Dopo tanta attesa, il giorno delle dimissioni è finalmente arrivato. E molto più presto di quanto avessi previsto!

Il mio stato mentale nelle ultime settimane da dipendente era come quello di un sub in piena immersione, che guarda verso il mare aperto: i suoni sono ovattati e dilatati, tutto andava a rallentatore intorno a me.

E io lì, quasi sopraffatta, fra la contemplazione e il fermento.

Poi, l’arrivo dell’ultimissimo giorno: il primissimo momento in cui ho realizzato che stava succedendo davvero è stato non appena sono entrata in macchina, dopo aver salutato i colleghi. Sono scoppiata a piangere e ridevo, contemporaneamente, dicendomi: “L’ho fatto, l’ho fatto davvero”.

Da lì, è seguito uno stranissimo stato di…neutralità. Non saprei come chiamarlo diversamente.

Quando mi ritrovo in situazioni nuove e potenzialmente spaventose, il mio inconscio fa un giochetto tanto utile quanto pericoloso: si spegne.
Tendente all’apatico, faccio le cose che devo fare ma osservo la vita che scorre come se fossi una spettatrice e nulla più, con qualche sprazzo di lucidità qua e là, in cui la realtà e le emozioni che avevo lasciato fuori mi investono tutte insieme, lasciandomi sopraffatta e nel panico più totale.

Insicurezza, perché non vai a farti un giro?

In questo specifico caso, stavo cercando di lasciar fuori tutti i dubbi e le insicurezze: e se non riesco a ingranare con la nuova attività? E se non sono capace di auto-gestirmi? E se non riesco a raggiungere gli obiettivi che mi sono prefissata?
Quanto volte ho procrastinato, quante volte ho cominciato un percorso e l’ho lasciato a metà?

Perché questa volta dovrebbe essere diverso?

Per me è molto difficile intraprendere nuovi progetti, perché difficilmente li porto a termine. Mi annoio facilmente, velocemente e parto quasi sempre dal presupposto che non riuscirò a combinare nulla di serio.

Non mi sono mai perdonata di aver abbandonato due facoltà, di non essermi diplomata in conservatorio, e ci penso sempre cento volte prima di lanciarmi in qualcosa di nuovo.

Beh, questa volta è molto diverso: negli ultimi due anni ho portato avanti questo progetto con la stessa determinazione con cui ho cantato lirica per quasi 13 anni, l’unica passione che ho coltivato con costanza. Con testardaggine, entusiasmo e fame.

Fame di sapere, fame di capire, di fare di più e meglio.

Diventare una freelance non è un progetto come tanti altri, perché mi ha già insegnato tanto: che non serve per forza una laurea, per realizzarsi professionalmente; che se proprio ci tengo a laurearmi, che sia qualcosa che mi piace davvero e non che “mi assicura un posto di lavoro”; che non devo avere fretta di raggiungere la vetta, ma che devo concentrarmi sul prossimo passo davanti a me e godermi il panorama; che i cambiamenti sono inevitabili, se si vuole crescere e diventare persone più funzionali.

Sono molto fiera della persona che sto diventando e che sto coltivando giorno per giorno; sono fiera di rimanere fedele ai miei ideali e non tornerei mai indietro, inseguendo una vita insipida, prescritta dalle convenzioni sociali e dalle scelte che qualcun altro ha fatto per me.

Sono orgogliosa del coraggio che ho tirato fuori nell’affrontare questi cambiamenti radicali. Ho scoperto che i cambiamenti non solo non mi fanno paura, ma mi piacciono pure!

Non so quale sia il modo migliore per affrontarli, né di quale sia la formula magica per attuarli. Quello che però mi sento di dire è che ognuno li vive in modo diverso e che non dobbiamo ricalcare il percorso che fanno gli altri, ma crearne uno nuovo che parla di noi e della nostra esperienza di vita, che non potrà mai essere identica a quella di qualcun altro.

Che confrontarsi va bene per formarsi un’opinione, ma non per segnare dei punteggi.

Perché sì, la vita è una competizione. Ma non c’è un solo vincitore.

E tu, come li affronti i cambiamenti? Cosa faresti al posto mio?
Scrivimelo con un commento qui sotto, sono curiosa come una scimmia!

P.S. La foto che vedi è quella del mio piccolo angolo/studio ❤️

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