attaccati?

Se sei in ritardo è perché c'era traffico, se non hai consegnato il compito è perché il cane te lo ha mangiato, se hai sbagliato una cosa sul lavoro in realtà l'ha sbagliata il collega o nessuno ti ha detto come dovevi farla, se ti han beccato con l'amante neghi pure davanti l'evidenza…Insomma, pur di uscirne indenni ci si inventa la qualunque.
Questo comportamento nasconde un'incapacità ad assumersi le proprie responsabilità, oltre a una bella dose di insicurezza.

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Motivo n° 3: Per autoconvincerci.

La verità ci fa troppo male così ne inventiamo una meno dolorosa.

E funziona eh, sul serio!

Per un po'.

Ma la realtà, presto o tardi, si presenterà alla porta e dovrai imparare a gestirla. Quindi perché non cominciare subito e smettere di raccontarsela?

Prima la affronti, prima il problema verrà risolto. E no, nella vita non ci sono scorciatoie per evitarli.

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Motivo n° 4: Mentire per cercare approvazione.

Se ti senti insicuro, incapace o inadeguato in certe situazioni, è facile cadere nella trappola del "ricamo coi fiocchi": raccontare aneddoti che possano essere avvincenti per chi li ascolta, abbellendoli con particolari che non sono mai esistiti. Un po' come fa Barney Stinson in "How I met your mother"!

Ebbene, non è necessario mentire per sembrare più divertenti, o più profondi, o più qualunque-cosa-tu-voglia-essere. Si può anche raccontare la vita reale per come è ed essere comunque interessanti.

Si chiama capacità di "storytelling", e c'è chi ci ha creato su un intero business.

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Motivo n° 5: Mantenere la privacy

Facilmente comprensibile, specie se si tratta di argomenti molto personali e delicati (come l'essere gay, per esempio).

Ma talvolta è un meccanismo un po' portato all'esasperazione - come quelli che non raccontano a nessuno dove vanno in vacanza per scaramanzia…grrrrr che nervoso!

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Motivo n° 6: Evitare il conflitto.

Non sempre è il momento giusto per litigare, e inventarsi una scusa può essere un modo per rimandare. Ma il litigio presto o tardi salterà fuori, anche amplificato e mascherato sotto altri problemi.

Piuttosto è più salutare (per noi stessi e per le nostre relazioni) imparare a gestire le discussioni in una modalità più costruttiva ed efficace. Non ti senti emotivamente pronto ad affrontare lo scontro? Dillo apertamente. Se il tuo interlocutore è abbastanza intelligente e sensibile per capire, aspetterà.

“Una menzogna può salvare il presente, ma condanna il futuro.”

-Buddha-

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Motivo n° 7: Questioni di potere.

Fare promesse che non manterrai, pur di vincere un'elezione politica; rimbalzare le colpe sui colleghi, per migliorare la propria immagine agli occhi del capo e fare carriera. Sta alla tua integrità morale decidere cosa è giusto e cosa no. Io credo nella sana meritocrazia e nell'impegno che ripaga.

Lo so, sono un'anima antica…

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Quali di questi motivi sono i più pericolosi? Certamente quelli legati all'autostima e alla capacità di gestire le proprie emozioni.

Mentire ci allontana dalle persone e da noi stessi.

E' la cosa più distante che esista dall'autoconsapevolezza.
Più diciamo bugie e più perdiamo contatto con la realtà che ci circonda, creandone una nuova nella nostra mente che (ahimè) è solo un palliativo.

Il mondo, quello vero, rimane là fuori. Non nella nostra testa.

Dire le bugie è una malattia che la sanità mentale ti porterà via...

Dal dire le bugie a fin di bene al diventare bugiardi patologici c'è un oceano, ma non è qualcosa da sottovalutare. Può diventare un vero e proprio disturbo della psiche, molto difficile da trattare.

Non lo dico solo io, lo dice anche la scienza!

L'amigdala, una delle aree del nostro cervello che gestisce le emozioni, si occupa anche di trasmetterci il senso di colpa. Esiste però un certo adattamento biologico: più l'area viene usata, più si abitua a un nuovo livello di sollecitazione, facendo percepire sempre meno le emozioni negative.
Per questo si dice che "una bugia tira l'altra".

E' un vero e proprio effetto valanga, dal quale diventa molto difficile tornare indietro, arrivati ad un certo livello di gravità.

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Bugiardo compulsivo e bugiardo patologico

Il risultato è simile, ma il motivo che li spinge è profondamente diverso.

Il primo lo fa per se stesso. Vuole sentirsi migliore, più affascinante. Ha bisogno di nutrire il suo ego malandato, ma il senso di colpa nel dire bugie lo percepisce, anche se ben seppellito.

Il secondo è più manipolatorio: vuole ottenere qualcosa ed è disposto a usare qualunque mezzo per ottenerlo. I sensi di colpa non sa nemmeno dove stanno di casa.

Questi due comportamenti possono nascondere dei disturbi di personalità più seri, come il borderline o il narcisistico.
Se ti interessa approfondire, questo articolo ne parla in maniera molto chiara e semplice.

Istintivamente siamo in grado di capire se qualcuno ci sta mentendo, soprattutto se quel qualcuno lo conosciamo bene. Ma quante volte scegliamo semplicemente di crederci?

Come beccare i bugiardi, quando abbiamo ancora qualche dubbio?

No, non è dalle pupille dilatate, come si sente dire nei film.

Non è scientifico né immediato come in "Lie to me" (telefilm basato su Paul Ekman, esperto di espressioni facciali riconosciuto a livello mondiale - te lo straconsiglio!). Però ci sono degli atteggiamenti che le persone ripetono meccanicamente ogni qual volta stanno dicendo una bugia.

Ad esempio, una persona a me molto cara, so che sta mentendo ogni qual volta chiude gli occhi molto lentamente, un po' come fanno i gatti. E' come un battito di ciglia, ma a rallentatore. E' buffa da morire!

Ora, non devi analizzare il battito di ciglia di chiunque incontri, perché non è una regola fissa! Ognuno adotta dei comportamenti compensativi alle bugie del tutto personali. E' un po' come se ogni singola persona avesse un codice da decriptare tutto suo, unico nel suo genere. Con un po' di spirito d'osservazione, possiamo imparare a riconoscerli.

Un altro modo è farsi raccontare più volte la stessa storia, magari a distanza di tempo: un ottimo bugiardo ha un'ottima memoria, ma è probabile che prima o poi scivoli su qualche dettaglio inventato.

Un altro sintomo ancora è quello delle giustificazioni iper-dettagliate: se si perde in mille spiegazioni anche superflue, è probabile che stia mentendo.

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Posso dire a qualcuno che secondo me dice le bugie?

Penso sia bene far notare a qualcuno che sta mentendo, quando ne siamo assolutamente certi.

Se rientra nel profilo compulsivo, puoi far leva sul senso di colpa: si può re-innescare un nuovo livello di disagio, ben più alto di quello al quale si è abituato (perché, sommata al senso di colpa, c'è l'umiliazione), e sperare in una presa di coscienza e, chissà, magari un'inversione di attitudine!

E se rientra nel patologico?

Murphy te ne scampi e liberi.

No dai, sto scherzando (non del tutto, almeno…).

Per me vale sempre la pena tentare di aiutare qualcuno che ha delle difficoltà, soprattutto se è una persona cara. Assecondare certi tipi di comportamenti non aiuta te, né la persona interessata, né la relazione che avete, di qualunque natura essa sia.

L'importante è ricordarsi di affrontare l'argomento con tutto il tatto che riusciamo a raccogliere, perché è come affondare un coltello in una ferita aperta.

Se dovesse andar male, puoi sempre dire di averci provato.

Essere bugiardi non vuol dire per forza essere delle brutte persone.

Sono sicura che avrai incontrato diversi bugiardi nella tua vita; qualcuno ti ha ferito molto, qualcuno meno, ma non poter avere fiducia della persona che hai di fronte non è mai bello.

Ogni caso è a sé e devi valutarlo uno a uno: c'è il bugiardo innocuo, che mente sulle sciocchezze ma mai sulle cose importanti; c'è quello che sembra ultra-sincero, ma magari nasconde un paio di enormi e spaventosi segreti.

Da ex-compulsiva per me è molto facile "riconoscere i miei simili", ma non sempre ho scelto di smascherarli e alcuni continuano ad essere parte integrante della mia vita. Faccio finta di credere alle bugie più piccole; per quelle più gravi, li porto pian piano alla realtà quando ci riesco o quando diventa assolutamente necessario.

D'altronde se si vuol bene a qualcuno, lo si accetta nella sua interezza. Con pregi e difetti.

Se mi fido di loro? Di quel che esce dalla loro bocca no, quasi mai. Ma sono certa che correrebbero se mai avessi bisogno di loro.

E tanto basta.

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Fonti:
https://www.focus.it/comportamento/psicologia/10-cose-che-forse-non-sai-sulle-bugie
https://psicoadvisor.com/bugiardo-patologico-perche-sentiamo-il-bisogno-di-mentire-2534.html
https://www.frasicelebri.it/argomento/bugie/

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Cosa fanno le persone di successo? [Capitolo 4°]

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Cerca le persone di successo che fanno il mestiere che ami, e trai ispirazione da loro

Molto tempo fa, osservare quelli che "ce l'hanno fatta" era per me motivo di frustrazione e invidia: volevo fare come loro, volevo ESSERE loro ma ahimé, la dea della fortuna non mi considerava nemmeno di striscio.
Quando finalmente ho realizzato che la fortuna non c'entrava proprio niente (o meglio, che la fortuna me la dovevo creare io), ho cominciato a guardare le persone di successo con uno spirito tutto nuovo; ho capito che quel sentimento di invidia era strettamente legato alla mia insicurezza e ai sensi di colpa, per non aver fatto tutto quello che potevo per raggiungere i miei obiettivi e assecondando procrastinazione e paura del giudizio - quello altrui ma soprattutto il più rigido di tutti, il mio.

Le persone di successo sono persone. Non creature mistiche.

Nel mondo del lavoro, c'è la tendenza generale ad impostare una facciata di perfezione.

Tutto deve sembrare perfetto dall'esterno, come se ammettere di essere umani e di avere dei difetti fosse un modo per danneggiare la propria immagine di autorevolezza.

Quando ti rendi conto di ciò, la distanza che percepisci fra te e il "professionista" si annulla: non è un mostro, mangia caga e dorme come ognuno di noi.

Semplicemente, lavora sodo per raggiungere i suoi obiettivi.
Perciò perché non osservare con attenzione ciò che fanno e prendere spunto? 😉

Alla ricerca delle persone di successo

Le regole base sono semplici e valgono per tutti, a prescindere dal tipo di settore/attività da analizzare:

🐣 Ragiona da cliente! Cerca su Google le parole che le persone, secondo te, utilizzano per cercarli a loro volta sui motori di ricerca

🐣 Cerca i professionisti con i quali puoi facilmente empatizzare, perché hanno una comunicazione che apprezzi o molto simile alla tua

🐣 Guarda chi fa qualche errore, secondo te, nell'immagine che comunica (branding) o qualche errore di strategia di marketing e prendi nota; potresti scoprire nel tempo che non era affatto un errore o, semplicemente, ti eviterai di farlo tu quando ti troverai nella stessa situazione

🐣 Non avere fretta e non essere superficiale - una ricerca come si deve, se fatta giornalmente (o quasi), dura almeno 3/4 settimane

🐣 Prendi nota di tutto il materiale, i libri di testo, i corsi che esistono per arricchirti; molti li userai, altri no…ma meglio avere una fonte da quale attingere, anche più in là nel tempo. Inoltre, ti accorgerai meglio di quali sono i "testi sacri" che vengono consigliati un po' da tutti e dei nomi ai quali dare più peso rispetto ad altri

🐣 Iscriviti ai gruppi Facebook, forum, podcast, newsletter, ecc.

Immergiti completamente nel mondo in cui vuoi entrare e raccogli più informazioni che puoi!

Come ho trovato le mie persone di successo da seguire?

Prima di decidere di stravolgere la mia vita e diventare piemontese, volevo essere assolutamente sicura che la strada del copywriting fosse percorribile. Ma come potevo avere qualche certezza in più?

Siamo tanto fortunati al giorno d'oggi: su Internet trovi veramente di tutto e con grande facilità.

Così ho sfruttato il magico mondo del web e ho cominciato a cercare chi fa questo mestiere da tempo; ho cercato articoli in cui si raccontavano, nel loro percorso di apprendimento e nella loro vita di professionisti della scrittura persuasiva, sia online che offline. Mi sono iscritta a dei gruppi Facebook, senza essere un membro attivo ma osservando in religioso silenzio e assorbendo nuove informazioni come una spugna. Poi, non avendo ancora voglia di scappare, ho fatto un paio di piccoli investimenti: ho acquistato "How to write copy that sells" di Ray Edwards  e un paio di corsi su Udemy di Evan Kimbrell.

Già da questi strumenti iniziali ho cominciato a capire che stavo seguendo la direzione giusta, che molti meccanismi del copy li stavo già applicando nella vita di tutti giorni e nel mio lavoro da dipendente, istintivamente.
Ho continuato a cercare, fino ad avere una breve lista di "persone di successo" da poter seguire nel tempo.

Il mondo della comunicazione: la vecchia guardia e la nuova guardia

E' facile distinguere chi è nato nell'era digitale da chi, invece, nella sua infanzia non ha avuto un cellulare o tantomeno un pc: questi ultimi non li trovi facilmente online, non hanno siti web personali, non sono particolarmente attivi sui social. Talvolta hanno un profilo su Linkedin (che non sempre fornisce info utili) ma, se sono professionisti che hanno lasciato un segno importante nel loro campo, li sentiremo nominare spesso dagli altri colleghi.

E' il caso di Annamaria Testa, consulente per la comunicazione.

Ha scritto diversi libri, alcuni considerati veri e propri testi sacri (come "La parola immaginata"); scrive per una delle mie testate giornalistiche preferite, l'Internazionale; ha creato nuovoeutile.it, un portale dove raccoglie materiale sulla creatività, in tutte le sue forme. Oltre ad avere diversi decenni di esperienza sul campo, è fottutamente simpatica. In questo TED talk l'ho semplicemente adorata.

Pillole di psicologia? C'è Luca Mazzucchelli.

Psicologo e psicoterapeuta, tratta di crescita personale e lavorativa. I suoi podcast sono brevi, ma densi di spunti su cui riflettere. Da ascoltare assolutamente!

Invece del telegiornale, guardati un bel video di Marco Montemagno a colazione.

"Imprenditore tech", nel suo canale Youtube affronta tematiche sul mondo del lavoro digitale, di nuove tendenze, ma anche di approccio vincente, nel lavoro e nella vita. E lo fa con un approccio leggero, ironico e pungente.

Chiara Gandolfi, la copywriter che vorrei diventare

Se penso a storytelling, passione e creatività, mi viene in mente subito il suo nome. Sarà che non è solo copy ma anche voice talent (e da cantante lirica, sento una certa affinità), ma ho spulciato il suo sito da cima a fondo e ogni tanto torno a guardarlo. Il suo modo di scrivere è semplice, pulito, senza tante parole ricercate ma allo stesso tempo mai banale. Ha scritto anche un libro (che devo ancora leggere, è in cima alla pila però!), "Scrivi più bianco". Trovi il link nella pagina "Chi sono" sul suo sito.

Tatiana Schirinzi, esperta SEO

Diversa area di competenza, simile modalità di comunicazione di Chiara: linguaggio snello, diretto, con un po' di "pucciosità" come piace a me. La sua "SEO pozione" è sicuramente magica quanto il nome.

Michela Murgia e "Morgana", il podcast delle donne fuori dagli schemi

"Donne controcorrente, strane, pericolose, esagerate, stronze e a modo loro tutte diverse e difficili da collocare. Donne che vogliono piacersi e non compiacervi un po’ fate e molto streghe, belle e terribili insieme."

E' questa l'introduzione che ascolterai in ogni puntata, e non potrebbe essere più calzante. Poi metti una bella voce narrante, degli effetti sonori giusti piazzati al momento giusto, aggiungici "Dog days are over" di Florence & the Machine e otterrai un podcast da non perdere.

Dan Lok, da ragazzino del copy a multimilionario

Che la sua storia sia romanzata o meno, la sua capacità comunicativa è indiscussa: nato in Cina e trasferitosi in Canada all'età di 14 anni, racconta di aver fallito 13 attività prima di avere successo. Se stai pensando di avviare un'impresa e mastichi l'inglese quanto basta, i suoi video su Youtube potrebbero tornarti utili.

Giada Carta, una mentore poco convenzionale

Lei si definisce "Soulful mentor": aiuta le donne a trovare l'abbondanza nella propria vita, trovando il giusto equilibrio fra la sfera professionale e quella personale.
Se mi conosci un po', sai che non sono un tipo spirituale/religioso e che il mondo della magia, per me, è frutto della superstizione. Perché te lo sto dicendo proprio ora? Perché Giada ha un approccio molto particolare come mentore: fra un consiglio e l'altro ti citerà qualche tarocco, qualche dea pagana, qualche rituale…Ma, anche se non credi in tutto questo, poco importa: quello che ti insegnerà è assolutamente concreto e reale, soprattutto se aspiri a diventare una freelance. Dai un'occhiata al suo sito: ha messo a disposizione un bel po' di materiale gratuito!

Andrea Giuliodori

E' un ingegnere con la passione per la psicologia e gli strumenti di crescita personale. Gestisce efficacemente.com con grande successo e, secondo me, ha un certo talento per la scrittura. La sua newsletter del lunedì mi ha spesso rimescolato le idee in testa e sollevato la giornata. Grazie di esistere Andrea ❤️

Ljuba Daviè, web designer freelance

Quando ho un dubbio sulle mie attività online, penso sempre "cosa farebbe Ljuba?"

Sarà che ha scelto una grafica con colori pastello come piace a me, sarà che ama la cancelleria come me, ma io questa ragazza la adoro. Mi piace il suo portfolio, il suo brand, il messaggio che vuole portare nel mondo.
Se avessi mai bisogno di una web designer, so con assoluta certezza che mi rivolgerei a lei.

Qui puoi vedere il suo sito.

E tu? Quali sono le tue persone di successo da seguire?

Fammelo sapere con un commento qui sotto!

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Avere talento: sfatiamo il mito!

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Avere talento è una scelta, non il frutto del caso.

Lunghe conversazioni hanno attraversato la mia vita circa questo argomento: un po' per desiderio d'appartenere a quella categoria speciale degli artisti, dove l'avere talento è una "dote innata"; un po' perché è un concetto che mi ha sempre fatto storcere il naso.

Di solito, se voglio formarmi un'opinione su un argomento o una terminologia, come prima cosa cerco il significato e l'etimologia sul vocabolario.

Ho googlato la parola "talento" e i primi risultati sono state le seguenti definizioni:

Dal Corriere della sera: [… Dote, spec. in quanto propensione a qualcosa, capacità in un'attività, in un settore SIN attitudinet. musicale, pittorico; ingegno, genialità: persona di grande t.; estens. la persona che possiede tali qualità…]

Ma quella più interessante, secondo me, è quella del Treccani:

[…per evoluzione semantica dovuta alla nota «parabola dei talenti» (Matteo 25), nella quale i talenti affidati dal signore ai suoi servi sono simbolo dei doni dati da Dio all’uomo.]

Ora, da buona atea quale sono (o vagamente agnostica, devo ancora decidere), a leggere questa definizione mi sale un po' il crimine.

Ma prendiamo un approccio più scientifico della stessa prospettiva: se avere talento è un dono del cielo, analogamente lo si potrebbe definire come una caratteristica innata del proprio corredo genetico, qualcosa sul quale non abbiamo assolutamente il controllo.

Boia che cagata.

Quando ho cominciato a cantare, il pianoforte copriva il suono della mia voce, talmente era debole; ora spacco i muri, infrango cuori e chiamo i colleghi da una parte all'altra del negozio, di 200 metri quadri, senza l'ausilio del microfono.

Son soddisfazioni.

Ok, la natura mi ha donato una conformazione di risuonatori e corde vocali che creano un timbro particolarmente gradevole e sì, i miei zigomi sono quelli di una soprano fortunatissima; ma una volta superate le caratteristiche fisiche, non sta alla mia sensibilità e intelligenza manipolare la mia natura? Ed entro quali limiti, se esistono, posso agire?

Il bello è che non mi applicavo poi così tanto, perché cantare mi piaceva ma mi costava troppa fatica, così ci ho messo almeno 4 anni prima di arrivare a dei risultati piacevoli, 8 per potermi definire una "cantante lirica" degna d'ascolto.

Il mio "talento", la mia voce lirica, me la sono sudata in un totale di 13 lunghissimi anni di studi (e non ho ancora smesso di studiare). Altro che dote di natura!

“Se ho fatto una qualche scoperta di valore, è dovuta più alla paziente attenzione che ad ogni altro talento.”

Sir Isaac Newton

Certo che, se parliamo di alcuni "talenti", il corredo genetico diventa inevitabilmente necessario: se vuoi fare la ballerina classica, non puoi avere le sembianze di una donna sudamericana tutta curve alta un metro e dieci. Vien da sé.

E' vero però che la natura si può aiutare, entro certi limiti, e credo che la mente umana sia molto più malleabile ed elastica di quanto si possa immaginare.

“Non dirmi quanto talento possiedi, dimmi quanto lavori sodo.”

Arthur Rubinstein

Pensa ai bambini cinesi che studiano 8 ore al giorno, dalla tenerissima età di 4, 5 anni. Arrivano a 15 che sono dei fenomeni, ma è ovvio.

Non sono più bravi, studiano di più.

Il mito delle 10000 ore

Svariate ricerche concordano che, dedicando 10000 ore ad un'attività, si arriverà a padroneggiarla perfettamente.

Facciamo due conti? Mi piace un sacco fare i conti.

Diciamo che vogliamo spalmare queste fantomatiche 10000 ore in 10 anni. Sono 1000 ore all'anno.

Le settimane in un anno sono 52; escludiamo almeno un mese di vacanza (o ferie, se sei lavoratore), quindi 4 settimane.

52-4=48.

Togliamo un giorno di riposo a settimana. Anzi, facciamo due.

48*5=240.

Questo è il numero di giorni all'anno che potremmo potenzialmente dedicare allo studio.

1000(ore all'anno)/240(giorni utili)=4,16 periodico.

Ok, 4 ore al giorno per alcuni potrebbero essere tante (non per me, ma io sono una stakanovista, non faccio testo).

Però non stiamo nemmeno parlando di 8 ore al giorno. Per uno studente sono un'inezia, per un lavoratore part-time affrontabilissime.

E in ogni caso, non è questo il punto.

Per avere talento non serve quantità, ma qualità

Puoi passare anche 4 ore al giorno a esercitarti a studiare il pianoforte ma, se fai sempre gli stessi errori e non c'è nessuno a correggerti, continuerai a sbagliare e anzi, rinforzerai la memoria muscolare nei gesti sbagliati.

Stesso discorso vale per le attività puramente intellettuali: se vuoi imparare a scrivere bene ma non impari le regole dell'ortografia o non ti metti a confronto con qualcuno del mestiere, continuerai a scrivere sempre la stessa roba, sempre nello stesso modo.

E' importante quindi strutturare bene le informazioni da acquisire e affidarsi ad un esperto del settore, laddove ce n'è bisogno.

Quindi sì ad un numero di ore consistente, sì all'allenamento quotidiano, ma sempre con coscienza e spirito critico.

Scegli qualcosa che ti piaccia davvero.

Se vuoi avere talento in qualcosa, punta a qualcosa che ti smuove nel profondo: ci metterai molto più impegno e costanza, se quel qualcosa lo faresti tutti i giorni, per il resto della vita (o per un bel po' di anni!).

Ti capita mai di passare delle ore a fare un'attività e, dopo un po', alzi lo sguardo e ti accorgi che ti è volato un intero pomeriggio senza accorgertene?

Quello è il flusso produttivo ideale:  rimanere in equilibrio fra il piacere di farlo e la sufficiente difficoltà che ci stimola ad andare avanti, senza uscirne totalmente frustrati.

Avere talento e il tipo di intelligenza

E' opinione di alcuni che ci sia una naturale inclinazione, in base alla nostra predisposizione a comprendere certe cose rispetto ad altre, che a sua volta è determinata dal corredo genetico.

Io credo sia così solo parzialmente.

alessandro gassmann, figlio di attori. Gli hanno trasmesso i geni o insegnato il mestiere?

Alessandro Gassmann, figlio degli attori Vittorio Gassman e Juliette Mayniel.

Molti musicisti famosi vengano da una famiglia di musicisti, o molti attori sono figli di attori, e così via.

Ma ci sono persone che vengono da un background completamente diverso da quello che si sono scelti, eppure eccellono senza ombra di dubbio.

Fondamentale è l'esposizione fin da tenera età a certe attività e discipline, permettendo di sviluppare meglio un certo tipo di intelligenza piuttosto di un'altra.

Se sei cresciuto in una scuola dove gli insegnanti hanno una propensione alle arti, è probabile che avrai qualche chance in più di sviluppare una certa sensibilità artistica.

Eric Clapton è la dimostrazione che si può essere figli di nessuno ed essere grandi artisti

Eric Clapton è stato cresciuto dai nonni, non musicisti.

Eric Clapton non era figlio di musicisti,eppure è un chitarrista di fama mondiale che ha segnato la storia del blues. I nonni, all'età di 13 anni, gli hanno regalato la prima chitarra (che non è poi così presto per un musicista, di solito si comincia già a 6 anni o giù di lì). E da ragazzino ha pure pensato di mollare lo studio della chitarra, perché troppo difficile!

Se invece ti sei trovato un gruppo di amici con cui giocare a Dungeons & Dragons e facevi sempre il master, probabilmente avrai acquisito un'incredibile capacità di storytelling...

dungeons & dragons: un ottimo modo per avere talento nello storytelling

Quando si dice "circondati delle persone giuste"… 😎

Ricapitolando:

- Costanza

- Determinazione

- Organizzazione dello studio

- Passione

- Ambiente immersivo

"Avere talento" è una scelta, non una combinazione di eventi e geni fortuiti.

Scegli la tua passione e coltivala, presto o tardi eccellerai! (Oppure fallirai miseramente, ma potrai dire di averci provato).

Se invece hai voglia di leggere qualcosa a riguardo, ti consiglio questo libro di Daniel Coyle, "Piccolo manuale del talento": è leggero, semplice e pieno di suggerimenti pratici e davvero attuabili.

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