Sei vegano e fai il macellaio.
Oppure odi la speculazione e sei un broker.
O peggio, odi i call center che ti chiamano a tutte le ore ma fai il centralinista.
Il tuo capo vuole che vivi per il tuo lavoro, mentre tu lavori per vivere.
Ti piace il lavoro che fai, ma il sistema di cui fai parte non ti fa sentire apprezzato e rispettato.

Detto che spesso cambiare le condizioni del nostro ambiente di lavoro è qualcosa che va ben al di là della nostra area di controllo (specie se sei un dipendente), ci sono compromessi che ci troviamo costretti ad accettare, altri che proprio non ci vanno giù.

Pensiamo di poter far finta di niente, di vivere nella negazione o di buttare giù i rospi per un bene più grande (che si chiama stipendio). Ci insegnano che “il lavoro perfetto non esiste”, ci convinciamo di essere noi quelli esigenti o inaccontentabili e andiamo avanti così, con una latente insoddisfazione che ci perseguita.

Ma cosa succede, a lungo termine, quando non rispettiamo i nostri valori?

Perdiamo la nostra identità. Finiamo per essere quello che gli altri si aspettano, quello che gli altri pretendono, quello che la società ritiene “giusto”.

C’è un sacco di gente in piena crisi a 30, 40 o 50 anni perché la loro carriera non li soddisfa, perché si sentono chiusi in una morsa dalla quale non sanno come uscire.

Poi vedi i ventenni in crisi, e capisci che c’è qualcosa di profondamente sbagliato nel sistema.
Perché com’è possibile che un ventenne, che della vita deve ancora vedere tutto, parta già da meno di zero in termini di prospettive future?

Eppure ad oggi esistono alternative validissime alla realtà lavorativa post-industriale di cui ci parlano le generazioni passate.

Escluse le professioni protette (architetti, medici, avvocati, notai) non è più obbligatorio lo schema Scuola ⇨ Stage ⇨ Lavoro.

Se hai abbastanza intraprendenza per interagire con le aziende con cui vorresti lavorare (ci sono tanti modi per attirare la loro attenzione, non solo il cv!), se guardi cosa fanno gli altri e ne trai spunto (per creare nuovi prodotti o servizi o reinventarne di già esistenti) riuscirai a cavartela egregiamente a livello economico – perché alla fine è quello che ci preme, il vil denaro. Mica si vive d’aria.

Esistono professioni altamente qualificate che non richiedono una laurea e non hanno limiti d’età. Ci sono professioni nate nell’ultimo decennio, altre ne nasceranno ancora.

Eppure vedo così tanta gente piangersi addosso e incolpare il sistema, quando questo maledetto sistema ha preso il largo già da un po’, perché non ha più ragion d’essere.

Cosa odiavo del mio vecchio lavoro

C’erano tante cose che non mi andavano giù: la mancanza di meritocrazia, la disorganizzazione, il vedere sistematicamente maialini e agnelli morti (nell’ultimo periodo ho fatto anche la macellaia) che magari non venivano nemmeno acquistati, cosicché erano morti invano. Eppure non sono vegana, anzi: non sono contraria al consumo di carne. Ma quello che ogni giorno ho cominciato ad accettare sempre meno era l’idea che quegli animali non avevano sicuramente avuto una vita, seppur breve, dignitosa e, secondo me, è giusto che ci sia dignità anche nella vita di un animale che è destinato a essere mangiato.

Perciò ho cominciato a consumare carne proveniente da allevamenti all’aperto e a mangiarne molto meno. Insomma, cerco di fare la mia parte per non arricchire gli allevamenti intensivi, per quanto mi sia possibile.

Ma sto divagando.

Il punto è che tutto questo non mi bastava, ma non potevo permettermi di mollare tutto e tornare all’università. E a studiare cosa, poi?

Se non sai qual è il punto di arrivo, che senso ha prendersi una laurea, una qualunque?

Se mi fossi dovuta basare sulle mie passioni, avrei potuto laurearmi in lingue come in matematica come in psicologia.
Non è un parametro che può funzionare, perché studiare è una cosa, fare lo stesso lavoro tutta la vita (o per un bel po’) è tutta un’altra storia.

Perciò sono partita dalla meta, con una semplice domanda: “Cosa voglio fare per la maggior parte della mia vita, per il resto dei miei giorni?”

Se ti interessa sapere come ho trovato la risposta, trovi il racconto in questo post.

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