Tornare all'università a 30 anni e passa [Capitolo 8°]

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Ho 35 anni e mi sono iscritta alla facoltà di scienze e tecniche psicologiche, a Genova.

Perché? Per mille motivi.

Prima di tutto perché l'università è un percorso che ho cominciato diverse volte (prima a lingue, poi a ingegneria informatica) senza mai portarlo a termine. Hai presente quei progetti iniziati e mai finiti, ma che rimangono sempre presenti nel retro del tuo cervello?

Ne avevo di progetti sospesi da riaprire ben più semplici eh.

Il vestito all'uncinetto super sexy.

Le saponette fatte in casa aromatizzate con le erbette coltivate sul terrazzo.

Quelle canzoni strimpellate male all'ukulele.

Ma a me piace fare le cose in grande, così mi sono iscritta all'università. Per la terza volta.

È che sentivo proprio l'esigenza di acquisire degli strumenti migliori per diventare una professionista migliore come brand designer. Avrei potuto leggere libri e fare corsi invece che tornare all'uni? Certamente. Ma se questa necessità la combini a:

Allora ti rendi conto che, forse, l'università è la scelta giusta.

Quello che è stato fondamentale, per me, è averci pensato anni. Non mesi, ma anni.

Mi sono interrogata a fondo sul perché sentissi l'esigenza di riprendere gli studi. A volte mi sono detta che era solo la voglia di avere il bollino da laureata, e ho lasciato perdere.

Ma tante altre, mentre facevo le mie consulenze, mi sono chiesta come avrei potuto aiutare meglio queste persone che sembravano incastrate nel loro stesso flusso di pensieri, rovinandosi la vita e il business.

E siccome conosco bene la fragilità di certi meccanismi ma non avevo gli strumenti per poter andare più a fondo, mi sono guardata bene dall'improvvisarmi a coach/psicologa di sti gran cazzi.

Però succede una volta.

Due.

Tre.

Quattro, cinque.

Le persone mi passavano davanti, vedevo il problema, vedevo la soluzione ma non sapevo quale fosse il mezzo che potesse portarli da A (il problema) a B (la soluzione). E mi sentivo frustrata ogni giorno di più, finché non mi sono detta: "Basta, ora ci mettiamo una pezza."

Il primo mese di università

È solo un mese che frequento le lezioni ed è molto presto per cantare vittoria, ma ci sono un sacco di vantaggi nell'iscriversi all'università dopo i 30 anni.

  1. Molte nozioni degli esami le hai acquisite già grazie all'esperienza di vita. Io sono da sempre appassionata di psicologia e questo sicuramente mi facilita.
  2. L'ansia da ommioddio-mi-perdo-tra-i-corridoi-ho-bisogno-della-mamma un pochino c'è, ma non è lontanamente paragonabile a quella di 15 anni fa. Sai già che non ti succederà nulla di orribile, e la vivi molto serenamente. Non so se questa tranquillità mi accompagnerà anche durante gli esami, te lo farò sapere...
  3. La motivazione che hai addosso è cento volte più forte. Perché nel frattempo devi lavorare e sai che non ti puoi permettere di perdere tempo.

Perché non ho pensato a psicologia quando avevo 20 anni, se era una passione così grande?

Perché in realtà della psicologia non sapevo proprio nulla. Credevo che una volta laureata sarei stata tutto il giorno ad ascoltare i problemi degli altri, e non mi sembrava una gran vita (anche perché io sono una tenerotta e piangerei in faccia alla gente, e non mi sembra carino XD).

Solo con il mio lavoro e scoprendo le diverse branche che la psicologia ricopre (tra cui il marketing) ho capito che c'era da scavare molto, ma molto di più.

Dal punto di vista della motivazione, ho molto in comune con i miei colleghi ventenni. Più di quanto immaginassi.

Parlando con le altre ragazze durante il progetto matricole (eh sì, l'università si è evoluta e ci coccola, tentando di non farci scappare e supportandoci con progetti per farci integrare e non farci andare fuori corso) sono venuti fuori:

È stancante? Sì.

Arriverò esaurita a dicembre? Probabile.

Sono pentita? Per niente (non ancora, almeno...)

Dimmi un po' di te invece: se sei qui è perché stai probabilmente valutando di tornare all'università. Cos'è che ti sta frenando?

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Parlar male dei colleghi? Mmm.

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Non sei un freelance e ti interessa sapere il mio punto di vista sul parlare male dei colleghi sul posto di lavoro?

Vai qui

Di recente ho fatto un sondaggio chiedendo ai miei colleghi freelance la loro opinione riguardo il parlar male dei colleghi.
I più erano (ovviamente e per fortuna) contrari.

Perché te ne voglio parlare?

Perché proprio di recente mi è capitato di sentire e di leggere un paio di freelance fare (più volte) delle tirate al vetriolo sui loro colleghi (senza fare nomi, ma facendo di tutta l'erba un fascio), sminuendone il lavoro, pubblicamente. Come a voler dire: "vedete? Io faccio bene il mio lavoro, mica quegli altri". Sui social, sui blog, su tutti i loro canali di comunicazione.

Ora farò probabilmente lo stesso errore criticando il loro comportamento, mi dirai.

Ma vedi, io sono assolutamente per la critica costruttiva e il confronto.

Infatti qui, il problema, non è nemmeno il cosa è stato detto, quanto il COME: a presa di culo, come fossero solo loro furbi e tutti gli altri scemi.
Con poca (o del tutto assente) cognizione di causa, un atteggiamento finto-populista e sminuendo LORO tutto il resto della categoria.

E sì che siamo umani, che ci sono le giornate no e che a volte la frustrazione prende il sopravvento; se poi vediamo qualcuno produrre nefandezze e farsi pagare pure profumatamente, altro che giramento di balle; ma se la maldicenza è volta a farsi belli a spese degli altri è quanto di più disonesto si possa fare, oltre che da irresponsabili nella gestione della propria comunicazione.

È un atteggiamento controproducente, per diversi motivi:

a) Ti metti contro tutti i tuoi colleghi e competitor, anche quelli con i quali avresti potuto collaborare - perché, francamente, cosa ti ferma dal riservarmi lo stesso trattamento in futuro e mettermi in cattiva luce, se il vento tirerà in un'altra direzione? Perché dovrei decidere di fidarmi di te? Chi mi dice che in privato non fai bellamente il mio nome, sminuendo il mio operato?

E' ovvio che potrebbe farlo chiunque ma, se lo fai anche pubblicamente, le chance che lo fai alle mie spalle aumentano esponenzialmente.

b) Se hai bisogno di sminuire il lavoro altrui, evidentemente credi che il tuo non valga poi così tanto. E se non ci credi tu, immaginati cosa possono pensare i potenziali clienti…

c) Se chi ti ascolta o ti legge fa lo stesso ragionamento al punto b), penserà che stai rosicando e che fatichi a trovare clienti e perderai credibilità

d) Se il potenziale cliente si sta servendo di un tuo competitor, proprio di uno di quelli di cui sta parlando male, si sentirà preso per stupido e ti eviterà come la peste

Insomma: non sai mai chi c'è dall'altra parte e dovresti tenere a mente che, le recensioni e il passaparola, funzionano anche al negativo.
Oltretutto: credi che chi lavora male comincerà a lavorare magicamente bene? Credi davvero che i tuoi clienti diventeranno più selettivi nella scelta dei professionisti a cui affidarsi? E sulla base di cosa, esattamente?

E dire che si parla tanto di personal branding e di target, dovresti sapere che in certe nicchie non è affatto così…

parlare male dei colleghi? Come aprire un irrigatore e spararselo in faccia

 

Qual è "il limite sottile tra critica costruttiva e acidità distruttiva" ?

Questa è la domanda che ci pone la SEO copywriter Elison Savoia, nel suo articolo sulla autoreferenzialità su Linkedin che ti consiglio assolutamente di leggere.

Parlar male dei colleghi in qualità di dipendenti

Se solo avessi un euro per tutte le volte che ho sentito qualcuno sparlar male dei colleghi sul posto di lavoro, avrei già la mia adorata e tanto desiderata villetta alle Canarie.

Ma vediamo qualche scenario nello specifico:
1. Dare la colpa agli altri, per i propri errori, davanti al capo se non se ne accorge fila tutto liscio ma, quando capirà che lo stai prendendo in giro (e fidati, succederà), avrai compromesso il rapporto con lui quasi irreversibilmente.

Niente mina l'immagine di affidabilità come le bugie.

2. Lamentarsi con i colleghi di altri colleghi crei un clima di pessimismo e fastidio, rischi che la persona che hai davanti riporti quello che dici con parole sue al diretto interessato, senza alla fine risolvere nulla (perché fidati, non ti sentirai meglio) e rischiando di innescare un sistema di ripicche dannoso.

3. Parlar male della propria azienda ai clienti (ah, la mia preferita!)  lo sai che nella maggior parte delle aziende è motivo di lettera di richiamo?

Hai bisogno di sfogarti sull'incapacità di un collega?

Scrivi un diario, urla in vallata, prendi a pugni qualcosa, mordi un cuscino.
Ma a lavoro, trattieniti.
L'unica soluzione utile e risolutiva è parlare col diretto interessato, fargli capire dove sta il problema e sperare che non perseveri.
E se persevera, pazienza: sei un dipendente, l'attività non è tua e non è compito tuo far rigare dritto i tuoi colleghi.

Odi la tua azienda e vorresti dar fuoco a tutto?

Cambia lavoro. Come ho fatto io.

dai direttamente fuoco ai colleghi

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Vivere con un introverso

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Questo post doveva essere pubblicato a settembre, perché 8 mesi di freelancing da casa mi sembrava un tempo adeguato per valutare la convivenza con Lui, l'introverso per eccellenza, il piccolo Buddha amico delle donne, che ascolta troppo, parla troppo poco e soffre ancora meno l'uragano di energia che è la moglie.

Poi è arrivata la pandemia.
Credo di avere abbastanza elementi a disposizione.

E' incredibilmente ironico che io e Matteo ci siamo scelti per la vita: io timida ma estroversa (abbastanza, ma molto meno di quel che ti immagini), non appena mi prendo la necessaria convivenza (basta sorridermi e guardarmi negli occhi, dopodiché sarò il tuo peggiore incubo); lui la timidezza non sa dove sta di casa, ma è introverso all'inverosimile.
E ragazzi, non è affatto una passeggiata. Questa differenza influenza le nostre dinamiche a livelli che non avrei mai immaginato.

Sfatiamo qualche mito sugli introversi

Intanto, una doverosa precisazione: prima di conoscere Matteo, per me, gli introversi erano persone troppo timide e disagiate per confrontarsi col mondo.

Persone con problemi, persone sbagliate. Dei sociopatici, via.

Un po' perché, durante l'infanzia, mi veniva detto continuamente che stare da soli a casa, a leggere libri su libri, era sbagliato; un po' perché ero finita in un gruppetto di amichette molto ette e poco amiche (e da qui nasce il mio odio verso le donne - ma tranquille, ho fatto pace con voi…beh, alcune di voi, ma ho capito che non avete colpa ad essere vagino-munite), tutte apparenza e poca sostanza, molto di destra e omofobiche - il che doveva essere già all'epoca un segnale forte che, se le persone di cui ti circondi non accettano quello che costituisce un buon 50% della tua persona, non sei molto bravo a sceglierti gli amici.

Con questo piccolo outing sono andata un attimo off-topic...
Torniamo a Matteo, l'introverso cialtrone del mio cuore.

Cosa succede nella testa di un introverso, se eccessivamente esposto alle persone?

Ebbene, si SCARICA. Come la peggiore delle pile modello super-economico, comprato al negozio di cinesi all'angolo.
Il mio modello di introverso personale, poi, è davvero speciale: l'ascolto attivo è per lui motivo di vanto (voi ce l'avete un uomo che ascolta davvero? LO SO, è una roba invidiabile), perciò mai ti dirà che non ha testa per ascoltarti. Piuttosto si addormenta, in pieno giorno, consumato dagli eccessivi input.
Lui dice che non dorme bene, io sospetto di averlo sfinito con le mie chiacchiere...

Come comportarsi con un introverso?

Ah, questa è un'ottima domanda, perché io mica ho ancora capito (e il 21 facciamo 4 anni di matrimonio, per dire).
So solo che:

a) Ogni tanto è conveniente sparire per mezza giornata (in questo periodo mi sono chiusa in una stanza, senza fare rumore), per dargli l'impressione di essere solo

b) E' inutile incaponirsi e trascinarlo a tutti gli eventi sociali: lui sarà angosciato tutto il tempo e tu appresso a lui, rovinandoti il momento

c) Ha dei tempi biblici a elaborare le emozioni e no, non puoi accelerare il processo

d) Gli introversi non sono affatto noiosi, né "limitati": Matteo è una delle persone più brillanti e buffe che conosca

Incontrarlo mi ha insegnato tanto. Mi ha aiutata a voler comprendere pienamente la complessità della mente umana, a mettermi alla prova e a migliorarmi come persona, imparando a rispettare le persone diverse da me - intendiamoci, mai stata razzista o chissà che. Ho giusto un'allergia verso i leghisti, ma per il resto sono ok.

Se vivi con un introverso (o sei tu ad esserlo), raccontami la tua esperienza.

Puoi farlo: a) Rispondendo a questo post b) Scrivendo tu un bel post su Instagram (ricordati di taggarmi, così non me lo perderò).

Non vedo l'ora di leggere la tua storia!

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Potere del mantra, a me

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Va bene, oggi mi sento più cialtrona del solito. Ma giuro che sto per affrontare un discorso serio, seppur brevemente!

Parafrasando il concetto di "mantra"

Qualcuno lo chiama "motto", "parola dell'anno" va molto di moda, i più sofisticati declinano su "leitmotiv".

E' una breve frase, una parola, un concetto che risuona fortissimo con noi.
Nell’induismo e nel buddismo tantrico, il mantra è una formula sacra che viene ripetuta molte volte.

E' un concetto molto potente e no, non ha nulla a che fare con la magia.
1) Ti libera la mente dai pensieri negativi: se stai pensando al tuo mantra felice, non c'è spazio per altro

2) Se accompagnato da una respirazione lenta e profonda, ti aiuta ad entrare in uno stato meditativo rilassato e privo di ansie

3) Concentrarsi sul suono e sulle vibrazioni della nostra voce ha ottimi benefici sul nostro sistema nervoso
jack nicholson mantra GIF
Il mio mantra è la parola "fiducia": quando la pronuncio mi fa stare bene, persino fisicamente. Sento un piacere formicolio pervadere tutto il colpo, mentre l'ansia, che mi preme la bocca dello stomaco, scivola via senza resistenze.

Mi aiuta nei momenti d'ansia.
Mi aiuta nella rabbia più cieca.
Mi aiuta quando sono in un momento di sconforto, quando penso di non raggiungere un obiettivo.
Mi aiuta quando sono in blocco creativo.
Mi aiuta quando pratico la gratitudine, perché rende il sentimento ancora più potente.
Mi aiuta nel voler rimanere con la mente nel presente, evitando di rimuginare nel passato o di immaginare scenari apocalittici futuri.

E tu? Qual è il tuo mantra?

Questo post è un invito: qual è il pensiero che ti libera da tutte le catene create dalla tua mente? Cosa ti dona leggerezza?
Fammelo sapere, sono curiosa.

Se fatichi a trovarlo, forse hai bisogno di un pizzico di autoconsapevolezza in più.

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Manie di controllo, perfezionismo e altre seghe mentali

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Manie di controllo: perché sentiamo il bisogno di dominare ogni aspetto della nostra vita, e guai a chi sgarra?

Essere troppo attaccati ai propri progetti può essere una diretta conseguenza delle manie di controllo, cioè il bisogno viscerale di controllare ogni singolo processo, ogni singola cosa e, magari, anche ogni persona che abbiamo intorno.
Anzi, quasi sempre è un problema di voler controllare chi ci circonda, perché non è che gli oggetti abbiano una volontà...giusto?

Maledette manie di controllo e il bisogno di controllare tutto grrr!

Io sono decisamente stata una vittima di questo meccanismo, soprattutto nel:

- Voler controllare cosa pensavano gli altri di me

- Voler controllare le azioni degli altri, nella convinzione di sapere cos'era meglio per loro

- Voler vincere ogni partita di qualunque gioco strategico abbia mai giocato

- Voler controllare Oxygen* e perdere le staffe sistematicamente, perché tanto fa di testa sua

Sulle prime due credo di aver capito qual era il mio problema, sulle ultime due devo ancora lavorarci (maledetta tecnologia…).

Non sai se sei vittima delle manie di controllo?

Ok, prova a rispondere a queste domande:

1) Se hai fatto un progetto e qualcosa va storto, vieni assalito/a da un ansia incontrollabile?

2) Passi molto tempo a cercare di fare discorsi convincenti, che le arringhe degli avvocati nei film americani in confronto impallidiscono, ma la gente continua a non darti retta e questa cosa ti fa impazzire?

3) Quando la gente arriva in ritardo, anche di pochi minuti, perdi le staffe come se stessi aspettando da tre ore?

4) Ti senti costantemente stressato quando hai delle scadenze che dipendono anche da altre persone?

5) Non hai fiducia nelle capacità altrui?

6) Senti una responsabilità immensa sulla vita delle persone che ti circondano?

7) Hai sempre paura di fare qualche errore?

Se hai risposto sì a più di una domanda, ho una brutta notizia per te: sei decisamente schiavo/a delle tue manie di controllo.

Manie di controllo? Don't panic!

Ho anche una buona notizia: finalmente abbiamo trovato qualcosa sulla quale hai il controllo. E sono proprio le tue manie di controllo!

Perché è così importante liberarsi delle manie di controllo?

Perché ha degli effetti terribili, sulla nostra psiche ma anche sul nostro corpo. Gli effetti nocivi dell'ansia ormai sono stati ampiamente documentati, ed è importante non ignorarne i segnali - se sei del team "gastrite cronica", batti cinque!

Cosa posso fare per liberarmene?

Ci sono sicuramente diversi modi per affrontarle meglio ma, su di me, quello che ha funzionato meglio è ripetermi a mo' di mantra le seguenti frasi:

1) Ho il controllo sul processo, non sul risultato.

Se vogliamo il meglio per le persone che ci circondano e vogliamo aiutarle a non fare errori, non siamo delle brutte persone. Ma non è colpa nostra se sbaglieranno comunque!

2) Ho fatto il meglio che ho potuto, con i mezzi e le energie che avevo in quel momento.

Ho consegnato in ritardo un progetto? Pazienza, più di così non potevo fare. Anche se mi fustigo e mi torturo, cosa ne ottengo se non ulteriore ansia e frustrazione?

3) Fatto è meglio che perfetto

Se proprio ti devi paragonare a qualcosa, paragonati al te stesso/a di qualche mese o anno fa, e guarda la strada che hai fatto. Se hai fatto dei passi avanti, grandi o piccoli che siano, hai comunque fatto un miglioramento.

4) Non sei Usain Bolt

Spesso le manie di controllo sono legate a doppio filo con il senso di inadeguatezza e rafforzate dal confronto con persone che, ai nostri occhi, ce l'hanno fatta meglio di noi e più velocemente.

Ebbene: siamo mica tutti uguali. E poi, ti stai confrontando con qualcuno che ha fatto il tuo stesso esatto percorso? O magari ha cominciato anni e anni prima di te?
Sii più indulgente verso te stesso/a. La vita non è una gara alla perfezione.

Nemmeno la natura è perfetta, pretendi di esserlo tu?

La pandemia che stiamo vivendo credo ci abbia insegnato qualcosa di molto importante: per quanto possiamo pianificare e tentare di prevedere il futuro, ci sarà sempre un imprevisto a scombinare i nostri piani.

Siamo delle caccole nell'universo.

E il mondo, di sicuro, non gira intorno a noi.

Non ti crucciare a voler controllare tutto, rimani comunque una caccola nell'universo*Oxygen è un theme builder per WordPress. Abbiamo uno strano rapporto di amore-odio, io e lui: mentre da una parte non lo sostituirei con nessun altro, dall'altra vorrei farlo saltare in aria.

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Blocco creativo: 10 metodi per liberarsene

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Indice:

- Metodi per superare un blocco creativo
- Perché succedono: le modalità produttive del cervello
- Cosa fare se niente funziona
- Cosa faccio io per superare un blocco creativo

 

Maledetto blocco creativo. E ora come faccio?

Partendo dal presupposto che sai esattamente cos'è un blocco creativo e non c'è bisogno che te lo spieghi, passerò subito ai metodi che utilizzo io per superarlo.
Let's go!

N.B. Questo articolo è stato pensato in particolar modo per chi lavora con la scrittura ma, se sei un creativo di altra natura, ti consiglio di provare comunque a sperimentare uno di questi suggerimenti. Sono sicura che almeno uno funzionerà!

 

1. Comincia a scrivere a caso.

Scrivi i tuoi pensieri esattamente per quello che sono, senza dare peso alla forma o anche alla pertinenza d'argomento. Segui il flusso della mente e metti nero su bianco. Questo ti aiuterà a rimettere ordine e far spazio nel cervello. Immagina il blocco creativo come un loop dei pensieri: devi prendere almeno uno di quei pensieri e farlo sfogare, affinché abbandoni il circolo vizioso e si crei un nuovo flusso di creatività. 

superare il blocco creativo scrivendo a caso

2. Fai una passeggiata. Funziona perché il tuo cervello sarà parzialmente occupato in un'attività diversa (muovere i piedi), eliminerai le distrazioni date da tutto ciò che ti circonda in casa, sarai più rilassat* e potrai dare libero sfogo alla tua creatività.

3. Fai una visualizzazione guidata.

liberati del tuo blocco creativo con una visualizzazione guidata!

In un certo senso è come andare direttamente dal tuo subconscio a chiedere le risposte che cerchi. Puoi sia trovarne già pronte sia crearne una tua, sul web troverai un sacco di spunti a riguardo. Io personalmente le uso di rado ma, quando capita, ricorro a quelle basate sugli archetipi delle dee di Giada Carta.

4. Fai qualcosa di manuale che ti richiede quella giusta dose di attenzione per eseguirla bene, ma che ti lascia spazio per altri pensieri: lavare i piatti, disegnare a caso su un blocco appunti, tirare una pallina contro il muro, ecc. Il meccanismo è analogo a quello della passeggiata, sta a te scegliere quello che ti è più congeniale.

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5. Fai finta di parlare con qualcuno sull'argomento di cui vuoi scrivere, registrati e trascrivi ciò che hai detto.

parla con te stesso, il blocco creativo sarà un lontano ricordo

Potrebbe risultarti un po' strano (e forse anche un po' fastidioso e imbarazzante) riascoltare la tua voce. Ma questo metodo punta sull'immediatezza del pensiero, e non potrebbe essere più efficace: poter parlare a ruota libera senza pensare alla punteggiatura, all'ortografia e alle mille seghe mentali legate alla scrittura (t'ho beccat* eh?) toglie parecchi freni inibitori. E poi è anche un bell'esercizio di public speaking!

6. Pianifica i contenuti: butta giù i concetti principali tipo scaletta e poi espandi. Cosa vuoi dire esattamente?  Parti dallo scopo e dal messaggio che vuoi far passare, chiediti "perché?" 3, 5, 10 volte e approfondisci sempre di più, finché non hai esaurito l'argomento. Alla fine ti ritroverai con una bozza bell'e pronta di tutti i contenuti che ti servono.

7. Vai a caccia di un articolo che parli del tuo stesso argomento, e cerca di contraddire tutto ciò che dice.

8. Fatti una doccia / un bagno caldo.

un bagno caldo è sempre un'ottima soluzione per togliersi i blocchi creativi

Questo funziona soprattutto quando il tuo blocco è dovuto ad una situazione di stress o quando ci sono troppe interferenze dall'esterno. Essere rilassati è una delle componenti chiave della creatività.

9. Fatti una chiacchierata con un amico che non sentivi da tanto tempo. E' uno dei miei metodi preferiti, perché mi ha aiutata molto spesso a ritrovare nuova energia e nuove idee - però io sono una persona estroversa e il contatto con le persone mi ricarica!

10. Questo suggerimento è tratto da un'idea di @mercantessa_di_storie: prendi un libro, magari uno di quelli a cui sei più affezionat* e apri una pagina a caso. Ti potrebbe aiutare a ritrovare l'ispirazione perduta.

 

Piccola parentesi: se stai scrivendo in un blog o per una newsletter, è importante che tu abbia un piano editoriale.
Spesso non sappiamo di cosa scrivere perché, banalmente, non c'è un macro-scopo alla nostra scrittura.

Perché è vero, molte volte diciamo che lo facciamo per noi stessi ma, se così fosse davvero, molta della roba che scriviamo rimarrebbe in un diario privato.

La verità è che abbiamo tutti il bisogno di condividere, di sentirci in risonanza con qualcuno.

 

Le due fasi creative del cervello

Il nostro cervello ha due modalità creative: quella concentrata e quella diffusa.

Ti capita mai di svolgere un'attività e di farti assorbire così tanto da non renderti conto delle ore che passano?

Ecco, quella è la modalità concentrata. E' la condizione in cui crei a flusso continuo, in un giusto bilanciamento tra livello di difficoltà e gratificazione.

Quella diffusa è, invece, la modalità in cui il cervello rielabora i concetti e li rimette in ordine, senza lavorare attivamente su quella direzione di pensieri. 

Così stai lavando i piatti e ti ritorna alla mente quella parola che non riuscivi a ricordare, sei sotto la doccia e ti viene l'idea del secolo...

Se hai letto la lista dei metodi che ti ho suggerito per superare il blocco creativo, ti renderai conto che molte fanno parte della modalità diffusa.

Personalmente, ritengo che incaponirsi e costringersi alla modalità concentrata sia un inutile dispendio di energie e di tempo.

Quando non sei pronto a entrare nel flusso, non insistere! Non farai altro che aumentare il livello di frustrazione, entrando in un circolo vizioso di anti-creatività.

Ale, ma tu le fai tutte queste cose?

Sì, ma non tutte insieme. Ne scelgo una in base a ciò che mi va / quale risultato devo ottenere.

Devo dire che io ho un metodo bonus, però non ho potuto aggiungerlo alla lista perché è una cosa sulla quale (purtroppo) non ho il controllo assoluto: la mia attività onirica.

Spesso trovo le risposte che mi servono in sogno e, appena mi sveglio, corro alla tastiera a scrivere per non dimenticarne alcun dettaglio.

Credo capiti perché, fondamentalmente, vado a dormire pensando al blocco che mi attanaglia 😅

Tutto questo non funziona? Non ti fissare.

Evidentemente il cervello ha bisogno di tregua. Accantona il progetto e dedicati a qualcos'altro, le idee torneranno a fluire quando meno te lo aspetti.

 

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Quando nessuno capisce cosa fai per vivere

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Quando ho raccontato a mia madre, per la prima volta, che volevo dimettermi dal mio lavoro da dipendente e fare la freelance, è partita un'accesa discussione di più di due ore.

"Almeno uno dei due deve essere solido" (riferendosi a mio marito, che è anche lui freelance), "Come fai a farti fare un mutuo?", "Prima sfrutta il periodo di maternità", "E se poi ti va male?" e tanti altri dubbi, dettati dalla paura e dai piani che lei si era creata per me, nella sua testa.

Io mi sono difesa strenuamente e sono andata dritta per la mia strada, ma ammetto che non è stato facile.

Tutte le obiezioni che ho ricevuto (da lei e da altri) sono frutto della paura. Paura che io non riesca a sostenermi economicamente, che non riesca ad avere i soldi per crescere dei figli, per comprare casa…per tutte quelle cose che, nella nostra radicatissima cultura italiana, sono sinonimo di stabilità.

E quando la società che ti circonda, la famiglia, gli amici ti dicono che funziona così e così deve essere, è difficile rompere le catene e andare controcorrente.
Quella paura te l'hanno contagiata e ti chiama sommessamente dalle tue viscere e dagli angoli più remoti della tua mente, dove ansia e insicurezza si rifugiano e complottano affinché tu possa fallire.

Perché io me lo sono chiesta come e quando avrei comprato casa, se fossimo diventati entrambi partita IVA.
Ma, alla fine, interrogandomi su cosa fosse più importante per me, ho concluso che preferisco metterci qualche anno in più e avere una carriera che mi soddisfi, piuttosto che rifugiarmi in una scelta sicura ma che mi renderebbe felice solo a metà (o molto meno di metà…).

Parla con chi ce l'ha fatta, non con chi non conosce il mondo lavorativo di cui vuoi far parte

Se vuoi fare lo streamer, la web designer freelance o l'artista bohémien e chiedi l'opinione di chi ha fatto il dipendente tutta la vita, non otterrai informazioni esclusivamente attendibili. Come può consigliarti qualcuno che non ci è passato in prima persona?
Non che non possano darci consigli utili, anzi; ma valutiamo attentamente le opinioni che ci arrivano, perché non tutte possono avere lo stesso peso e soprattutto non tutte sono mosse da motivazioni nobili.

Mettiamoci la paura che possiamo fare una brutta fine e finire sotto un ponte, in cima alla lista.
Ma vuoi che qualcuno, forse, sia pure invidioso di vederti intraprendere una strada che lui/lei non ha avuto il coraggio di perseguire?

Quindi sì alle critiche, ma solo se costruttive.

Ogni attività ha delle regole e una tassazione molto diverse.

Al giorno d'oggi, la pressione fiscale di un regime forfettario è molto diversa da un professionista a regime ordinario, che è sottoposto agli studi di settore.

Se hai un negozio e delle bollette da pagare, è una situazione molto diversa da chi, come me, non ha costosi macchinari da mantenere o un affitto di uno studio da sostenere.
Io non sono nemmeno costretta a girare in macchina per cercare o parlare con i miei clienti, posso farlo comodamente da casa. I miei costi di gestione sono, volendo, bassissimi; basta avere un pc e un cellulare decenti, per il resto sono i corsi di formazione a essere la spesa più importante (anche se non si smette mai di formarsi).

Ancora peggio quando il mestiere in sé non è conosciuto: io che realizzo siti web sembra che venda aria fritta…

A meno che tu non voglia affrontare sempre gli stessi discorsi in loop, non cercare di convincere nessuno. L'importante è che sia convinto tu.

Parla del tuo lavoro solo quando ti viene chiesto apertamente e non comunicare i tuoi dubbi e le tue insicurezze. Non è un invito a essere poco trasparenti: è solo un modo per evitare di essere facile preda delle loro ansie.

Per le tue vacillazioni, ci sono persone e posti migliori dove esternarli. Non solo: creati la tua rete di sicurezza, fatta di persone che stanno attraversando il tuo percorso - o lo hanno già fatto, con successo.

Confrontati con altri professionisti e circondati di persone positive, competenti, generose.

Chiedi aiuto, leggi le loro storie, fai delle domande.

Lanciati senza paura perché, anche se arriveranno i rifiuti e i "no, grazie", ce ne saranno molti altri a voler condividere con te il loro vissuto e pronti a dire: "Sì, certo!"

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Dove mi vedo fra 5 anni?

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Questo post doveva arrivare a fine aprile ma, vista la situazione attuale, ho pensato che fare un salto nel futuro con la mente possa essere in qualche modo confortante, per me stessa e per chi mi legge.

Dove sarò tra 5 anni?

🐣 In un bel loft, stile industrial, con qualche tocco di vintage/antiquariato, in qualche capannone industriale nella periferia di Genova. Tutto molto essenziale, tranne il mio spazio di lavoro: più sono piena di cose colorate e di post-it appesi al muro, più mi sento a mio agio e riesco a entrare nel flusso di creatività.
Avere una bella casa per me è fondamentale, anche perché ci passo moltissimo tempo.

🐣 Mamma di un bimbo, forse due: non ho intenzione di forzare la natura per concepirne, perciò ho deciso di adottare (e so che sarà ugualmente meraviglioso).

🐣 15 kg in meno: non che non mi piaccia così come sono, ma so che mantenere un certo peso mi aiuta a prevenire problemi di salute e, facendo un lavoro sedentario, il rischio di aumentare a dismisura è notevole (e le mie ginocchia mal conce potrebbero risentirne)

🐣 La mia agenzia digitale sarà composta di un team di 10 persone e sarà diventata anche un'accademia delle "cause perse": vorrei creare una realtà dove persone che hanno perso tutto possano trovare un rifugio, imparare un nuovo mestiere e reinserirsi nella società, con un nuovo scopo e una direzione.

Non ho idea di come realizzarla e forse tra 5 anni non saremo ancora pronti, ma so che la meta è quella e voglio arrivarci, a tutti i costi.

🐣 Parlerò decentemente giapponese. E' un po' una piccola ossessione quella del Giappone, non saprei nemmeno dirti esattamente perché.

🐣 Forse mi sarò diplomata in canto lirico. Forse. E' una passione alla quale ho dedicato tantissimi anni della mia vita, e il diploma lo vivo come la degna conclusione di un lungo percorso. Anche se, di fatto, non mi servirà assolutamente a nulla!

🐣 Avrò un abbonamento a teatro, uno per il mensile Internazionale e uno per Focus. Sembrano cavolate, ma è il genere di spese ricorrenti a cui rinunci quando devi stare attento al budget…

🐣 Avrò un guardaroba da pin up anni '50, pieno di pois, per far uscire la Audrey Hepburn che è in me (perché vi giuro che c'è, l'ho solo seppellita da qualche parte).

🐣 Avrò creato un podcast che parla di…

Non lo so ancora. Le idee sono tante, la voglia di raccontare ancora di più e sono ancora in piena fase di esplorazione.

Ma se hai qualche idea su che cosa potrei condividere dal mio bagaglio di esperienza, ascolto volentieri i suggerimenti!

E tu, dove sarai tra 5 anni?

Scrivi anche tu la tua bella lista e, se ti va, condivila con me (trovi la mia mail nella pagina Contattami) oppure con un bel post su Instagram. In questo caso non dimenticare di taggarmi, altrimenti mi perderò il post!

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Ma sto mindset, che è? Si mangia?

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Partiamo subito dalla definizione di mindset.

Tradotto letteralmente con "mentalità", è l'approccio mentale che utilizziamo per affrontare determinate situazioni e/o per raggiungere i nostri obiettivi.
Ma attenzione, perché non si parla di banalità generalizzate, quali ottimismo - pessimismo o di concetti astratti. Si parla di scelte consapevoli e provvedimenti attivi, di autoanalisi e di strategia d'azione, che funzionano non solo in ambito lavorativo ma anche personale.
Avere un mindset significa porsi uno scopo, tracciare un percorso ben definito per raggiungerlo e identificare tutte quelle azioni e pensieri che possono aiutarci lungo la strada.

Quindi diciamo che, se si vuole avere successo, avere un mindset ci aiuta.  Ma cosa significa all'atto pratico?

Ecco le qualità per un mindset efficace che, secondo me, CHIUNQUE dovrebbe avere / sviluppare nel tempo:

🐣 Elasticità: essere pronti a cambiare rotta, sempre. La vita è un costante fare e disfare di piani e programmi, per chiunque. Cambiano i trend, cambiano le esigenze dei clienti (che impattano su di te sia in qualità di imprenditore che di dipendente), cambiano le mode e così bisogna adattarsi, "cavalcando l'onda"

Creatività: coltivare la propria creatività è una dote versatile e che ci tornerà sempre utile; nel caso del freelance, è importante distinguersi dalla massa delineando un brand cucito sulla propria persona, creando prodotti innovativi o approcci nuovi per prodotti già esistenti - l'importante è individuare la propria unicità

🐣 Crescita costante: no alla staticità. Cerca sempre l'arricchimento e il miglioramento e poniti il problema del "cosa farò tra 10 anni?"

🐣 Accettazione delle proprie vulnerabilità: pieni di risorse sì, infallibili mai (e se non te ne accorgi subito, te ne accorgerai alla prima facciata)

🐣 Irriducibilità: ci saranno le giornate no, i fallimenti, i clienti difficili, ma mantieni sempre l'ottimismo e la testa alta. Le difficoltà ti sembreranno più piccole e le soluzioni si presenteranno con più facilità

🐣 Pianificazione: non si può "navigare a vista", ma bisogna programmare i passi da fare, quando farli, perché farli - per esempio, se sei un freelance e non sai cos'è un business plan, devi fartene uno.

Perciò oggi si parla tanto di essere e non di fare: si parte alla ricerca delle risorse dentro di noi, dell'energia e la motivazione che ci alimentano, trovando un modo per dissipare tutte quelle negatività che ci possono far affondare.

Se guardi bene questa lista, è un tipo di mindset che può esserti utile in ogni situazione e tipo di relazione. Non ho mai visto una persona flessibile, umile, intraprendente e organizzata fallire nei suoi obiettivi.

Qualche strumento per un mindset di successo

🐣 Percorsi di coaching: ce ne sono di tutti i tipi e per tutti i gusti. Io ho scelto un percorso personale con Giada Carta e un percorso professionale con Giada Centofanti (sì, finisco sempre con qualche Giada, non so perché!);

🐣 Mood calendar: ti aiuta a tenere traccia delle tue emozioni e del tuo livello di energia, identificando i momenti di difficoltà e gli eventi che ti condizionano - se non sai dov'è il problema, come fai a correggerlo? Ne ho già parlato in questo articolo, ma su Pinterest puoi trovare un sacco di spunti;

🐣 Le routine: se te lo dice la persona meno abitudinaria che tu possa mai incontrare, puoi crederci. Creare delle abitudini ricorrenti nella propria vita migliora l'autodisciplina e la costanza;

🐣 Datti delle scadenze e tieni traccia dei progressi, con un diario o un calendario - io uso il blog come diario, ma mi piace anche fare art journaling (che non è altro che il "mese in istanti" del percorso Fatti chiocciare) per annotarmi i successi, le lezioni che ho imparato (perché i fallimenti non segnano, insegnano!), le emozioni che ho affrontato, frasi che mi hanno colpito e pensieri per i progetti futuri;

🐣 Newsletter di persone che ci ispirano: oltre alle coach che ti ho già citato (che hanno anche una newsletter), ti consiglio Guido e Myscottage;

🐣 Sistema di premi: se raggiungi un obiettivo, anche piccolo, gratificati! Ti aiuterà a motivarti a raggiungerne altri, magari più grandi e ambiziosi.

Questo è ciò che ho imparato finora e tutto quello che ho attuato per migliorare il mio mindset.

E tu, come lavori sul tuo mindset?

Fammelo sapere con un commento oppure scrivimi - se poi hai qualche suggerimento su qualche innovativo sistema di gratificazione che non comprenda il cibo, sono tutta orecchie!

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Perché sapere cosa si vuole dalla vita è così difficile?

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Il problema comincia fin da piccoli, ai tempi della scuola: le cose da imparare sono tante (forse anche troppe, molte inutili e spesso spiegate male…evviva il nostro sistema scolastico), il ritmo è frenetico e genitori e insegnanti si aspettano che tu apprenda tutto e bene; cresci ed entri nel mondo del lavoro, in cui tutti si aspettano dei risultati eccellenti e in tempi brevi. Nei loro tempi.

Al contempo, nel mondo là fuori, ogni informazione è facilmente a portata di mano grazie al web, l'intrattenimento è a distanza di un clic e la soglia d'attenzione è calata vertiginosamente.

Siamo super stimolati da tutto e da tutti, vogliamo fare mille cose, non ne abbiamo il tempo e non abbiamo più pazienza.

E la cosa tragica è che è normale e socialmente accettato.

Quando sei così impegnato a orchestrare la tua vita e a non lasciare pezzi indietro per stare al ritmo degli altri, come fai a sapere che stai agendo per il tuo meglio? Qual è il tuo meglio?

In fondo, forse, corriamo perché non vogliamo fermarci a pensare perché, quando succede, cominciano i veri problemi.
Cominci a farti domande del tipo: chi sono? Cosa faccio? Perché lo faccio?

Ed ecco lì, dal nulla e senza preavviso, che si presenta una crisi esistenziale.

Certo, ci sono le persone che sanno fin da piccole chi sono e cosa vogliono. Ma ne conosco così poche che credo siano semplicemente qualche caso fortuito isolato, mentre ne ho visti tanti altri essere straconvinti della loro vita e del loro percorso che hanno poi capitolato miseramente in una crisi di mezz'età.

Ma torniamo a noialtri poveri sfigati che non abbiamo ricevuto "la chiamata"…

C'è una strada alternativa per trovare se stessi (e che, in fondo, credo sia pure più appagante e interessante): farsi delle domande. Quelle giuste, eh.

Cosa vuoi veramente?

Quello che fai, pensi o dici, lo vuoi davvero o è il risultato dell'ambiente e delle persone che ti circondano?

Quali sono i tuoi valori?

La cosa più interessante è che tutto ciò si applica facilmente ai professionisti, il cui lavoro è strettamente legato alla loro identità e ai valori personali.

E quanti ne vedo in giro che, per non scontentare nessuno e non allontanare nessun potenziale cliente, non sono né carne né pesce: non hanno una personalità ben definita, non si sbilanciano in alcuna direzione e non comunicano niente di autentico o speciale, col deleterio risultato di raccogliere qualunque richiesta e qualunque tipo di cliente, anche quelli che sarebbero da mandare a farsi benedire.

Perché sì, i clienti sbagliati esistono…

Ma torniamo a noi e alle nostre crisi d'identità: ne vedo tanti applicare lo stesso sistema alle loro relazioni, nello sforzo di essere gli amici perfetti o i fidanzati perfetti, per poi svalvolare tutto d'un botto.

Come fare a ritrovare la propria identità ed evitare patimenti d'animo?

A cosa puoi rinunciare? Fai una lista delle priorità.

Pensa alla tua vita in questo momento: a cosa rinunceresti senza fatica? Cosa invece è assolutamente fondamentale e perché?

Sì lo so, oggi faccio un sacco di domande ma, come ho già detto, è la chiave della ricerca di se stessi.

Quando cominci a mettere a confronto ogni cosa o persona che abita la tua vita, soppesandole e chiedendoti a cosa rinunceresti se ti trovassi costretto, scoprirai di avere delle priorità che forse non ti immaginavi nemmeno.

Per esempio, per me la famiglia e gli amici sono fondamentali ma, di recente, mi sono resa conto che per me è molto importante viaggiare e vedere il mondo e, se metto sul piatto della bilancia il nomadismo e la vicinanza degli affetti, scelgo il girovagare per il pianeta. E non mi sento più in colpa per questo.

Tranquilli, torno a casa per Natale…

Una volta scoperta la fatidica lista degli irrinunciabili, dobbiamo chiederci il perché è composta in quell'ordine, andando a fondo e scoprendo quali sono i valori che si nascondono dietro alle nostre scelte.

C'è chi è spinto dalla sete di successo, chi dal bisogno di aiutare gli altri, di difendere i propri cari, chi dal puro appagamento e ricerca del piacere.

E vanno bene tutte. Non ce n'è una più giusta dell'altra.

Ma il vero segreto del trovare se stessi, secondo me, è uno solo ed è estremamente semplice: sperimentare.

E sì, perché se non ti metti alla prova, se non fai nuove esperienze, come fai a decidere cosa ti piace oppure no, cosa risuona con te e cosa invece è discordante con la tua essenza?

E' un po' come quei bambini che si rifiutano di assaggiare nuovi cibi e decidono a prescindere che non gli piace e alla fine non mangiano quasi nulla: se non ti concedi di fare qualche tentativo (magari con qualche errore), come fai ad andare nella direzione giusta?
C'è chi dice che se non provi non puoi mai fallire. Per quanto mi riguarda, se non provi hai già fallito.

Le persone più infelici che conosco sono immobili.

Non fanno scelte o grandi progetti, procrastinano tutto il procrastinabile e riversano cinismo e odio verso il mondo senza capire che il vero problema è nello stesso posto dove potrebbero trovare la soluzione se solo si mettessero a guardare: ce l'hanno dentro.

Trovare la propria identità è difficile perché fa paura. Perché tutti in fondo abbiamo seppellito qualche debolezza, qualche aspetto del nostro carattere che non ci piace e che vorremmo estirpare.

Ma se ti dicessi che puoi convivere tranquillamente con la parte peggiore di te, faresti così fatica a trovare le risposte che cerchi?

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